giovedì 29 ottobre 2015

Sergio Bonelli

Lunedì 26 settembre 2011 scompariva Segio Bonelli, una delle più grandi personalità nel mondo del fumetto italiano, se non il più grande. E’ stata una figura tra le maggiori in quel panorama, sia come autore che come editore, avendo coltivato in modo egregio l'eredità di quel Tex paterno che ogni italiano ben conosce e preso le redini di un'impresa che nelle sue mani è divenuta col tempo una fucina instancabile di storie e personaggi a tutto tondo, ben oltre l'iconica stella del ranger. Zagor, lo Spirito con la Scure e Mister No l'avventuriero anti-eroe vagabondo, veri riflessi della sua personalità… E ancora: Martin Mystere il Detective dell'Impossibile, Dylan Dog l'Indagatore dell'incubo, Ken Parker, Nick Raider, l'Agente Alfa Nathan Never, Napoleone, Magico Vento, Gea, Volto Nascosto, Julia l'indagatrice dell'animo e tanti altri, che sulla scia del suo estro hanno potuto riempire l'immaginario di lettori di ogni genere ed età.
I numerosi e sentiti omaggi del cosiddetto “popolo del web” a soli quattro anni dalla sua scomparsa e in particolare il brillante intervento di Davide La Rosa, autore oggi piuttosto popolare grazie a titoli comici come Suore Ninja o Il fagiano crononauta (che mescolano senza ritegno cultura ufficiale con quella laterale dei nerd e fumettofili di ogni grado e sorta) mi hanno ispirato nel fare la mia parte, sebbene in ritardo, sebbene non sia certo il primo.
Non sono solito accodarmi a manifestazioni di massa di questo tipo, perché, anche se non tutti, taluni lo fanno per mera ipocrisia, perché “si deve fare per non sfigurare in un circolo in cui c'importa essere importanti”. A me, invece, non pare rispettoso far diventare moda una giusta e doverosa commemorazione, ma l'evidente segno che ha lasciato Sergio in chiunque abbia mai letto almeno un albo Bonelli è così profondo da indurmi a fare un’eccezione. Io, però, a dispetto di altri appassionati di Tex e soci non ho mai avuto l'opportunità di conoscere Sergio e pensavo di non avere molto da scrivere in merito. Mi sbagliavo. Non ho mai incontrato tale signore in vita, già, ma ogni mese e più quante volte ho potuto ascoltare le sue parole? Quando sagge e piene di esperienza come un amabile nonno, quando sincere e reali come un vivace ragazzino, quando incoraggianti e piene di passione?
Non so chi era il Sergio uomo, ma ricordo molto bene il Sergio editore.
Un vero e proprio signore, raffinato e mai volgare, distante da pedanteria e pretenziosità, elegante ed equilibrato in ogni occasione, ma non per questo lontano dall'animo popolare del pubblico.
Una figura che non si nascondeva dietro troppi giri di parole e preferiva rapportarsi coi propri lettori tramite verità anche amare e, quando necessario, chiedere scusa.
Un vero appassionato di avventura, fumetti e conoscenza: era lui per primo, prima che editore, un genuino e vorace lettore. Un’anima che sapeva interpretare i tempi varando testate man mano sempre più distanti dai suoi gusti più personali, accogliendo nuove ed esterofile ispirazioni senza far mancare il giusto carattere italiano ad ogni nuova serie. Un vero ponte umano tra i vari autori della sua scuderia e la grande massa, tra autoriale e popolare, che promoveva e sottolineava incessantemente l'importanza e la funzionalità del tipico fumetto Bonelli di cui la famosa (e famigerata, per alcuni) “gabbia” è il simbolo più evidente.
Ogni sua introduzione ad inizio albo era un vero e proprio piacere letterale, di forma e contenuto, sempre zeppo di curiosità, storia e cultura, del fumetto e non, che non mancava di riempire con quei privati aneddoti essenziali per l'illusione di un qualcosa di molto intimo e meno freddo.
Un editore da una rigida politica sociale a cui non interessavano affatto i grandi altari delle librerie, alla quali preferiva le piccole e sparse teche delle edicole vicine all'uomo comune e non mero appannaggio di intellettuali e radical chic. Un pensiero, il suo, mai svenduto, che voleva un fumetto chiaro e semplice, per tutti, senza tradursi in niente di superficiale o gretto. Un vero prodotto democratico a cui si poteva avvicinare il grande manager d'azienda come l'operaio appena uscito dalla catena di montaggio, senza alcuna distinzione. Una volontà che ha portato il fumetto alla grande massa e la massa al fumetto, conservando continuamente standard qualitativi tecnici e di contenuto sempre invidiabili. Il fumetto di Sergio non si è mai abbassato ai livelli del popolino se non per una forma comprensibile a chiunque, indipendentemente dalla propria estrazione sociale, rappresentando in alcuni casi un modello di alfabetizzazione considerevole grazie a prodotti che abilmente hanno veicolato vera e propria cultura tramite quell'intrattenimento a basso costo che possiamo ammirare nella gloriosa serie degli Almanacchi (per questo non mi è di facile digestione il superficiale mutamento nei neonati magazine), i vari Texoni o tutte le molteplici iniziative benefiche a cui che la casa editrice ha collaborato nel corso della sua lunga gestione.
Sergio Bonelli era il vero Piero Angelo del fumetto italiano e forse la sua eredità merita di essere compresa e considerata più di quello che si possa pensare. Volente o meno ha indicato a tutti la via del vero fumetto popolare (e forse di quel che anzitutto dovrebbe essere ogni arte in genere), ma soprattutto come dovrebbe essere un signor editore, grazie ad un’umanità mai messa in disparte e sempre in comunione con le obbligate se non sofferte scelte commerciali.
Non ho mai conosciuto Sergio, come ho detto, ma ho conosciuto il suo lavoro e mentirei se non ammettessi l'influenza che ha avuto sul mio sincero amore per il fumetto. Probabilmente, senza il cosiddetto “buonismo Bonelli”, la sua “gabbia”, gli Almanacchi, i Maxi, il nostalgico bianco & nero, le immancabili spalle comiche eredi del buon Cico zagoriano, il lettering manuale ed ogni altra caratteristica tipica della “Fabbrica dei sogni di via Buonarroti, il mondo delle nuvolette parlanti avrebbe un lettore in meno. A costo di diventare smielato e banale non posso far altro che dire grazie a Sergio Bonelli e grazie per il suo lavoro, una, cento, mille e infinite volte.
E mai sarà abbastanza.




giovedì 24 settembre 2015

Fuori porta

Avevo un po' di tempo a mia disposizione, libero dal lavoro e da riunioni famigliari ed ho pensato bene di farmi qualche giratina presso un paio di micro fiere del fumetto qui vicino a me, in terra di Toscana, tanto per distrarmi e scaricare lo stress del solito tran-tran.
Prato Comics + Play e Massa Comics & Games, come si può facilmente intuire, rispettivamente una nel centro di Prato a due passi da Firenze e una nel bel parco della Comasca a Marina di Massa, si presentano per quel che sono: due realtà locali, piccole, ma volenterose di crescere e affiancare dignitosamente le sorelle maggiori sparse in tutto lo stivale. Il saggio, però, ce lo ricorda, tra il dire e il fare c'è di mezzo molto, ma molto mare.



Una volta arrivato alle porte di queste sagre della fantasia, la soddisfazione di aver investito i miei risparmi in un biglietto, per una volta, ad un prezzo veramente misero (cinque euro per prato e soli tre per Massa) è stata letteralmente decapitata dal constatare che oltre i cosplayer, i giochi da tavolo di ruolo e di carte, action figueres, videogiochi, film e anime, statuette e gadget di ogni tipo ciò che più mi premeva era praticamente assente! Il fumetto, che ha aperto la strada a tutto questo mondo di divertentissimi quanto inutili oggetti, fantasticherie per un eterno carnevale, giochi sempre più elaborati e fantasiosi, si è evidentemente perso per strada. Certo , nessuno sano di mente sarebbe andato in pellegrinaggio ad eventi così piccoli sperando di ritrovarsi in un’ altra Lucca Comics solo un po' più economica, ma se sono riusciti a dare uno spazio più che decente ad ogni altra componente di quel che è ormai considerata la comunità nerd (e anche su questa definizione ci sarebbe molto da dire), nasce spontaneo domandarsi come mai in entrambe le occasioni di albi e volumi ne abbia visto a malapena l'ombra. A onor del vero Prato i è dimostrata migliore di Massa, con quasi quattro banchini di fumetti usati o semplicemente vintage e un discreto parco autori che poteva quasi far invidia alle fiere mercato più storiche; ma la sensazione d'insieme che ho avuto non è stata delle migliori. L'appassionato di fumetti medio, sembrerebbe, leggere sempre meno e sempre più concentrarsi nel videoludico e in tutti quei giocattoli e giocattolini che, mi spiace dirlo per i suoi collezionisti, per forza di cose, non potranno mai veicolare la stessa cultura. In più, ho notato che, esistono alcuni individui, piuttosto sconosciuti, che sono così convinti di aver talento da mettersi in bella mostra senza alcuna vergogna, su un banchino definendosi “maestro” e disegnando peggio del sedicente “allievo” al suo fianco; o, in altro caso, vantarsi di “non aver mai studiato in un liceo artistico”. Ora, se nel primo caso, per ovvi motivi logistici, non potete che fidarvi della mia parola (e non fatelo, verificate!) nel secondo vorrei chiedervi quanto secondo voi sia normale ostentare ignoranza, di qualsiasi genere essa sia. La mia educazione non mi permette di considerare il “non aver studiato” come un qualcosa di positivo, nemmeno lontanamente.



