lunedì 18 gennaio 2021

Wonder Fact

Popolo nerd ditemi quanto pesano le vostre palle. No, non fatevi strane idee, mi riferisco ai quei piccoli macigni, del tutto simili alle zavorre dei condannati ai lavori forzati, che vi saranno cresciuti come funghi, se avete seguito la straziante odissea del film Justice League di Zack Snyder. Bene, oggi scopriamo che non è l'unica produzione supereroica dell'ultima dirigenza Warner ad esser stata un pochino travagliata. Avevamo già capito che anche il bellissimo Batman V Superman e soprattutto Suicide Squad di David Ayer avevano avuto pesanti pressioni per imboccare una via molto diversa da quella voluta dai registi, ma ora, anche per Wonder Woman, Patty Jenkins si è tolta qualche sassolino dall' obiettivo. Dichiarazioni sorprendenti, più per l'elegante e professionale silenzio finora dimostrato dalla regista di Monster, che per l'incredulità dei fatti. Ciò che è rimbalzato su ogni possibile fonte di notizie è che nel coraggioso finale di Wonder Woman non doveva esserci alcuna battaglia tra l'amazzone e il villain di turno. Un classico elemento narrativo praticamente obbligato per i supereroi, al cinema come nei fumetti, sostanzialmente aggiunto in extremis per sola volontà dello studio. 


Per carità, inutile fare i polemici, qualunque film, anzi qualsiasi opera d'arte e non, è tanto del regista quanto dei produttori (per non parlare delle maestranze o dei curatori degli FX) e figlio di svariati compromessi, perciò, per quanto mi riguarda è tutto ben poco scandaloso. Casomai, sulle modalità e sul rapporto che ultimamente gli Studi Warner paiono avere coi loro collaboratori e dipendenti si potrebbe aver da discutere o sul loro fallimentare utilizzo dei grandi personaggi DC Comics, ma, come si suol dire, è tutta un'altra storia. In queste rivelazioni e ancor più nella loro riproposta, sembra che il plot dello scontro finale tra protagonista ed antagonista sia uno sciocco appannaggio DC ed in particolare delle ultime trasposizioni cinematografiche dei suoi supereroi. Non solo: il linguaggio usato insinua che l'idea è una consuetudine banale e noiosa da cui la DC non vuole minimamente affrancarsi. Se una mente disattenta e poco avvezza al mondo dei comics ( o a quello delle fake news, l'impostazione dell'annuncio è identica) apprenderà notizie comunicate in questi termini ciò che ricorderà sarà, in questo caso, che la DC non sa fare i cinecomics, che li fa male, che non ha dei buoni personaggi e così via… 


Un qualcosa che, al di là dei propri gusti cine-fumettofili, non è obiettivamente una realtà. È ridicolo. Lo schema del buono che alla fine della storia si ritrova in un faccia a faccia col cattivo, risolto con sonore botte da orbi, è fondante nei supereroi ed è presente nella maggioranza dei racconti di finzione, perlomeno dal mito greco ad oggi, se non prima. A livello filmico, poi, solo nei tanto amati lungometraggi Marvel dell'Universo Cinematografico è praticamente un appuntamento fisso. Guardando ad altri generi non vi è un blockbuster che se ne scampi, con qualche rarissima eccezione. In fondo neanche il cinema d’autore. Tralasciamo il mondo dei videogiochi di cui è l'anima e il cuore dei loro schemi, livelli e mostri finali. Questo perché è una formula consolidata direttamente nei nostri geni, nel nostro adattamento culturale e funziona alla grande con quel suo straordinario effetto catartico, da non poterci rinunciare ancora oggi, ancor più per qualcosa creato per il grande pubblico. Insomma, far passare come una pallosa prassi DC qualcosa che è invece il fulcro della letteratura della nostra specie, non è il massimo della deontologia giornalistica. Qualsiasi notizia contribuisce a formare il pensiero della pubblica opinione e, se consegnata con tale faciloneria, passo dopo passo, costruisce un'irrealtà creata a tavolino che sostituisce completamente ciò che realmente è. 