Ho cercato di pensare al perché le diete di queste organizzazioni siano così carenti di quel che ho sempre pensato dovesse essere il loro alimento primario e mi son detto che, probabilmente, non è facile trovare “fumettivendoli” disposti a spendere troppo per presenziare in luoghi così minuscoli; o forse che queste piccole realtà non abbiano abbastanza fondi e si devono arrangiare come possono, alla bell'e meglio.
Ma in fondo Prato è riuscita a coordianre tre mostre di alto livello in stile Lucca spalmate in un periodo più esteso rispetto ai suoi due giorni di vita in altrettanti luoghi della città. Invece so per certo che gli organizzatori di Massa, per loro stessa ammissione, hanno selezionato i vari stand (e vi assicuro che erano davvero pochi) per evitare che litigassero fra loro e non scontentare nessuno, trasformando una potenziale fiera in un gruppo sparuto di banchi, sinceramente anche di dubbio gusto.
I veri meriti di questi due eventi sono l'aver chiamato nomi interessanti come i fumettisti Pierz e Marco Santucci (a Prato, per dirne due su tanti) e un grande doppiatore come Andrea Ward (Massa) in una politica generale che punta sempre di più su questi grandi e concentrati momenti rispetto a una sostanza diffusa. Una politica che rispecchia i tempi che corrono in cui la totale contaminazione dei media dell'intrattenimento porta molti benefici economici, ma temo, ben pochi di altro genere. Non sono qui a predicare l'annientamento nazista di tutto quel che non è fumetto, ma certo non mi dispiacerebbe vedere una comunità nerd un po' diversa, che magari insieme a qualche videogioco sfogli anche qualche pagina (di carta, non digitale) in più, perché, sicuramente sbaglierò, ma non vedo molta differenza tra un nugolo sincronizzato di strilloni incollati ad uno schermo d'un videogioco e quattro grezzoni da bar davanti al derby della domenica. D'altra parte il problema ce l'ho io, mica voi: avete ragione, se la maggior parte dei partecipanti a queste fiere ha risposto più che positivamente, allora lasciatemi stare, non voglio appartenere a niente di tutto ciò, non chiamatemi nerd, al massimo fumettaro e continuate pure a divertirvi in questo potpourri denso di mediocrità. Quello che riempie il web di fumettisti che non raccontano nulla se non il loro inconscio e ostentato sessismo; disegnatori dal tratto incerto come quello d'un bambino, ma sicuro nel ritrarre ogni genere di volgarità; illustratori affermati che non trovano nulla di male nel dipingere la donna come una perenne bambola gonfiabile nascondendo (nemmeno troppo bene) i loro desideri da adolescenti repressi dietro la scusa di dover pur campare; di autrice femminili che contribuiscono a perpetrare questa idea di donna pur considerandosi valenti femministe solo perché il guinzaglio è brutto solo se non lo scelgo io; miei e più illustri colleghi senza un minimo accenno di buon senso, per non parlare delle competenze, ma che si fanno forti del loro grande seguito per non mettersi mai in discussione e sostenere tesi palesemente infondate; personaggi che ricercano fama e celebrità tramite video di dubbio contenuto come futuri concorrenti di reality show.

In una frase, come diceva un grande artista del passato, ancora una volta, “il sonno della ragione genera mostri”.


lunedì 24 agosto 2015

Amici d'infanzia

Sin da quando ho memoria sono sempre stato rapidamente catturato dalle storie, le fiabe, i racconti, sotto ogni forma in cui fossero scritti, illustrati o cantati. Le parole mi incantavano e le immagini mi rapivano senza mai smettere di farlo. Prima di esser invaso dalle costruzioni dei rapporti sociali già mi attiravano i frutti della fantasia su due o più dimensioni, i figli del reame fantastico davanti ai quali non potevo rimanere indifferente: lo stupore che mi donavano era immenso e per la mia acerba materia grigia uno stimolo infinito, di cui potevo godere appieno senza le restrizioni di una coscienza dominata da vari preconcetti. I mostri mitologici e gli animali parlanti mi seducevano come poco altro, le riproduzioni della realtà in forme e colori tanto piatte quanto vive mi sorprendevano, i draghi e i mutanti, i robot e i cyborg, i morti che ritornavano e i baccelli dal sesto pianeta erano già entrati a far parte di me in una frenetica ricerca dei sensi verso quel che più era astratto, irreale e diverso. Elementi così estranei al mondo,non certo meno bello o emozionante, che avevo imparato a conoscere mi attraevano a tal punto da non poterne fare a meno. E come avrei potuto resistere? Una palestra intellettuale così efficiente e variegata dove mai avrei potuto ritrovarla? Pensare, assistere, conoscere quegli esseri animati su uno schermo alle quattro del pomeriggio, le peripezie dei tanti personaggi che affollavano riviste e giornali sparsi per casa, o ascoltare le ben più reali e drammatiche avventure dei miei nonni al crepuscolo di una giornata afosa e sopratutto ripensare, sognare e inventare altrettanti mondi e creature dopo ogni esperienza fu una ginnastica unica e irripetibile per ogni mio neurone. Il famigerato sense of wonder (senso di meraviglia/stupore) che gli anglofoni solitamente apostrofano riferendosi alle storie dei loro supereroi, fu l'esca per il mio giovine intelletto, ma fu solo grazie ai contenuti nascosti tra un'esplosione e un raggio laser che non mi stancai facilmente di quel mondo così lontano nelle forme, quanto vicino nelle sue viscere.

Passo dopo passo crescevo circondato da molti libri e tanti Topolino, le parodie Disney alla Domenica (dopo un'abbondante colazione e una doverosa funzione religiosa), i telefilm di Zorro, i giochi di Solletico, i cartoni dopo pranzo e nell'arco di tutta al giornata e molto altro di questo genere che divennero ben presto un'amabile routine.


Quando incontrai Zagor mi conquistò non solo per le esotiche e fantasiose avventure, ma sopratutto per i suoi incrollabili ideali. Ci sono storie che si possono apprezzare per la loro originalità, per la dinamica dello svolgimento o per l'innovazione, se presente, indipendentemente dalle politiche e filosofie espresse dai loro personaggi, ma raramente una vicenda ti si lega al cuore con lacci di sangue e muscoli, filamenti di nervi e pelle, stretta come un' edera rampicante, se non ci s'immedesima almeno un pochino in uno o più dei suoi protagonisti. Uno dei modi più facili ed immediati per farlo è sicuramente ritrovare tra queste pedine una morale o un' etica (o l' assenza di queste ) che ci ricordi la nostra. Non mi stupisco, quindi, che dopo molto tempo, il bonelliano Spirito con la Scure ancora rimanga saldo nel mio personale olimpo degli eroi e so perché, quando mi ci avvicinai, quella mattina di festa, incuriosito da quella copertina in cui era intento ad affrontare un fantasioso uomo uccello pellerossa che gli si scagliava contro in picchiata, come la più feroce delle aquile, ne fui così colpito.
Sapevo poco e nulla di quel guerriero dalla casacca rossa, ma in un riquadro poco più grande di una consueta fotografia di allora si potevano percepire tutte le caratteristiche del suo mito: l'estremo miscelare dei più svariati generi in nome di una passione per la fantasia nel senso più ampio del termine, l'unico ingrediente che rende ogni avventura degna di esser letta, assieme ad un incrollabile spettro di principi che mai si vendono per nessuna ragione. Il coraggio ed un onestà ragionevole ed indubbia al servizio di un sistema solo apparentemente eluso erano lì, sotto gli occhi di tutti, rappresentati da quel simbolo che ricordava le moderne mitologie delle strips americane con i loro Phantom, Tarzan e Batman.
Se ora impazzisco dietro calzamaglie e mantelli è colpa di un grande imprenditore italiano spinto da certe suggestioni d'oltreoceano a creare il nostro “supereroe” più longevo (ma non unico, badate bene!), nel tentativo di regalare ai giovani dei sessanta un amico un po' più fresco del solito Tex.
La scintilla scoccata con la versione edulcorata degli anni ottanta di quattro letali tartarughe antropomorfe maestre nell'arte dei ninja, più originali e stravaganti (ma anche molto meno raffinate, a guardare l'opera originaria) del solito giustiziere, è stata ampiamente ravvivata e mantenuta grazie a letture nostrane, esplodendo in un vero e proprio incendio di sensazioni che mai, per fortuna, ha dato riposo alla mia mente.
Il viaggio, iniziato con buona grazia del caso, non è stato affatto lineare, anzi, è mutato come i venti con cui si scontrano spesso i veri uomini di mare. La bussola è cambiata ad ogni “porto” della mia esistenza e se, al momento di salpare, salutavo dal ponte dei simpatici mostri verdi con un intelletto pari a Leonardo Da Vinci seduti in banchina, ora, nonostante la fine spero sia ancora molto distante, scorgo all'orizzonte un profilo sempre più gustoso di una terra che non conosco ma chiaramente ben diversa dai luoghi fino ad ora visitati.

Ho camminato per le strade di un' oscura città sorvegliata da un altrettanto oscuro cavaliere e nella sua lucente gemella protetta da un benevolo uomo volante.
Ho incontrato un ragazzo ragno appollaiato in un vicolo del Queens e stretto la mano ad una bandiera vivente che si ergeva a difesa di un sogno mai cominciato.
Ho riso di gusto con un azzurro lupo di campagna ed un incompetente pera malandrina di città.
Ho cavalcato per una frontiera americana rude e dura, inasprita dai suoi esoterici segreti e indagato l'incubo con un impossibile detective nei dintorni di un villaggio di pazzi Galli e tanto altro ancora, a dir poco incredibile.
Esperienze tra le più più disparate, le tappe di questa mia traversata, in apparenza immiscibili se non opposte, invero unite dal collante più forte che ci possa essere: quel forte senso di appartenenza che si può provare solo dinanzi a un nostro simile, quella compassione, tipico seme dell'amicizia, che sorge immediata davanti alla rappresentazione di quel che è in sintonia con le nostre sensibilità.
Come avrebbe mai potuto conquistarmi quel vecchio albo di Zagor se non avesse contenuto almeno una parte di quell'educazione con cui ero stato cresciuto? Come, mi chiedo, altri personaggi avrebbero attirato la mia attenzione così tanto se non esprimesservessero espresso, volenti o nolenti, i miei stessi principi? La risposta credo sia elementare. Per questo quando faccio la conoscenza di qualcuno che ammette di preferire un Joker ad un Batman, sebbene non sia certo un reato, mi viene da pormi almeno qualche domanda, nessuna delle quali carina o rassicurante. I cattivi sono belli, si sa, specie alcuni rispetto ad altri e servono, sin dall'alba dei racconti a far risaltare la figura dell'eroe, ma per quanto quanto possano affascinare non ci dovrebbe esser alcuna ragione per stimarli più dei protagonisti.
Invece ci sono sempre più persone, o così pare, che preferiscono personaggi scorretti e violenti, se non totalmente votati al male, anche quando pescano tra le schiere dei cosiddetti eroi.
In adolescenza, non nascondo di aver avuto una grande infatuazione per il Joker, storica nemesi di Batman, ma, maturando, la mia preferenza verso il pipistrello di Gotham si è decisamente consolidata, tanto per fare un esempio.
Non c'è niente di nuovo sotto il sole, probabilmente, se non una storia vecchia come il mondo, ma vi chiederei di fare un gioco, se ne avete voglia : scrivete su un foglietto i vostri personaggi preferiti e di fianco il perché lo sono, poi, nel rigo sotto, il loro modus operandi, chiamiamolo così, e di fianco, nuovamente quel che pensate di queste azioni e confrontatele infine con le motivazioni della vostra preferenza.
Prendetela come una piccola seduta psicanalitica fai da te, semplice, economica e diretta.
Chissà che non abbiate qualche, amara, sorpresa.

mercoledì 24 giugno 2015

La Terra del Domani

Avete trovato un oggetto sconosciuto tra la vostra biancheria? Una specie di bottone di cui non ricordavate l'esistenza è apparso sulla vostra scrivania? Un piccolo pezzo di metallo tra i vostri ultimi spiccioli? Un cerchietto rosso e blu dalla strana apparenza vintage? Vi siete ritrovati senza come né quando a roteare un mistero sottoforma di spilletta come un novello Due Facce?

Se non è successo niente di tutto questo smettete di leggere e catapultatevi subito a rovistare tra i vostri panni sporchi, potreste avere qualche sorpresa e non voglio esser certo io a rovinarvela.

Al contrario, starete già stringendo tra le mani una T bluastra e un po' rovinata e sporca senza esser per forza un aiutante adolescente di vistosi combattenti del crimine e comprenderete facilmente il mio pensiero.

Per anni ho cercato di dare una definizione a quel che pensavo potesse esser l'unica filosofia vincente, l'unica politica, scelta o rivoluzione possibile. Disgustato da molte cose, mi ero illuso di altrettante, non così diverse. Ho sprecato fin troppe energie a servizio di cause ingenuamente sopravvalutate, ma in cambio qualche piccola verità l'ho scovata. La fantasia e il sogno sono veramente qualcosa di speciale. Se credessi in un dio oserei dire che siano il lato divino dell'uomo, la prova che deriviamo da qualcosa di superiore.

Immaginate lo stupore, quindi, nel vedermi sparate in faccia tutte le risposte che abbia mai cercato compresse in una: l'imbarazzo per la mia stupidità fu imminente, mi ero perso in sofisticati labirinti quando era sempre stata là, a portata di mano, semplice e chiara davanti ai miei occhi. Non mi sarei mai aspettato d'incontrarla nel buio di una sala distrattamente sprofondato in una delle tante poltroncine anonime assegnate al mio fondo schiena.

Avrei dovuto saperlo, si trova ciò che si cerca non appena si abbandona ogni speranza.

-"Tutto è possibile. Se camminassi e vedessi un ragazzo con un jetpack volare sopra di me penserei che tutto è possibile, ne sarei ispirato. Questo non renderebbe il mondo migliore?-"

Eccola qui la morale delle morali, l'idea unica dietro ad ogni storia, la lezione definitiva di Disney, ma non solo, di Apuleio, di Dante, di Orwell, di Omero, di Virgilio, di Collodi e chi più ne ha più ne metta. Il messaggio primario di chiunque si sia mai accinto a raccontare o anche solo comunicare azioni, eventi, concetti e sensazioni. L'eredità ultima del padre di Topolino, nonché lo slogan subliminale insito in ogni creazione del suo impero:

“Quel che ispira, meraviglia fa sognare, induce curiosità e voglia di conoscenza migliora noi e tutto quel che abbiamo intorno. Più di un mantra, un comandamento o una fede, un attento dato scientifico.”

Una verità che, nel mondo di oggi, potrebbe apparire alquanto scomoda. In una società ormai disincantata da eroi decostruiti, cinica come i suoi personaggi di successo e fin troppo accomodata da una tecnologia invadente, questo pensiero potrebbe non diventare molto popolare. Eppure le persone dimostrano di voler fantasticare continuamente investendo molti dei loro risparmi in fumetti, film e videogiochi; ma se oggi certe  sfumature, oscure, vendono più di altre è proprio per questa volontà di un pubblico nello sfruttare la fantasia per fuggire dalla propria prigione di problemi quotidiani e non di usarla per affrontarli con risoluzione.
Ecco perché durante la mia visita alla Terra del Domani del sindaco Bird ho sentito questa immensa città come un qualcosa di estremamente coraggioso.

Un’ enorme equazione vivente a cui si arriva mano nella mano con la sua ambasciatrice bambina, Athena, incaricata di scortarci in questo prezioso tour turistico. E non potrebbe essere diversamente. Il nome non è scelto a caso: Athena, come la dea greca delle sapienza e dell'astuzia (tra le altre cose), spesso accorsa in aiuto ai giovani eroi della mitologia ellenica. Il domani è il futuro, il futuro sono le idee di oggi e queste cosa sono se non speranze? Speranze per un domani migliore e il nostro domani non sono, da sempre, i bambini, i giovani? Quelle creature dall'innato portamento a sperare unito ad una spaventosa razionalità, paradossi senzienti, che necessitano imprescindibilmente dell'educazione dell'adulto per far fruttare il loro ottimo fiuto. La prima legge che ho conosciuto in questa società si fonda sul binomio indissolubile tra due delle età dell'uomo : ogni cittadino bambino è tenuto ad esser il simbionte di un cittadino adulto, nutrito ed allevato nei migliore dei modi e l'uno non si può separare mai dall'altro.

Al contrario, non si potrà costruire nessuna Tomorrowland, nessun domani.



Tra i principi costituenti, poi, non si lascia spazio a nessun tipo di fanatismo. Nerd incontrollabili, fan sfegatati, patiti fondamentalisti di ogni fenomeno di costume mai esistito non sono certo ben voluti.
Inaccettabili agenti segreti del cinismo che mascherano con una sedicente competenza di critica, bramando solo il potere dei loro eroi e non il loro esempio. Avidi Paperon de’ Paperoni che accatastano idoli ed amuleti fuori moda nella vana speranza di ottenere ciò che non potranno mai avere, attraverso feticci e logiche primitive. Infanti troppo cresciuti che ostentano in ogni occasione la loro cieca fedeltà alla causa, illusi che questo li identifichi come i soli custodi di una risorsa comune, novelli sacerdoti di una religione da un paradiso mai promesso a cui tentano di avvicinarsi comprandolo, gadget dopo gadget. Sono considerati tra i nemici più pericolosi della città-stato, perché subdoli ed ingannatori, apparentemente innocui nelle loro vesti di entusiasti sostenitori di un sogno o d'un altro, ma sono poi i virus che lo abbattono.

Lupi inconsapevoli travestiti da ottenebrati agnelli, portatori sani di una pandemia per cui non v'è cura, untori incoscienti di una peste culturale.

Quando il giovane e l'infante si perdono nell'uomo e nella donna che saranno lungo la strada verso Tomorrowland, per la crescita verso una vera maturazione non solo fisica, ecco cosa rimane: stalker, padroni e violenti compagni di un amante che rivestono continuamente di lividi e cicatrici in nome di un amore tale solo di nome.

Athena, accompagnandomi per i grandi viali del futuro me lo ha spiegato bene.
Il vero atto di sognare non sta nella sola immaginazione, ma nella volontà perpetua di realizzarla.
La volontà, che piaccia o meno, si può nutrire soltanto con spinte propositive, di speranza, positività e determinazione. Potrà apparire poco realistico o inattuale a degli ordinari terrestri come noi, ma tutto quel che è figlio del pessimismo non porta che a un binario morto. Per i geniali cittadini di questa metropoli non c'è differenza tra uno scienziato o un artista, tra chi ha più o meno melanina, tra cristiani o musulmani, ma esiste un unico comune denominatore: la ricerca.

Non ci si può arrendere, smettere di cercare, nonostante (o soprattutto) si sia gli unici a farlo, o per quanto la situazione appaia irreparabile. L'atto stessa della ricerca ci farà crescere, maturare e trovare un tesoro, forse non il nostro tesoro, ma sicuramente un discreto patrimonio. Abbandonando ogni ottimismo si rischia inevitabilmente di precluderci a nuove e possibili idee, di contribuire al contagio del fanatismo e a condannare all'oblio, senza ombra di dubbio, intere culture.



Per questo arrendersi è severamente punito dalle loro leggi, è forse il crimine più grave.

Alla fondazione di questa Roma del sapere c’è stato un chiaro intento di allontanarsi dalle molte restrizioni, nonché distrazioni che la nostra società, con politiche corrotte e umanamente imperfette, pone al massimo sviluppo delle arti e delle scienze. Oggi, chi migra qua è spinto soprattutto dal volersi lasciare alla spalle l'indifferenza e il vuoto di molti individui dei nostri tempi, che sempre più somigliano agli zombi dei film horror. Lanterne Grigie, più che nere, il cui contributo al futuro del pianeta è prossimo allo zero e la cui sola esistenza può provocare rabbia e disgusto tra i cittadini del domani, riuscendo a distruggere, a distanza di intere dimensioni, anche un’ utopia ben congegnata come questa.

Ora molte cose sono cambiate e tutto non potrebbe andar meglio, ma questa landa porta ancora addosso i segni di ciò che molte storie ci insegnano: le insidie maggiori si annidano proprio nel cuore del paradiso. Ancora una volta Athena mi ha mostrato quanto gli sia costato dare ascolto a chi si affidava fin troppo ciecamente al futuro, o meglio, ad un futuro, senza un minimo accenno di speranza. A chi cioè ascoltava solo la logica ed aveva perso la capacità di sognare. A chi beneficiando dei frutti delle idee altrui aveva abbandonato ogni volontà. A chi, sdegnato dal mondo circostante aveva esaltato il difetto più grande di quest’utopia: l'isolamento dalla società. Probabilmente il loro errore più grave, quello della superbia e dell'arroganza, li ha spinti in un’ autarchia rovinosa salvandoli tanto dai crack finanziari mondiali, quanto dal rinnovamento di quelle risorse fondamentali a qualunque paese per evolvere, prosperare. Lontano dai difetti quanto dai pregi e perdendo di vista l'equilibrio delle cose. Preoccupandosi solo del loro nuovo mondo artificiale senza affrontare la realtà quotidiana dei comuni terrestri fatta di politica, guerre, crisi.

Chiudersi in un élite esclusiva convinta di una propria superiorità sulla base di parametri auto definiti ha trasformato il futuro in un fossile presente. Il domani non è mai arrivato sulla terra perché non è mai stato condiviso, ma nascosto, celato per il solo timore egoistico che fosse rovinato dall'accidia della condizione umana.



Le idee e i sogni devono esser condivisi, mostrati alla società per comporre il futuro pezzo, dopo pezzo come un gigantesco mosaico di cui potremo godere solo una volta completato. Ogni frammento posto sulla calce darà l'ispirazione necessaria per porne un altro e quale saranno le forme e i colori di questo murale sarà solo una nostra decisione. Una nostra volontà. Apritevi e aprirete le porte del domani, schiudetevi e sboccerà il futuro.

Esternare per combattere l'epidemia dell'ignoranza, della pigrizia e dell’ individualismo infettando con il sapere, la conoscenza e l'altruismo.