Se Superman e Batman rimarranno ai margini della storia dell'editoria (piuttosto improbabile, non sono Occhio di Falco, ma giochiamo di assurdo) possiamo benissimo lanciare un liberatorio e fragoroso chissenefrega. Esattamente come qualunque fumetto, sono delle grandi prove dell'ingegno umano che speriamo di conservare nei secoli, ma messi alle strette, in fondo, ci rendiamo conto che un giornalino non è proprio tra le cose più strettamente essenziali della vita. Ci sono però altri ambiti assai importanti in cui questa specifica modalità crea gravi conseguenze, come la politica e la scienza, per dirne due a me care. La disinformazione è alla base di qualunque stortura sociale. Le carenze culturali possono sembrare scollegate da quelle del vivere quotidiano, ma è proprio dall'assenza delle giuste nozioni, che prendono vita inquietanti forme di relazione sociale, come, per fare un esempio vicino, l'assalto estremamente violento al parlamento statunitense a Washington da parte di un insieme organizzato di sostenitori di Trump. 


Certo, le cose non accadono dall'oggi al domani, è un procedimento lento e costante, come un'epidemia che si propaga piano, piano tra le pieghe della comunità. Il linguaggio in tutte le sue forme, scritto, visivo o uditivo, pure, è una delle fondamenta della mente umana. Un codice di programmazione assorbito dalla nostra materia cerebrale attraverso le esperienze dei cinque sensi, che genera o consolida gli schemi mentali alla base delle dinamiche di ragionamento, indipendentemente dal loro oggetto. Una combinazione di varie forme comunicative la cui alta qualità, non diversamente dal cibo, è decisamente indispensabile per avere una capacità di comprensione adeguata alla realtà in cui viviamo. Sempre più sono oggi le persone, anche giovani, con grandi difficoltà non di lettura, ma di codificazione dei messaggi che essa veicola. I livelli di lettura diventano così unici, scompaiano, schiacciandosi uno sotto l'altro e quel che soccombe è sempre la complessità, lasciandoci la scontata apparenza. Perdiamo la diversità di linguaggio per un'omologazione sempre più ottusa e meno adattabile. Certi articoli, perciò, certe notizie televisive, radiofoniche, come questo Wonder Fact, non aiutano a migliorare un affresco piuttosto triste, anzi.


 La programmazione che contengono è così nociva che, al contrario, sono una delle cause di questa disfunzione sociale. Tornando un attimo nel nostro piccolo mondo fumettoso, spieghiamo così, almeno in parte, la mutazione in deliranti critici di qualsiasi banale lettore di fumetti, spettatore di cinecomics, videogiocatore e tanto altro ancora. Comprendiamo, per una percentuale, come questi personaggi riescano ad associare un'assurdità dietro l'altra creando pazzesche mistificazioni. Perfetti sconosciuti ignari della propria incapacità, che eleggono a capolavoro qualsiasi cosa che riesca a sfamare i loro desideri più basilari, indipendentemente dal come o dal perché. Il senso critico e obiettivo è disintegrato ed i risultati benché paradossali vengono elogiati, poiché, ahimé, chi ancora lo possiede è un'esigua minoranza. Non potrebbe essere diversamente con lo scarso pane intellettuale che troviamo in giro. Siti, televisioni, giornali, sono sempre più preoccupati di farci cliccare su un titolo che di dirci veramente qualcosa. E non è solo una questione di messaggio Come diceva il Joker nel cavaliere oscuro, ma forse ancora più importante è come si invia questo messaggio.


Amano sempre dire che l'uomo una macchina meravigliosa, ma se l'uomo e la macchina i suoi programmi sono le lettere degli alfabeti, le note, la mimica , le immagini e la loro sequenzialità, gli odori e via dicendo. Questi sono il nostro codice binario e definiscono nel tempo ciò che saremo, è quindi primaria l'attenzione che dovremmo dare anche a cose definite di poca importanza, perché tutto è cultura, pure la leggerezza di uno svago. Non può esserci una società dignitosa senza cultura. Non può esistere cultura senza onestà intellettuale. Perfino nei fumetti e nei cinecomics.



domenica 10 gennaio 2021

Retino, nemico mio

Quando mi avvicinai per la prima volta ai manga mi colpì subito lo strano bianco e nero che la maggior parte aveva.