Certo, per un contagio così capillare ci vuole costanza e non pigrizia, sacrificio e non comodità, fiducia e non vittimismo, ma se, recati in visita in questo piccolo e stupefacente staterello statunitense, resterete di stucco davanti alle sue meraviglie e vi domanderete come possiamo replicare e migliorare tale fantasia, sappiate che la risposta risiede in tutto quel che vi hanno insegnato a tacciare per buonismo facendovi dimenticare le coordinate della reale evoluzione dell'uomo, ormai bloccata al glorioso Impero Romano.

Non abbiate vergogna a sperare, a sognare, a conoscere,a costruire i vostri desideri, nonostante le mode, le sconfitte e le difficoltà e in un batter d'occhio staremo ad ammirare i bastioni di Orione sotto le scintillanti guglie di una torre d'avorio.



sabato 13 giugno 2015

Stanco

Sono stanco.

Stanco di forum, youtubers, web comic e tutte le miriadi fan page che affollano Facebook.

Stanco dei social network, dei siti e dei fotografi improvvisati che improvvisamente si accorgono di tutti gli usi errati di obbiettivi e grandangoli in ogni dove, anche nella pellicola più idiota.

Stanco d'individui che ricercano disperatamente fama e gloria senza il minimo sacrificio, ispirati da sol fatto di possedere una webcam ed un allaccio ad Internet.

Stanco di questi appassionati di ogni cosa, persino dell' "arte di cambiar le ruote in autostrada" (che non va sottovalutata), che si sentono in dovere di farci sapere per forza i loro pensieri, per forza su ogni benedetta notizia del loro piccolo mondo esclusivo finendo tristemente per esser l'uno la fotocopia dell'altro.

Stanco di chi pensa di piazzarsi davanti ad una telecamera per poter far un video dedicato a qualche supereroe in circolazione.

Stanco delle orribili voci cacofoniche che, inevitabilmente, escono da questi video! Voci con una dizione imbarazzante, dagli accenti sballati e dall'esposizione di testi e discorsi pari a quella di un bimbo delle elementari.

Senza offesa per chi frequenta le scuole elementari, eh!

Stanco, stanchissimo di questi canali video che si fagocitano e prosperano vicendevolmente: un cerchio vitale chiuso e continuo dove ci si entusiasma (o ci si scanna) per una scala di valori distorta in cui ciò che sarebbe importante è effimero e l'effimero è l'unico dio che conta.

Stanco di ogni accidente di fan che vuole farci conoscere ogni cavolo di personaggio con maschera e mantello come se fosse l'unico in circolazione a parlarne! Come se nessun altro l'avesse fatto prima! E come se lo facesse con un minimo di personalità!

Stanco di vedere, sentire e leggere recensioni di fumetti dal sedicente Punitore di turno, pronto esecutore d'autori, senza la più piccola briciola d'obbiettività.

Stanco di osservare quanto si pensi che basti aver una testiera per poter scrivere, aprire un blog, esser romanzieri, ma soprattutto giornalisti! Stanco di tutti questi siti che si occupano di fumetti, libri, film e altro, talmente amatoriali da sembrare una barzelletta. Qualcuno non ha ancora capito, ad esempio, che per scrivere articoli di supereroi non basta esser appassionati di supereroi. Qualcuno di voi si farebbe operare di tumore al rene da un meccanico? Non credo. Eppure questi ambiziosi spazi di ritrovo per appassionati in rete continuano semplicemente ad annoverare nelle loro file fanatici che hanno tutto, fuorché il minimo senso della lingua italiana. E questo tanto per elencare la cosa meno grave.

Stanco, stanchissimo, quindi, di tutti quelli che le seguono senza la minima critica e depresso nel constatare quanta ignoranza ci sai dietro di loro.

Stanco degli infinitesimali fumetti gratuiti sul web e stanco di scoprire ogni volta quanto la qualità di questi prodotti sia inversamente proporzionale al prezzo che pago per leggerli.

Stanco, non perché qualche dilettante non possa fare un fumetto e metterlo in piazza con la speranza di poter trovare un editore, ma per la totale assenza di talento che si cela dietro a questo. Il talento, poi, non è affatto l'unico neo, a giudicare dai siti affollati da lavori così mediocri, il cui unico denominatore comune sembra quello di copiare idee già funzionanti e ormai vecchie. C'è da domandarsi perché gli addetti ai lavori non abbiano il coraggio di pronunciarsi incisivamente, anzi quasi incoraggiano questi prodotti piuttosto scadenti.

Nessuno nasce e vola, ma non per questo dobbiamo lasciar a piede libero nuove leve che fan dell'uso improprio di matite e pennelli un vanto generazionale. Possibile che sia l'unico a rendersene conto? Dimenticavo, ahimé, che nessun pescivendolo tirerebbe dietro pesci ai suoi clienti solo perché non hanno idea su come cucinarli. Lo capisco, fin troppo bene, ma non c'è un modo di trovar un compromesso? Dobbiamo sopportare per molto cose come strisce porno maschiliste di frustrati convinti di esser i nuovi Manara? Dimenticavo, sono solo io che sopporto, per gli altri è tutto molto normale. Posso farmene una ragione, ma, effettivamente mi sento stanco.

Stanco dei tanti e bravissimi, invece, illustratori che però non sono diversi da un programma Mediaset di seconda serata. Disegnatori impeccabili che insistono a farsi strada con la comodo scappatoia di un erotico che non sfigurerebbe su Striscia la Notizia, Il grande fratello o nelle pubblicità dei numeri hot per uomini soli. Maestri del segno che sprecano la loro arte per simulacri degni delle peggiori produzioni pornografiche, senza se e senza ma. Stanco e triste, a pensar a questo, pensar che non sempre certe capacità siano sinonimo d'intelligenza e purtroppo, ultimamente, sto verificando, sempre più, il contrario.

Stanco, stanchissimo, praticamente moribondo delle mille sentenze senza alcuna base scientifica e conoscitiva che appestano l'intero globo virtuale. Stanco di chi parla solo per sfogarsi, di chi giudica senza sapere, ma sopra ogni cosa di chi non è capace di argomentare le sue idee, di sostenere una conversazione, finendo squallidamente per offendere nei modi più beceri.

Stanco sì, ma non ancora stanco di dir la mia.

Stanco, ma non abbastanza da non poter criticare. E che importanza ha se qualche nerd sfigato vuole fare un video e rendersi ridicolo in qualche modo? Posso sempre lasciarlo cuocere, a fuoco lento, nel suo insipido brodo.

Stanco, non del tutto però, non per tentar di far capire lo sbaglio di chi sbaglia, l'importanza di una discussione civile esente da ogni forma di violenza verbale.

Stanco forse, ma non di godermi la vita ed, in nome di questo, ancora fermo nell'ammettere la mia superbia, in quanto non mi dispiacerebbe trovarmi davanti a persone preparate nel far lo stesso.


Quel che mi stanca veramente è quel che è inammissibile: la volgarità delle parole, dei termini e la mancanza di maturità, che trovo continuamente sulla mia strada. Per questo, però, so bene che non troverò una cura, ma almeno lasciatemi il diritto di punzecchiare, di deridere se necessario, infastidire, per quanto non sia bello, l'ignoranza e la disonestà che ammorbano ad ogni alba ogni mia speranza.

sabato 25 aprile 2015

L'insospettabile ordinarietà della violenza.

Due cani. Un'auto. Un padrone. Una manovra in retromarcia. Un parcheggio deserto. Guinzagli troppo lunghi. La sensazione improvvisa di avere un bersaglio a quattro zampe nello specchietto retrovisore di quell'arma mobile che ti ritrovi sotto il sedere. L'indifferenza di chi se ne doveva curare. Una frenata per evitare l'irrimediabile. Un' osservazione cauta e legittima figlia dello spavento di "quel che poteva accadere". Uno sguardo storto, colmo d'odio e di arroganza. Una risposta visiva e gestuale, immobile e rigida, quanto dura ed irruenta.
E chi stringe fra le mani un manubrio in simil-pelle non può che sentirsi come se avesse disturbato un Dio, un re intoccabile, risvegliato una crudele ed antica divinità. Il commento verbale dell'adirata entità al seguito dei suoi Cerbero non è da meno. Ed ecco che una gentile osservazione negli interessi di tutta una comunità viene avvertita come un attacco personale ed ingiustificabile, come se si fosse arrecato un oltraggio da lavare con il sangue all'onore stesso della persona; come se le logica legge non esistesse, non valesse più niente, come se il ruolo dei tutori dell'ordine fosse da mettere alla berlina, un superfluo fregio nell'amministrazione della società privo di qualunque valore; come se ognuno fosse padrone incontrastato degli spazi pubblici, muovendosi come nel bagno di casa propria, invece che considerarli di tutti e non solo suoi. Spazi pubblici, appunto, cioè della comunità intera; spazi dove, cioè, è bene tener conto delle esigenze del nostro prossimo prima che delle proprie. E così viene avvertito come violato, con quell'arroganza denunciata nelle modeste parole dell'altro, un bene non proprio, si tenta di spaventare, accompagnando i gesti con vistose urla colme di rabbia, cercando d'instillare paura, sorprendendo chi ha avuto la sola colpa di muovere un'educata osservazione nella tutela, non solo della propria sfera privata, ma anche per l'incolumità di quegli esseri non umani che si è messo, incoscientemente, in una condizione di probabile pericolo. Si agisce offendendo, pesantemente, come se la ragione ce lo permettesse, come se la si avesse questa ragione, minacciando, chiaramente, puntando dita e scoperchiando fauci, ringhiando come forse si sarebbe voluto che facessero quei cani e come, sopra ogni cosa, si fosse gli unici ad agitarci, ad esser mossi dall'odio, dalla vendetta di fronte ad un vero colpo alla nostra dignità, ai nostri diritti personali e non con una banale combinazione di parole più che prevedibile, ma con una furiosa violenza verbale e d'intenti.
E tu, quando il tuo unico peccato è stato di far valere un piccolo diritto in modo sereno e diplomatico nell'orticello di casa tua, non puoi non sentire l'istinto che ti spinge ad assalire, a sferrare, ad uccidere, non puoi ignorare la voglia di prevaricazione che la prepotenza subita ti ha lasciato.
È impossibile far finta di niente, rincasare sereni, se si è umani: non possiamo che sentirci oltraggiati, impotenti e vittime. Siamo terrorizzati, per le minacce nel pensare che un individuo si permetta questo e perché ci siamo resi conto di non aver alcuna tutela dinanzi a persone così. Persone che non rispettano alcuna legge, nessun compromesso di convivenza, prepotenti di quartiere piccoli abbastanza da non coinvolgere i tutori dell'ordine, se non quando è ormai troppo tardi, e grandi abbastanza da rovinarti la vita. Cani sciolti che non puoi controllare, pronti a far qualsiasi e letale pazzia.
Non sono come te, tu che non hai urlato quando potevi perché non è educato, che hai cercato di rimanere calmo quando volevi ucciderlo, perché non è giusto; tu che, infine, hai cercato di spiegarti in modo calmo anche se ti tremava la voce dal nervoso, perché in fondo non conviene andar contro quella che è la legge. La razionalità ti salva, provocare chi non comprende ed è pronto a far quel che non si dovrebbe per proteggere la sua sfera privata. Ti salva, ma non ti aiuta. Non aiuta a stare più calmo, a non sentirsi feriti da un'ingiustizia che mai si risolverà. Per te, per la fiducia nelle tue capacità, per la tua integrità di uomo e per tutto quello in cui credi ed in cui sei cresciuto. Non si può non salire le scale di casa non sognando un salvatore, che con classe, ripaghi con la stessa moneta chi, effettivamente, ti ha fatto violenza senza che tu potessi far molto. Non si può non immaginare la soddisfazione se un messia alieno riparasse alla prepotenza subita con straordinari poteri cosmici. Non si può non sentire il bisogno di un crociato incappucciato che piombi su chi ti ha mancato di rispetto e lo avvolga tra le ombre del suo mantello per fargli assaggiare la sua stessa medicina. O di un angelo custode che in un batter d'occhio avesse posto fine alla diatriba lasciando in mutande quell'avventore così nevrotico. Di un luminoso agente dell'ordine che scenda dal firmamento al momento giusto a risanare una giustizia mancata. Di un prode leader che difenda le giuste regole di un intera comunità tramite il tuo personale caso. Ed ancora, potrei dire, di un nobile capitano che ponga il suo scudo tra te e i pericoli alla tua libertà personale, di un diavolo guardiano che colpisca di notte chi sbaglia di giorno, un amichevole protettore di quartiere, di un verde mostro che faccia per te quel che non puoi fare, di un imprenditore in armatura che vigili su quel rispetto che non dovrebbe mai venir meno.
Questa è la risposta a chi domanda quale sia il gusto nel seguire le avventure di “raddrizza torti” in spandex e calzamaglia. Si può davvero resistere al loro fascino, per quanto sbagliato, di fronte non ai problemi mondiali, ma a queste frustranti reati quotidiani ed impunibili? È veramente più umano far finta di essere superiori e distanti da questo sentimento, od accettare questa debolezza della specie tentando di migliorarci seguendo buoni modelli di cittadinanza, quali i vari Clark Kent, Bruce Wayne, Barry Allen o Arthur Curry, mentre appaghiamo la nostra naturale propensione al far west tramite i loro alter ego mascherati nell'attesa che un Hal Jordan riesca a far il suo lavoro, grazie anche al coraggio di una denuncia?