Pagine tratte da Haikyuu! - L'asso del volley
Completamente all'opposto del tradizionale B/N a cui mi ero abituato su Tex e Zagor, si presentava come una sterminata scala di grigi. La quasi totale produzione orientale del fumetto era basata su queste tonalità e raramente venivano usati bianchi e neri netti, o mezzitoni acquerellati, come invece voleva per lo più la scuola euro-sudamericana.

Una vignetta tipo dal Tex di Galep (da Tex 127 - Magia Nera del Maggio '71)
Un insieme di sfumature reso con reticolati intrecciati, talvolta accostati, sovrapposti, talvolta per sostituire uno specifico colore piatto, le restanti per emulare il classico chiaroscuro rinascimentale della matita o del carboncino. L'unico altro momento della mia vita in cui ricordavo di aver visto qualcosa del genere era coi vecchi albi da colorare con la famosa matita magica.


Questi spillati con figure di cartoni animati riempite da tanti puntini ripetuti da colorare con un unico pennarello simpatico allo spirito d'alcool, che, passato sopra, faceva comparire, come per magia, tutti i colori di quei personaggi. Una tartaruga ninja in bianco e nero improvvisamente diventava arancio,verde, viola e così via. Sono cresciuto coltivando la mia passione artistica con tali bellissime pubblicazioni di scrause case editrici, non solo con le TMNT, ma anche personaggi Disney, coi Looney Tunes e tanti altri. Perciò questa associazione memoriale mi ha sempre impedito di poter apprezzare questo particolare metodo di bianco e nero dei manga, manwha e tutti i loro fratelli che col tempo ho capito si chiamasse retinatura, ovvero l'uso dei retini.


Questi retini, vociferati con un alone di mistero, mistici, mitici, leggendari, quasi da bestiario fantastico, tra i corridoi dei corsi di fumetto e ripudiati dalle accademie, sono sostanzialmente dei fogli di decorazioni ripetute, dette modulo o pattern, prefabbricata. Una volta si dovevano materialmente ritagliare secondo la propria necessità per poter poi essere applicati sulla tavola e rendere così l'effetto desiderato. Oggi vengono messi tranquillamente con l' ausilio dei computer e nemmeno sulla tavola originale. Ma l'effetto, per quanto comodo nella sua ampia vasta gamma di sfumato, mi ha sempre dato fastidio alla vista, non sono mai stato educato ad osservare visioni simili in quanto figlio della grande arte del chiaroscuro umanista. Ho sempre preferito un' interpretazione più netta del contrasto ombra luce come quelle che vedevo nei fumetti europei e sudamericani. La magia che si poneva ai miei occhi di un autore di ricreare un'infinità di situazione ed atmosfere con solo due realtà cromatiche (o meglio una, il bianco e l'assenza di tutte, il nero) era entrata completamente nel mio cuore.

Bruno Brindisi all'opera su Dylan Dog
Qualsiasi altra alternativa ancora oggi non riesce a darmi lo stesso sapore di una pennellata o del graffio di un pennino. Aprire la mente e avvicinarmi ai retini orientali, quindi, era sempre qualcosa di parzialmente indigesto. Nel tempo, però, ci si abitua a tutto, pure a Trump (ahimè) e sono riuscito ad apprezzarne il loro utilizzo, non solo su lavori asiatici. Negli ultimi anni, ad esempio, ho visto nella serie di Nathan Never un uso molto forte di retini e moduli, proprio per cercare di rendere certi materiali tipicamente fantascientifici ed avvicinarsi, pur restando nel bianco e nero bonelliano, a quello dei supereroi. 

Un Nathan Never di Roberto De Angelis "apparentemente" a mezzatinta
Anche qui ho sempre apprezzato maggiormente autori come De Angelis che, grazie all'uso sapiente della boccetta di china, riescono a sostituire perfettamente tutti i retini dei suoi colleghi più o meno giovani, comunque eccellenti, come Patrizia Mandanici.