Ecco perché i fumetti di supereroi sono i miei preferiti: perché, nonostante tutto quel che se ne può dire, sono i più incisivi sulla nostra vita ordinaria, sono quelli che più si occupano di lenire la naturale frustrazione del moderno uomo comune. Fanno divertire, fanno pensare e aiutano come uno psicologo, se usati a dovere. Possono indicare la strada se si sa leggere tra le loro righe in una continua discussione della società occidentale contemporanea. Non tutti si può essere della medesima opinione, ma è in momenti come questi, quando palpo in prima persona quanta miseria vile e cattiva si nasconda negli angoli più reconditi dell'uomo comune, che comprendo quanto umana e logica sia l'esistenza di un tale genere e, perché no, delle infinite religioni di questa terra. E non mi vergogno di confessare quanto bisogno ne abbia, né, sovra ogni cosa, di sperare che un Superman mi venga a salvare.

lunedì 30 marzo 2015

Collezione primavera-estate 2015

Sentite queste vibrazioni? La terra tremare, scandita da intervalli di fragoroso silenzio, puntuale e preciso come il migliore tra gli orologi? Vedete le pareti, i tavoli ed ogni mobile in sala vibrare ed oscillare?
Udite questo rumore, ad ogni secondo sempre più vicino?
Ma cosa fate? No! Non accalcatevi alla porta! Lasciate andare il buffet! Non è il momento di farsi prendere dal panico! Ecco che l'enorme suono si riesce un poco a distinguere. Osservate bene, è quasi come un gigante dai grandi passi. E finitela! Smettetela di muovervi come tante pecore impazzite. Il salone è già stato sigillato. Ci aspettavamo la vostra sciocca reazione di massa. Ogni sforzo è inutile. Lui è qui e non potrete far niente per fermarlo!
Ammirate invece lo splendido luccichio del mecha nipponico ceruleo della nostra nuova collezione. È il nuovo guardiano della seconda città più corrotta d'America e lo ammettiamo solo per evitare noie dal vecchio signor Miller. Alto "due mele kryptoniane o poco più", questo gigante di ferro non avrà problemi con improvvisati terroristi metropolitani, né con pazzoidi pagliacci assassini distintisi per il loro cattivo gusto. Per entrambi basterà la sua ferrea presa d'acciaio ed ogni problema verrà risolto nel tempo d'uno schiocco di dita, letteralmente. Certo, potrebbe aver un tantinello di difficoltà a saltare da un palazzo all'altro con il batarang, ma comunque vola; non riuscirà a nascondersi debitamente tra le ombre, ha una forma piuttosto ingombrante, è vero; o muoversi tra un vicolo e l'altro senza deflagrare muri e far crollare palazzi. Potrebbe capitare che, mentre cerca di fermare un paio di stupratori seriali butti giù una parete portante o due, rivelando un qualsivoglia cittadino alle prese coi suoi quotidiani atti di purificazione corporale, ma cosa ci possiamo fare? Non si può avere tutto dalla vita,no? Ed ogni cosa ha il suo prezzo e per aver un angelo vendicatore di questa portata, con tanto di pistola fumante. Non siete disposti a pagare questo ed altro? Lo dico proprio per voi, laggiù in fondo, amanti dei vari Stallone, Rambo, Rocky e Transformers quanto i tamarri di periferia che fanno gare col Garelli e dei loro padri che dilapidano puntualmente lo stipendio nei videopoker, solo per poi inveire contro le "cattivissime" tasse dello stato. Benché cercate di nascondervi dietro una patina pseudo culturale grazie a social network e fumetti, non siete affatto diversi. Su, in fondo non siete meno maschilisti di loro, sennò non sareste qui con noi da ben settantacinque anni! E come non amare questo fenomeno di design ed ingegneria che fonde Autobot e Mercenari come nulla fosse? Volete sapere qualcosa su di lui?




Ama definirsi il Batman Tutto Nuovo e come dargli torto! È così nuovo che non scoviamo alcuna traccia neppur vaga d'un pipistrello, a parte il simbolo sul petto, ovvio (quello non potevamo toglierlo, rischiavamo di confondervi troppo, sappiamo quanto le vostre menti siano deboli). Anzi è molto meglio. Una dose omicida di Iron Man, mescolata ad un pasticcio d'annata di sci-fi orientale, il tutto tenuto insieme da un gusto alieno tipicamente insettoide alla Ant Man, che non guasta mai e tiene sempre vicini i nerd più ingrifati (sapete quelli che sognano calde notti su venere con extraterrestri disinibite e multi-tette?). Al suo cospetto Gundam è una barzelletta, War machine un operatore di pace e Terminator una tenera crocerossina. Se qualcuno avesse dei dubbi sul primo pezzo di questa primavere-estate 2015, osservate come la luce ama riflettersi su suoi avambracci cromati, come il vedo non vedo della visiera si sposi perfettamente con la fantasie più acute delle signore in sala su chi comandi realmente questo corpo. E via col nero, che è talmente di moda da esser inflazionato. Basta con atteggiamenti masochisti e vittimisti di auto commiserazione, guardate come scintilla questo azzurro sotto i riflettori, da far invidia ad ogni merluzzo di zona! Dite, maschietti, non vorreste esserci voi alla guida? E voi bambini, non vi sentite più protetti da questa colossale "formica atomica" celeste dalle bianche bande? Non a caso i colori sono studiati per questo! Un facile rimando al corpo di polizia del nostro amato paese, del quale questo mostro tecnologico, vuol essere un valido aiuto, un novello Robocop che agirà indisturbato fra le strade di Gotham! La nuova Gotham, che in men che non si dica sarà mondata da ogni peccato a suon di pallettoni e che importa se con loro verrà lavata anche la sua indubbia ed inimitabile atmosfera! Tutto sommato non siete apparsi mai troppo preoccupati a prendervene cura!



Ora ditemi se non siamo riusciti a centrare i vostri gusti. Non ditemi di no, sono così evidenti. Non siete voi che avete affollato per anni le sale di tutto il mondo per vedere un egocentrico, fazioso miliardario dentro un busto di latta prendere a calci nel deretano terroristi dalla di lui ignoranza stessa finanziati e da vecchie glorie di quel nemico sovietico, così considerato, per una mentalità fin troppo di parte e vetusta? Non siete voi che avete osannato un patchwork di scene borchiate con battute puerili, costumi plasticosi e fumettoidi degni del peggior Batman & Robin ed incollate da una trama da cartone anni '40, che risponde al titolo di Avengers?
E sempre voi non avete condannato a priori pellicole molto più innocue, ma cucite con più classe come Green Lantern o con maggior sforzo di ricerca psicologica dei suoi personaggi come Man Of Steel, a causa degli stessi difetti di montaggio e semplificazione o per meri dettagli quali l'uso errato di un' inutile macchina fotografica? Per non parlare delle continue lamentele sulla mancanza d'azione in un film in cui Superman ripara ad un disastro aereo, per poi lamentarsi del contrario nel film successivo?
Quindi ecco quello che abbiamo pensato per voi. Ecco il nuovo Batman. Il nuovo Cavaliere Oscuro, anche se poi, di scuro, ha ben poco, ma in fondo non è la prima volta e voi lo sapete bene. O almeno dovreste, visto quanto vi piace sfoggiare la vostra sedicente culturale fumettistica.

Oggi, però, alla sfilata della nuovissima DC Comics , non sarà solo l'alias di Bruce Wayne a farla da padrone. Aprite i portoni, deve entrare il nostro primo e più glorioso figlio: Superman.



Come dite? Non vedete dove sia? Siete ciechi o cosa? Ah, ma certo, che sbadato , mi sono dimenticato di farvi presente due o tre dettagli. Inutile che stiate con la testa alzata al cielo come tanti fessi, al massimo scorgerete il dio norreno della concorrenza. Girate le spalle, guardate da dove sta entrando.
L'ultimo Kryptoniano sfila tra di voi, come un uomo qualunque, come l'uomo che è: un uomo del popolo!
Ed ora, attenti , sta salendo sul palco scalandolo come un vero bruto di montagna. Ah, sento mormorare.
C'è chi si sta lamentando che gli abbia sporcato i vestiti di sangue, mentre scorreva tra la folla. Mi dispiace, signori e signori, prometto che questo sconveniente incidente non ricapiterà più, ma dovete capirlo, questo nuovo uomo d'acciaio non perde tempo e non riposa mai. Appena prima di questa manifestazione avrà certamente punito qualche sporco trafficante di droga, che sicuramente, se lo meritava. Come potevano i suoi pugni esser troppo immacolati? Sì, è vero, un essere con i suoi poteri avrebbe potuto trovare una soluzione rapida per presentarsi in un modo più consono alla situazione. Comprendete però, che così, potrà intimidire facilmente chiunque altro abbia in mente di cadere in tentazioni simili, a patto che non vogliano ricoprire le sue nocche con il proprio plasma.
Ogni dettaglio del nuovo look è sinonimo di praticità. Veste con pantaloni e scarponcini da operaio. Ricordate? Lui è alieno. Non sente freddo, o caldo, non come noi. Allora lo abbia liberato da scomode tutine soffocanti e allontanato da mantelle e mantellini, ingombranti in un reali dinamiche di volo.
Con una semplice ed efficace maglietta i suoi muscoli avranno il massimo spazio d'azione, la sua figura si rivelerà ancora imponente, ma ridimensionata nel taglio, apparirà veramente come un uomo, super. Non per superficialità, data da strane e simboliche investiture di attillati costumi al pari delle corone dei re, ma per i soli atti. La nuova non divisa non distrarrà minimante dal suo operato, mettendo in luce al massimo il concetto di uomo, appunto, super e come potrebbe qualcosa che non attira minimamente l'attenzione? Chissà, forse così potrà strisciar meglio nel buio per congegnare meravigliosi agguati ai suoi avversari più letali. Colpire alla spalle mischiandosi tra la folla e rappresentare costantemente la rabbia e la giustizia del popolino. Notate come anche la nuova acconciatura mostri praticità e modernità. E se non se l'è rasata a zero, la testa, è solo per non farsi accumunare troppo con l'odiato nemico Lex. Forse, però ,non gli dispiace ricordare il buon Conner Kent il secondo Superboy a cui ha insegnato tanto e avvicinarsi ai giovani cittadini americani, che spesso escono di casa con una semplice t-shirt e via, per le strade della city con il buon skateboard sotto i piedi e le cuffie nelle orecchie. Un giovane e fisico Superman, con un nuovo vecchio simbolo sul petto, un po' vintage, ma decisamente azzeccato per l'ultimo figlio di Krypton, più letale e pericoloso che ci sia. Tremate criminali, speculatori, potenti che ve la ridete alle spalle della povera gente, ora c'è lui a vendicare i cittadini d'America e non potrete più nascondere i vostri sporchi complotti, che siate il più piccolo rapinatore sulle costa est o il presidente del paese, la esse rosso sangue che nasce dal nero pece del suo petto non vi perdonerà e vi troverà, dovunque vi nascondiate, alla faccia di Liam Neeson! E d'ora in avanti non potrete più dire che il Punitore è più terrificante e figo di questa nuova grande esse, vi vorrei veder di fronte ad un vero super punitore americano!




Cos'è questo grido gente? Fate largo alla nostra principessa guerriera, la prima , l'unica, inimitabile Wonder Woman. Ve lo dico subito, a voi gentlemen in sala, se pensate di lustrarvi un po' gli occhi con le grazie delle prodigiosa amazzone, vi conviene non farci troppo la bocca e prepararvi ad assaggiare la spada di Diana di Themyscira. Direttamente dall'Isola Paradiso, la sempre bellissima Diana, non darà più alcun pretesto a nessun uomo per bizzarre fantasie sessuali, la sua nuovissima armatura, totalmente coprente, impedirà la volgare mostra delle sue forme, nel nome del rispetto e della considerazione della donna non solo per il suo aspetto fisico.



La donna che rappresenta non è un oggetto, non è un sogno erotico e quindi ecco tra noi una guerriera, ben coperta per agevolarsi e proteggersi nell'impeto della battaglia, da una una calzamaglia da far invidia a Diabolik; bracciali anti-proiettili con wolveriniche spade retrattili, l'ennesimo colpo vincente del nostra divisione marketing, assieme alla cromatura rosso-oro, marchio di fabbrica per gli eroi cool e badass.
Finalmente una donna che lotta e sgomita per il suo ruolo nella società, con i denti e con le unghie, con solo il suo intelletto e la sua forza, che ha il coraggio di velare le sue vergognose nudità mentre la spunta contro ogni uomo al loro stesso gioco, non più una sgambettante super velina che approfitta del suo corpo per farsi accettare in una società iper maschilista, ma una fiera rappresentante di tutto lo spirito americano e per cui non può non incarnare il nostro tipico e sano bigottismo. Applaudite alla nuova donna soldato, che, dismessi i panni di una vergognosa super prostituta, per amor di patria, non ha rinunciato, per nostra fortuna all' altrettanto orrenda, ma ahimé, necessaria, via della violenza.




No, non andatevene, non ancora, anche se il buffet è già finito ed è il caso di dirlo, proprio in un lampo!
Vi presento con grande orgoglio il monarca del tempo e non spaventatevi, ha ancora braccia e gambe, sono solo un più dark! Già, un Flash dark è un contro senso ,lo sappiamo, ma noi lavoriamo bene, ormai dovreste saperlo e quindi siamo riusciti nell'impossibile grazie ad un, lasciatemelo dire, geniale compromesso. Come dite? All'ombra e in super velocità sembra che gli manchino gli arti?




Ah, ma siete proprio incontentabili!
Allora vediamo se sapete resistere al re degli hippie iper moderni Oliver Queen, alias Freccia Verde.



Notate i meravigliosi fregi che richiamano la sagoma di una freccia dall'evidente stile pellerossa. I capelli lunghi e fluenti, chiaro esempio di libertà e ribellione da questo sistema così stretto e diabolico, che mira a far l'interesse di pochi a dispetto di molti. Non amate il suo mocassino, degno di quel glorioso popolo che noi statunitensi abbiamo così ignorantemente spazzato via?
Vi vedo un po' titubanti.

Passiamo allora all'ultimo piatto della serata: il rinnegato Hal Jordan.




Questa volta Lanterna verde l'ha fatta grossa, guardate che cattiveria comunica il suo giubbotto smeraldino e la nuova fonte del suo potere! Quel guanto, che calza come una seconda pelle, o come fosse di pelle. E il cappuccio, vero simbolo di un uomo in stato precario, cacciato e privato del suo status quo? Non sono fantasticamente in linea con il prêt-a- porter degli anni '80? Non vi ricorda un motociclista di Harley-Davidson disarcionato? Odiato da tutti, il nuovo eroe maledetto, non porterà molta speranza come farebbe intendere il suo colore, ma a chi importa poi? È più potente che mai, indipendente, solitario e farà mordere la polvere a chiunque si metterà sulla strada, amici o nemici! E non fatelo arrabbiare, ha già perso tutto e non si pentirà di niente! Salutate un vero duro dell'era post "invasione britannica", ora che vi ha girato le spalle lasciando tra di noi le più infernali fiamme verdi di tutto il creato, con la sua felpa , il suo guanto, ecco l'emarginato più famigerato del DC Universe!
Ed ora che la collezione è stata presentata v'invito a non smettere di seguirci, perché il bello deve ancora arrivare. Non siete curiosi di vedere come il nuovo Joker sposi la nuova Lois Lane o come Alfred diventi il nuovo Deathstroke?

sabato 14 marzo 2015

Gremlins di seconda mano.

Parliamoci chiaro, tutti ci sentiamo dei grandi critici, me compreso.
E parliamoci chiaro, la facilità di pubblicazione che ha in internet qualsiasi forma d'informazione non ha fatto altro che far proliferare blog, pagine, forum, canali e quant'altro, non sempre di grande qualità, non sempre utili e molto spesso dannosi per la loro disinformazione.
Col tempo sono cresciute generazioni di lettori, ascoltatori e telespettatori così ansiosi di dir la loro in merito al proprio programma o fumetto preferito, da partorire una critica ufficiosa quasi più autorevole di quella ufficiale. Una voce che parte dalla pancia del pubblico vero, quello pagante, che fa smuovere i dati di vendita di editori o di ascolto di show televisivi e, per questo motivo, assai più importante di qualche studioso del media e per a cui conviene dare credito al fine di una miglior vendita dei prodotti. E come dar torto a questi produttori? Anche a me importerebbe ben poco se il mio spettacolo o libro venisse definito alla stregua di una barzelletta di bassa lega, quando riesco a costruirmi ville e piscine (o semplicemente ad avere una vita dignitosa senza passare dalla fabbrica di paese) grazie ai suoi proventi? Il vero problema, si sa, è che, a forza di dar retta al solo guadagno, dettato dai tamarri gusti dei più , si è inevitabilmente impoverito il canone, faticosamente guadagnato nel lungo percorso iniziato con il secondo dopo guerra, dell'intrattenimento contemporaneo, ormai globale, intrecciato ed interattivo: un parco giochi molto più esteso, con più possibilità ed alla portata di ogni tasca, quanto molto più prevedibile, piatto e codardo.
Tutto questo sarebbe ancora niente se l'ansia da prestazione che fornisce il web, dopo averti adescato grazie a quei quindici minuti di fama genialmente profetizzati da Warhol, non ti spingesse ad un protagonismo patogeno, dove non interessa quel che dici, basta che lo fai. Non ha etica o morale a cui far appello, promette una democrazia ante litteram, dove vincerà il più popolare, chi avrà l'abilità di accaparrarsi più "like" e "followers", a dispetto della forma e del contenuto. L'importante non è partecipare, è vincere, in un panorama in cui pubblico e spettacolo sono la stessa cosa, oltre il reale talento, la tecnica e la conoscenza.
Un americana gara liceale perenne in cui si esalta l'individuo sul gruppo, pur stimolando una gretta strategia di branco. Un habitat perfetto per certi ignoti personaggi, che del diritto d'espressione fanno abuso d'ufficio, e di cui siamo oramai circondati. Nessuno mi fraintenda. Niente di poi così tragico in questo, fino a che si limitano a dar fiato alla bocca lì su uno schermo, perché potrò sempre spegnerlo ed aprire un libro. Ma poi esco e loro mi seguono, in biblioteca, in fumetteria, al cinema, dovunque. Senza stare zitti! Tecnologia, croce e delizia di questo mondo, ci circondi e ci fai, tuo malgrado, circondare da queste vuote voci ridondanti, senza possibilità di fuga. Sulla metro, su un autobus, un taxi, in un supermercato o in una banca, tra cellulari, palmari, cartelloni elettronici, schermi e schermini, lo spirito di tali aspiranti Vasari è sempre con noi. Perché questi esseri, prima si fortificano nella rete, ma poi non esauriscono là il loro operato e fuori nella vita di tutti i giorni si sentono ancor più autorizzati a vomitarti addosso il loro infondato marchio, sostenuti nel loro contorto pensiero dai miriadi di "mi piace" che ha ricevuto l' ultimo stato di Facebook, il loro ultimo post sul blog o video che hanno caricato su You Tube. Si sentono forti, non per la veridicità delle loro nozioni o per la capacità di sostenere le loro tesi, ma per il numero di pecore che li segue, in barba ad ogni analisi di contenuto. Dal sangue cibernetico sono sorti questi nuovi animali, che nel variopinto mondo cosiddetto "nerd", di giochi (più o meno video) di ruolo e non, fumetti, animazioni, film e mode a sfondo fantastico, hanno trovato la loro consacrazione, forse perché per chi non ha delle solide basi culturali è più facile discutere su qualcosa che non ha alcun contatto con le regole della realtà o forse, per semplice casualità.
Questi mostri, con le loro mani avide, degne del Larfleeze più scatenato (non sapete di cosa stiamo parlando? Cosa aspettate, correte a leggere Lanterna Verde edizione Planeta n° 7 o l'originale Green Lantern 40), sono soventi, ad esempio, avvicinarsi a ogni nuovo fumetto come intraprendessero una sorta di caccia al ladro, come fossero dei maestri elementari alla ricerca perpetua di errori nel tema di turno, allontanando da sé ogni forma di piacere che si può e si dovrebbe avere nella lettura di questo linguaggio.
Nuovi Goblin, che hanno soppiantato l'ovvio entusiasmo di una qualsiasi lettura o visione d'intrattenimento, con lo sguardo saccente di chi crede di sapere perché d'informazioni è pieno, senza saper poi molto sul loro utilizzo. Culturisti gonfi di steroidi, ma con poca pratica di sollevamento pesi. Sono come piccoli folletti maligni che hanno perso ogni gusto nel gioco e sanno solo far dispetti, in modi sempre più articolati, poiché, in fondo le tecniche le conoscono, ma non riescono ad apprezzare la naturale semplicità di un buon tiro mancino se non vi è neanche un piccolo zampillo di sangue. Gremlins bagnati con l'acqua molto tempo fa, che giocano ad esser umani. Grigi nel loro orgoglio di esser grigi, convinti che quello sia il color dell'arcobaleno e tristi per non rendersi conto d'aver perso l'unico elemento dell'infanzia che nessun uomo dovrebbe perdere: la capacità di sognare e con essa emozionarsi, gioire e divertirsi, al di là di tecniche e tecnicismi.