Qui, invece il Natahn retinato della bravissima Patrizia Mandanici
Altri, sempre nel panorama bonelliano, adottano modalità simili scartando il mondo retinato: dal pennello graffiante di Stano al tratteggio di Freghieri su Dylan Dog, al puntinismo di Civitelli della scuderia texana.


Sopra a destra nella fototessera con Dylan ed un demone amico suo scattata da Stano notare le calde sfuamture sulla corna; al suo fianco una tavola di GIovanni Freghieri; qui il suggestivo Tex di Fabio Civitelli  
Vi sono illustri esempi anche extra-bonelli sempre lontani dal Sol Levante come gli storici fumetti neri e tascabili di cui Diabolik è il capostipite o altri più moderni e influenzati dai mangaka come il tratto di Luca Enoch.

In Enoch l'influenza del retino condizione molto anche la colorazione figlia anche di marker e pantoni
Dylan stesso in Casca il mondo, numero 393, ci stupisce con un completo molto diverso dal solito. 


Bruno Brindisi confeziona per l'Indagatore dell'incubo un gessato molto originale con un retino che sostituisce ampiamente senza neanche il minimo rimpianto la famosa mezzatinta. Solitamente con mezzatinta o mezzitoni si intende un bianco nero accompagnato da uno o più grigi prodotti da un inchiostro diluito, un acquerello od una matita. L'artista sceglie qui invece un pattern poco (se non mai) usato nel mondo del fumetto ed è una scelta vincente.


Il retino usato da Brindisi costituito da rigide e fitte rette diagonali parallele tra loro è adoperato a stratificazioni, via, via nella misura in cui si necessita di ottenere più o meno profondità d'ombra o di sfumato, esattamente come nel chiaroscuro semplice di una matita di classe B.

Un effetto particolarmente idoneo e malinconicamente stupefacente. In una storia di Barbara Baraldi dove la solitudine, la tristezza, la disperazione, la claustrofobia e l'angoscia la fanno da padroni risulta la chiave di volta per la poetica magica del racconto. Il reticolato ci dona strane e disincantate sensazioni, come la dura fotocronaca di un quotidiano.
 
Il bello, poi, è che le tavole originali non contengono affatto questo retino proprio perché, come possiamo vedere sui siti di vendita specializzata, vi è un colore blu molto simile a quelli delle matite per l'animazione per non far vedere in stampa le strutture di costruzione dei personaggi, usate anche, appunto, nel fumetto, spesso in America.



Si deduce, in assenza di altre informazioni o di una chiacchierata con Brindisi, che il retino sia stato apposto a posteriori, in modo computerizzato, probabilmente. Credo comunque che non sia molto importante quanto notare che ciò che in realtà è sulla tavola non è esattamente ciò che è veramente la tavola ultimata: una fusione intelligente del vecchio artigianato fumettistico e l'innovazione tecnologica.


Un qualcosa che dovremmo sempre avere in mente è che non tutto quel che è nuovo è migliore, né tutto quel che è vecchio è da buttare o viceversa, naturalmente. Oggi viviamo in un mondo in cui molto spesso viene estremamente glorificato quel che è vecchio, "le cose di una volta", perché ci sono molte incertezze sul futuro, ma abbiamo passato anche momenti dove si aveva l'effetto contrario, in modo poco lungimirante. Ciò che invece insegna il lavoro di Brindisi, involontariamente, è l'equilibrio delle conoscenze. Non vi è una superiorità tra progresso e sapere consolidato, ma solo tra una contestualizzato e ponderato equilibrio tra queste. E sì, è molto più difficile, molto più lungo, molto più faticoso, perché studiare, in questo caso i retini da piazzare in pagine e pagine di fumetti su personaggi, oggetti, mezzi e sfondi, è molto più lungo di un basilare bianco e nero scevro da uno studio di sfumature, ma è un investimento a lungo termine che ripaga ampiamente dei sacrifici iniziali. 


Una verità incontrovertibile, che magari gli inossidabili del classico fumetto artigianale su carta non amano sentire (ed io sono tra quelli), ma il retino è uno strumento come un altro, come un pennello o addirittura una tavoletta grafica o un computer, né più, né meno.











sabato 2 gennaio 2021

Fan -atic- boys !

Non c'è che dire, il peggior nemico di ogni eroe è il suo fanclub. Specie se è un eroe di fantasia. Oggi non si può far fare il minimo passo a nessun personaggio (astratto) che una pletora di sedicenti fan si elevano a giudice, giuria e boia condannandolo, dalla pressione della pedata alla direzione del piede, se non rispecchia le loro personalissime tavole della legge. L'avvento di Internet e la sua diffusione, come per ogni invenzione, ha avuto luci e tra le proprie ombre, l' effetto collaterale di dar fin troppa visibilità ad opinioni ben poco dignitose per l'intelletto umano. Tra queste, un angolo particolare se lo sono ritagliato le sempre più spesso acide critiche degli appassionati del fumetto (ma anche del cinema, dei videogiochi, dei libri, persino dei programmi televisivi), versate in una spirale di immancabile, incontenibile e costante denigrazione. Come se sbeffeggiare il nuovo tassello di una saga fosse ben più importante che godere della sua esistenza. Una volta, pare, che si fremesse all'idea di poter vivere un' avventura mozzafiato con le strisce di Tex, assieme a Batman sugli Albi del Falco od attraverso i Peplum di Sansone. Ora, forse, è più eccitante demolire, pezzo per pezzo il duro lavoro di cineasti, sceneggiatori, disegnatori, scrittori, etc.. Il fanboy contemporaneo non vede l'ora di impersonare un Deadpool di seconda categoria, con un sense of humor assai dubbio e spesso di matrice sesso-razzista.


Autodefinito nerd senza alcun barlume d'informatica, anzi sovente agli antipodi di ogni sorta di scienza, pare che il suo ruolo non sia il divertirsi e l'apprendere con incredibili esperienze virtuali impossibili da replicare nella realtà, ma distruggere ogni stralcio di fantasia proprio perché vive una squallida routine da cui non può fuggire. Una sorta di perversa rivalsa per una frustrazione esistenziale, frutto, il più delle volte, più di una valutazione erronea, che di concreti dati di fatto. Invece di rifugiarsi a Fantásia per fuggire dai problemi quotidiani e trovare nuova propulsione per andare avanti, cambiare, adattarsi e migliorare, ci si allea con Gmork e il Nulla nascosti da un malriposto senso di maturità. Dietro ad una tastiera o forte dei propri simili, questo nuovo ramo del fan, credo si senta qualcuno solo nell' istante in cui può sedersi dietro alla cattedra immaginaria del grande esperto di questa o quella figura immaginaria, dimenticandosi però di non avere le qualifiche necessarie per il ruolo. È una libertà di parola travalicata, una prepotenza di opinione. La sua idea è sorretta dalla falsa credenza che abbia valore solo in quanto tale, indipendentemente dalle fondamenta su cui è costruita. Vorrei tanto svegliare il bel fanboy addormentato, rivelandogli che non sempre 1 vale 1 o meglio, che un ragionamento basato su un po' più di conoscenze rispetto alle sua non è da equiparare al proprio, ma andrebbe ascoltato con umiltà. Impossibile! 


Questa parte da FANatico è un muro consolatorio, uno scudo comodo, è una placenta di menzogne impenetrabile, una scusa per non crescere e gettare sugli altri tutti i propri fallimenti. Si sa, non c’è peggior sordo di chi non vuole sentire e certamente non c’è peggior lettore di chi, in ciò che legge, vede, per inconscia volontà o analfabetismo di ritorno, solo ciò che vuole. E non c’è spiegazione, delucidazione, informazione, rispettosa, educata, razionale, che tenga. Le capisco le paure, le insicurezze e soprattutto la fatica che porta e sedimentarsi in un bozzolo simile, ma inaccettabile è un prezzo pagato dai diritti degli altri. Un’impostazione che infine, per quanto la si accolga, non possiamo che definire egoista. 