Chi se ne importa se una storia è scontata e banale, se è già vista e poco originale, se non è credibile o al passo coi tempi? Non è ancor più importante far sognare, ragionare e capire?
E se è vero che gli intrecci narrativa si sono esauriti già ai tempi dei romani, quanto senso può avere una critica che non concede alcuna leggerezza?
Quindi, cari criticoni della rete, ma non solo, prima di esprimervi in giudizi e sentenze, leggete qualche fumetto in più, chissà che nel frattempo l'ennesima lettura non vi abbia già donato un nuovo e più felice punto di vista.



venerdì 13 marzo 2015

Alla luce del sole

Uno spicchio di sole inaugura l'ennesimo episodio della serie che è la mia vita. I canti dei volatili mi ricordano quanto il benessere in cui sono immerso mi tenga distante da ogni sorta di disgrazia. Scendendo in cucina i miei occhi scrutano un quotidiano nato già vecchio, imbottito di corrotti e corruttori come un tacchino nel giorno del ringraziamento. Arrovellandomi in un' indecisa e gonfia colazione il televisore mi spara immagini di stupri, decapitazioni ed ogni inimmaginabile tortura. Disinfettando la mia cavità orale la radio sussurra alle mie orecchie di guerre fratricide nel cuore della madre Africa, moltiplicate a vista d'occhio, come un virus patogeno che non si ferma a nessun confine imposto dall'uomo. Ultimamente ho perso una o più persone a me care, mi hanno tolto un arto, mi hanno privato del mio status sociale, la mia vita in qualche modo è cambiata radicalmente od ho avuto l'opportunità di nuovi punti di vista. Le perdite hanno portato nuovi stimoli, le trasformazioni nuove capacità, le rivelazioni bizzarre epifanie, ma il mondo attorno non è cambiato, anzi, sembra sempre più marcio e sbagliato come se sapesse quel che mi è successo, come se quel che mi è accaduto, di natura così singolare, abbia creato una strana legge fisica in cui tutto quel che percepisco di sbagliato nel mondo e tutto quel che mi scatena ira e e sdegno sia direttamente proporzionale alle mie mutazioni, in un'escalation infinita di prevaricazioni infraspecie.
Così, inizio a pensare che potrei strisciare nell'ombra, alla sera, per prendermi le rivincite di cui ogni uomo ha bisogno, punire gli impuniti e proteggere i deboli dai prepotenti. E penso che, coperto dal buio di quei vicoli in cui l'unica luce è un debole bagliore lunare, col volto ben mascherato, il capo avvolto in un cappuccio, le spalle protette dal giusto manto ed un simbolo sul petto, potrei farcela. Inizio a credere che avvolto dell'ombra delle notti, con il giusto abbigliamento, i miei atti potrebbero esser salvati dalle ovvie persecuzioni giudiziarie che solitamente situazioni come queste attirano. Ed incomincio a pensare in modo fermo, convinto che potrei riuscire, che la mia identità civile non venga mai compromessa, ma poi mi guardo allo specchio e penso ben altro: che per arrivare a quel buio salvatore, a quei vicoli tanto necessari, dovrei volteggiare su grandi piazze di luce, sfilare dinanzi a molti dei miei simili ed esser confinato alle sole ore serotine, per evitare che quei pochi dettagli che potrebbero trasparire da un abito così elaborato possano svelare il mio segreto. Perché basterebbe anche un solo conoscente, un po' più sveglio di altri, che passasse a mezzo metro da me e il gioco sarebbe finito. Un naso incautamente scoperto, un' iride stranamente famigliare, una postura ed una corporatura ben conosciuta, un sorriso già visto e non sarei mai abbastanza mascherato. Anche la sola forma di una cappa su misura potrebbe ricondurre ai miei tratti somatici per chi ben mi conosce in vesti borghesi, per non parlare di una più facile voce. Certo, potrei recitare imitando altre tonalità, note, cambiare totalmente atteggiamento, come fossi realmente un' altra persona ma, se bastasse e se ci riuscissi, non sono sicuro che potrei mai avvicinarmi a chi più mi sta a cuore. Ed allora a che servirebbe? E che fatica! E non rischierei qualche genere di psicosi? Il buon Alighiero Noschese era solo un imitatore e non ha fatto una bella fine! A chi sarei d'aiuto in certe condizioni? Ed allora no, la realtà dei fatti prende il sopravvento e mi rendo conto che oltre la china dei sogni in vignette non è così semplice camuffarsi veramente bene, tanto da non essere riconosciuti, non come, appunto, si vede nelle avventure dei giustizieri in calzamaglia e non come si potrebbe pensare.
Se tutti siam d'accordo sulla quasi inutilità di un paio di occhiali per togliere dalla mente di tutti i suoi conoscenti che Clark Kent sia in realtà Superman, nessuno è così sciocco da bollare questo (od altri) stratagemmi narrativi come un qualcosa di puerile e stupido. Difatti, oltre ad essere una grande metafora sull'invisibilità dell'uomo comune all'interno di una grande, multietnica e dispersiva metropoli, racchiude molti altri significati (che oggi potremmo definire quasi filosofici), primo fra tutti che Superman sia la maschera di tutti quei topi da biblioteca, nerd e via dicendo che nel quotidiano poco hanno a che fare con bulli ipertrofici e che sognano un altrettanto muscolare messia che salvi i loro posteriori dai prepotenti, meglio ancora se si nasconde dentro di loro. Insomma, una metafora di tutta l'adolescenza maschile. Un'idea prettamente narrativa che funzionava bene un tempo così come funziona ora, ma ormai, in un'epoca in cui il fantastico è sempre più toccato da una vena di realismo (un po' per cambiare, un po' per adattarsi ad un pubblico sempre meno propenso a credere all'"incantato"), risente di una finzione fin troppo evidente. L'ultimo figlio di Krypton non è l'unico ad avere una maschera così debole, ma certamente è il primo, anche in quanto primo tra gli eroi detti super.



Subito dopo arrivò Batman l'uomo pipistrello e, come un gemello speculare dell'alieno, era tanto determinato alla lotta al crimine quanto diverso, dal suo predecessore.



Completamente coperto da una tuta claustrofobica, con una particolarissima cappa, dotato di "corna" rappresentanti le famose orecchie dei pipistrelli da cui prendeva il nome, un colore scuro (l'opposto degli sgargianti colori di bandiera del campione di Metropolis), agiva quasi esclusivamente di notte (mentre Superman era un re della luce) e non aveva alcun tipo di potere, se non la sua tenacia in una crociata instancabile alla malavita. Inoltre, dopo poco, Superman ancora lavorava da solo (e di fatto non ha mai smesso, pur avendo numerosi alleati); Batman, invece, acquisì il primo di quelli che saranno i suoi numerosi allievi. (Robin, il ragazzo meraviglia, è uno dei primi supereroi adolescenti). Il pipistrelli indossa una calzamaglia perfetta a nascondere un'identità piuttosto famosa nel suo mondo, quella di uno dei più noti ereditieri dell'alta società mondiale, nonché filantropo Bruce Wayne, da cui non si scorge che un solo particolare del suo intero corpo: la bocca, uno spiraglio sempre più spesso coperto dal mantello, esattamente come un altro celebre principe della notte: Dracula. Un costume che ha funzionato dalla sua prima apparizione e che a pensarci rende più credibile quel che è per ogni cittadino di Gotham un mistero: la sua identità. Con un uomo interamente velato di grigio e nero, di cui scorgiamo raramente solo un paio di labbra o un ghigno, che il più delle volte volteggia alle nostre spalle per colpire e fuggire a nascondersi nella notte, siamo molto più propensi a credere che possa esistere. In fondo le sue abilità sono reali, anche se è molto meno reale l'effettiva capacità che un uomo le possa usare in quel modo. E qui entriamo nel lato fantastico, in quella porzione di storia che ci fa sgranare gli occhi e voltare lo sguardo estasiato al cielo, il fantastico che ci fa sognare la notte, che rende più confortanti le nostre giornate e che per questo non dovrebbe mai mancare in un qualsiasi storia. Un altro lato della medaglia di cui fanno parte anche i poteri dell'uomo d'acciaio o dell'uomo Uomo Ragno, la cui figura è forse ancora più pensabile per individuo che vuol celare il proprio aspetto, ma che, esattamente come Batman e nonostante i suo poteri, se ci riflettiamo un secondo non è certo meno incredibile. Tra un'incerta comodità ed una visuale palesemente ridotta, tanto per fare due esempi, non ci parrebbero ovvio come ora nessuna delle sue stupefacenti acrobazie.
Lo stesso pipistrello, se è vero che si presenta con una credibilità più che discreta per il suo genere, non è esente da domande spigolose. Non sarà facile capire chi è dietro la maschera, fisicamente, aldilà dell'identica postura e dimensioni che ha con Bruce Wayne, ma forse più di un dubbio potrebbe venire in mente al commissario di polizia Gordon che ha ben stretto la mano innumerevoli volte sia a Batman che Bruce, per non parlare del fatto che si potrebbe facilmente collegare che un crociato con così tanti gadget potrebbe aver a disposizione liquidi pari, se non maggiori, a quelli del già citato miliardario.