E non è un legittimo diritto di critica come potremmo essere indotti a pensare, come molti demagoghi odierni hanno ormai inoculato nella mente collettiva (dalla nuova esaltazione dell'uomo qualsiasi del M5S al nuovo fascismo leghista), che vado a lenire, me ne guarderei molto bene. È più il resoconto della mia triste esperienza a contatto con quello che una volta credevo fosse il mio ambiente naturale. Da quando ho tentato di trovare consolazione dalle mille delusioni giovanili a contatto con religione, politica o sport, nell'habitat nerd mi sono imbattuto in una serie di folli castronerie così infinita da non bastarmi tutti i blog di questo mondo. 
Guardate il disagio di un esemplare di Homo Funboysis nel suo habitat naturale

L'ultimo, ad esempio, riguarda lo storico incontro tra i personaggi DC Comics e quelli Sergio Bonelli Editore. È un team-up che realmente passerà alla storia, è un qualcosa di inedito nel panorama fumettistico italiano. Alcuni dei supereroi più famosi di sempre a livello globale divideranno le proprie pagine con il piccolo regno editoriale italiano più caratteristico e longevo: avremo Dylan Dog spalla a spalla con Batman, Zagor fianco a fianco di Flash e la Justice League dovrà vedersela con l'Agenzia Alfa e chissà cos'altro ancora. Ti piace Nathan Never? Ti piace Lanterna Verde? E "smash!" ci facciamo una storia mash-up! Cosa ci può essere di meglio, per un cultore di personaggi diversi che averli tutti in un unico albo? Da amante di questi due editori non ho potuto che trasudare gioia e non pensavo esistesse qualcuno che la vedesse in modo negativo. Cosa poteva mai esserci di nocivo in una storia con Il crociato Incappucciato e l'Indagatore dell'Incubo? Male che vada ne sarebbe uscita un'avventura senza infamia né lode con due dei più grandi character del fumetto mondiale che non condizionava assolutamente le continuity e i mondi di entrambi i personaggi, a cui avremmo assistito con divertimento un binomio più unico che raro e, avremmo vinto tutti: editori, negozianti e lettori.


Scemo io che ancora sono così ingenuo! Essere testimoni di un'operazione commerciale fumettistica piuttosto epocale non è stato reputato sufficiente per qualche voce con un bel po' di coraggio nel voler tarpare le ali all'entusiasmo dei fumettofili insinuando che, se questi crossover non saranno fatti a dovere (che poi, come sopracitato, dovrebbe essere solo il SUO di dovere) si riveleranno un incubo. Perché mai, poi? Su che basi si può essere così sicuri del risultato di un prodotto sfornato da professionisti in questo campo da decenni che ogni mese riempiono il mercato di fumetti tecnicamente corretti?


Ancora la DC, ha presentato un impavido progetto editoriale, Future State, in cui esordiranno versioni più moderne ed etnicamente varie dei suoi più iconici eroi. Una Wonder Woman brasiliana, un Flash non-binario e, tra tanti altri un Batman nero! 


E su quest' ultimo ho dovuto sorbirmi il solito "innocuo" interrogativo che da anni sento a proposito di alcune incarnazioni cinematografiche di vecchie icone a fumetti: ma perché l'hanno fatto nero se era bianco? Certo, se per nero s’ intendesse fascio-nazista potrei anche essere d'accordo, ma ahimè non è così. Nel caso specifico di questo Batman all black si sottolineava com’ era l'ennesima "scurizzazione" , quasi ci fosse qualcosa di male in un eroe di colore. Già ci sono ben poche cose nella vita unilateralmente sbagliate, figuriamoci qual peso può avere un diverso colore di pelle su un crociato avversario del crimine. Sì può ovviamente pensare che cambiamenti simili avvengano in mancanza di idee migliori, è più che lecito, ma m' incuriosisce sempre come le reazioni davanti ad esse abbiano una connotazione tanto superficiale quanto discriminante. Non si dice mai (o raramente) che Batman, per rimanere sul pezzo, è troppo violento o tamarro, non si va al nocciolo dei temi delle storie, ma si addita sempre (o molto spesso) il colore delle pelle, la nazionalità, la religione ed il sesso del protagonista. 


Mi ricordo bene i vezzeggiativi che trovai a proposito dell'allora nuova Miss Marvel adolescente, musulmana di origini pachistane, nata ben quattro anni prima del Dc Future State, dalla coraggiosa iniziativa editoriale Marvel Comics All New All Different basata sull’introduzione di più diversità possibili, da quelle etniche ai cosiddetti orientamenti sessuali, target, sottoculture, etc... Personaggio inutile con un super-potere disgustoso, ecco la cassante descrizione dell’eroina per alcuni leonidi della rete. Curioso notare il preciso aggettivo del termine disgusto riferito ad un potere piuttosto classico per il genere, che non avevo mai sentito accostare a Mr. Fantastic, Plastic Man o Elongated Man, eroi ben più celebri con la stessa capacità e, guarda caso, tutti uomini. Invece su un' incarnazione cartacea di una donna minorenne che riprende la prima identità di una supereroina molto amata dai maschi etero, Carol Danvers, la percezione di un'ottica sessista, introiettata o meno, non porta nessuno scrupolo se non la prevaricante violenza utile per umiliarla. La visione di una donna e, forse ancor più, di una ragazza che ce la fa, testa a testa con Iron Man e Capitan America, che non è né bianca, né cristiana e pur non esistendo ha un successo non indifferente, è veramente intollerabile per questo tipo di lettori. Poco importa se la Signorina Meraviglia Kamal Khan (non Harris, eh!) è la naturale conseguenza dell' adolescente emancipato Uomo Ragno. 


Ancora una volta ci troviamo davanti ai pregiudizi di chi non accetta che il mondo avanzi e che i protagonisti a fumetti come loro li hanno conosciuti possano mutare, per sopravvivenza, adattandosi ai tempi o per volere di un autore che vuole legittimamente lanciare un messaggio, lasciandolo inevitabilmente indietro. Un sentimento umano, ma siamo franchi, il mondo non ti lascia alle sue spalle senza prima chiedere se vuoi andar con lui e, per quanto difficile, perché lo è e molto, la scelta è sempre nostra e sotto questa luce il pretenzioso atteggiamento del fumettaro di quartiere è esopico. È il reboot de " la volpe e l'uva", il remake del gatto persiano che dice la carne ha un cattivo odore perché non può mangiarla! Una storia tristemente vecchia quanto il brodo primordiale da cui siamo scaturiti e non c'è verso di fermarla. 


Siamo in bilico su una bilancia che pende pericolosamente verso la critica radicale, tralasciando il vero fulcro dell’arte per cavi virtuosismi. Abbiamo superato da tempo lo status di appassionato che si beve tutto, ma siamo ormai incagliati in un Titanic di saccenza ammazza poesia. Sarebbe auspicabile trovare l’equilibrio tra mente e cuore (anche se direi più tra buon senso e arroganza) essenziale per incamminarci sulla strada della felicità.


L’ entusiasta fanciullo della nostra infanzia non deve perire sotto il peso di infrastrutture culturali incerte e frastagliate, ma deve fondersi con l’esperienza dei grandi in un tao adulto ed egualmente idealista. 

Un consiglio: non arrabbiatevi troppo se il vostro eroe del cuore diverrà un transessuale cubano poliamoroso, più queste cose faranno scalpore più gli editori o le case cinematografiche continueranno nei loro tentativi più o meno maldestri di vendere le loro proprietà intellettuali ad un pubblico sempre più vasto e prima poi, statene certi, prenderanno altre strade.

Ancora un altro: se certi cambiamenti mi fanno diventare una Lanterna Rossa, prima di dar fuoco alla vostra collezione di fumetti chiedetevi prima se non siate voi a dover cambiare e cercare qualcuno che vi possa aiutare a farlo, che pretendere l’innaturale immutabilità del mondo.

Buon anno a tutti, Marvel Zombies e non!