Ma questi, come per tanti altri personaggi, sono quei dettagli che in certe storie non possiamo mettere in dubbio, dobbiamo solo chiudere gli occhi e crederci se vogliamo che essi mantengano la promessa di farci vivere quelle avventure mozzafiato che ci piacciono tanto. Non possiamo quindi indagare troppo su quel che è credibile o meno, non possiamo, se non vogliamo distruggere quel che distingue queste storie da tutte le altre. E se ci sembrano eccessivamente ridicole, possiamo sempre leggere e seguirne ben altre. Dove non è richiesto tutto questo utilizzo massiccio di fantasia da parte del lettore e dove tutto è molto (ma poi, come per ogni storia d'invenzione, non così tanto) meno impossibile. Si etichettino pure con epiteti sciocchi queste novelle contemporanee i cui personaggi non sono mascherati così bene, che usano un paio di occhiali per celare una natura oltremodo singolare ed esuberante, che impersonano vigilanti ipertecnologici senza nascondere le loro immense ricchezze, che si rifugiano dietro a mascherine che coprono ben poco a parte palpebre e zigomi, perché non è necessario che lo facciano veramente, è necessario solo che esistano.
In un mondo come il loro, fatto d'inchiostro e matita, ogni segno è interpretazione, ogni tratto è comunicazione e certe mascherine non sono solo un doveroso omaggio a tempi più ingenui, ma veri e propri simboli e non è necessario che siano bande nere sugli occhi o passamontagna asfissianti: per il lettore, come per gli eroi e i loro amici, saranno ugualmente efficaci. E se possiamo capire facilmente come questa caratteristica distintiva faccia parte della componente fantastica dei loro canoni e quanta "sospensione dell'incredulità" venga richiesta affinché il motore della storia possa avviarsi, forse non dovremmo affrettarci a relegare il tutto come un dettaglio privo di significati più maturi.
Ho sempre pensato diversamente, che fosse il loro antico retaggio ad aver incarnato alcuni personaggi in immagini apparentemente inutili per chi cerca di nascondere il proprio ruolo di uomo qualunque, ma forse, per eroi come Superman, Wonder Woman, Aquaman, Lanterna Verde, Freccia Verde e Martian Manhunter (ma anche in modo più sottile per due meglio celati come Batman e Flash), non è esattamente così. Non ho prove, la mia è solo una tesi, ma i componenti di quella che al secolo è passata come la Lega della Giustizia, nonostante il loro ovvio e fantasioso ruolo di fuorilegge, hanno sempre cercato un posto di fianco alle istituzioni e alle forze dell'ordine, ancor di più di altri loro colleghi.




Si può notare quanto una principessa amazzone come Wonder Woman sia una pubblica rappresentante di un popolo terrestre, ma alieno alla nostra società, ed Aquaman, un re di una nazione altrettanto estranea, abbiano poco da nascondere: sarebbe come se un generale o un capo di stato facessero anche parte di un'alleanza su scala globale di individui dall'identità ignote per la lotta al crimine.



Tutto ciò apparirebbe per lo meno bizzarro. Strana, sì, ma anche profondamente americana, quest'idea, accentua al massimo il concetto di una consapevole ed aperta dichiarazione pubblica a sostegno della legge attraverso romanzate azioni e pittoreschi intrecci, certo, per continuare a divertirci e a farci immancabilmente sognare, ma senza indurci troppo a pensare che esser fuori dal sistema sia meglio e che chi lo amministra sia sempre il corrotto nemico da combattere.



Alla stessa maniera troviamo una Lanterna Verde, che nelle vesti di Alan Scott, esattamente come il primo Freccia Verde e Flash, cela i suoi lineamenti dietro striminzite mascherine carnevalesche o, addirittura, un mero cappello metallico, e nelle più recenti di Hal Jordan, accoppia ad una modernissima tuta aderente lo stesso feticcio da martedì grasso.

 

La Lanterna verde ed il Flash originali. Un palese contrasto tra i loro volti malcelati e le sgargianti tute che indossano.

Appare quindi, per l'ennesima volta un mascheramento più simbolico che altro, un gioco, che però, nella finzione delle avventure di Hal viene leggermente recuperato, grazie all'idea che la stessa fonte dei suoi poteri aiuti a confondere il suo volto sotto un velo di misteriosa energia cosmica verde. Un passo avanti per giustificare la "cecità" dei concittadini di Jordan, ma noi lettori ben vediamo come affronti a testa alta entrambi i ruoli della sua vita, senza mai celarsi veramente. Hal non è eroe per scelta, ma per quel senso del dovere che una sorta di chiamata alle armi spaziale fa nascere in lui, di fronte alla quale non si tira indietro, accettandone l'onere e l'onore. Non a caso appartiene ad un intero Corpo di forze dell'ordine, formato da individui scelti per le loro grandi virtù, guidato da un ristretto ed antico gruppo di alieni,che tentano di scardinare il crimine nell'universo, in tutto e per tutto simili ad un dipartimento di polizia e al governo dalla portata cosmica a cui essa deve rispondere .



Hal, nonostante le vesti di Lanterna Verde, ammettendo che realmente non si intuisca chi ci sia dietro la smeraldina figura, è come se agisse senza alcun tipo di camuffamento: la sua vera identità non risiede in Hal Jordan o nella Lanterna del circolo dei supereroi terrestri, ma nel corpo in quale milita e, come per qualsiasi militare o poliziotto, il suo vero volto è la divisa che indossa, una divisa mai messa in ombra.


 
L'esordio di Hal Jordan come Lanterna Verde e di Barry Allen come Flash su Showcase n° 22 e 4.

Una divisa come quella che indossa ogni giorno il Flash degli anni '60 e ancora in voga Barry Allen nella sue occupazione alla scientifica nella polizia di Central City e che, se nelle vesti del Velocista Scarlatto si fa beffe di certe regole, ha fatto di tutto affinché questa figura venga accettata, non solo come un angelo custode da ogni cittadino della città, ma sopratutto come un prezioso aiuto nella cattura di criminali sovrumani da parte dei distintivi della città.

Barry Allen, il secondo e più popolare Flash in due tipici momenti della sua vita da poliziotto.

Benché il costume di questo Flash sia secondo solo a quello di Batman nella protezione dei connotati dell'eroe, ancor di più rispetto al miglior detective del mondo, il velocista si è occupato di aver un comportamento irreprensibile dinanzi ai tutori della legge, dell'opinione pubblica e adottando metodi il più possibile vicini alla legalità, a dispetto dell'assurdo paradosso.



Ed allora perché non pensare che il volto così scoperto di Kal, Diana od Arthur non stia ad indicare qualcos'altro? Che non stia lì alla luce del sole, senza troppi paraventi, ad indicarci che nelle battaglie per una società migliore, mondata da tutti quei crimini che tal figure combattono con tanta determinazione nelle pagine dei loro albetti da oltre settant'anni, dobbiamo metterci la faccia?  Non sarà stato che un mero riflesso inconscio dell'educazione dei loro autori o puro e semplice caso, ma forse quei visi così riconoscibili, sopratutto dinanzi a guardie armate e rappresentanti di governi e polizie, come se non avessero paura della nota pena che dovrebbero giustamente subire per aver infranto codici penali e civili, come se non avessero mai agito veramente al di fuori di essi, siano un esempio in metafora di quel ognuno di noi dovrebbe fare: combattere per quel che è giusto nel rispetto della legge senza mai nascondere chi siamo, dietro a maschere o un monitor di un computer.

La versione originale dell'ormai più incappucciato e barbuto Freccia Verde.

Un dettaglio che ci ricorda, più di mille azioni, che se in cuor nostro abbiam desiderio di cambiare le cose, leggi ingiuste o antiquati valori morali, solo uscendo allo scoperto, con l'orgoglio per le idee in cui crediamo, possiamo riuscire nell'intento. Essere un esempio quotidiano di quel che è giusto o meno è l'unica speranza che ci è concessa. Come un virus al contrario, solo con il nostro esempio si può contagiare altri a far lo stesso, dimostrando che tutto sommato il crimine, piccolo o grande, non paga, e così dar forza anche a manifestazioni di più alto livello.
A guardar bene il superuomo più famoso del mondo e i suoi super amici agiscono proprio così.
Lo stesso crociato incappucciato in più d'un periodo della sua carriera entrava e usciva dalle centrali polizia come nulla fosse, "alla luce del sole" anche se era notte, non necessariamente di soppiatto da lucernari e finestre, intrattenendo più d'un rapporto con  agenti, giudici o semplici onesti cittadini. Tutto questo come se quel suo travestimento ben congegnato, potesse comunque salvarlo da incontri tanto ravvicinati. Realmente non sarebbe affatto possibile. E se ci sono alcuni personaggi, DC o Marvel o quant'altro, che semplicemente non hanno bisogno di costumi, come il Segugio di Marte (in quanto un alieno mutaforma può assumere ogni aspetto e quando ha bisogno di un identità può facilmente assumere forma umana, animale o vegetale!), alcuni figuri magici (Dottor Strange), vari anti eroi (Il Punitore) ed altri i cui creatori sono stati più attenti alle mode che alle funzionalità dei loro indumenti, la narrativa moderna ha imposto a molti altri l'abbandono totale dell'identità segreta, accentuando ancor di più il realismo (come nelle ultime avventure di Iron Man o Daredevil) con esiti più o meno funesti, ma non sempre allontanandoli dall'illegalità. All'interno della lega, invece, il lato sognante è sempre stato molto forte, ancor'oggi, richiamando al fantasy ed a tanta fantascienza. Raramente, infatti, si sono viste aperture sui loro alias come in altre case editrici. Nonostante questo, la maggior parte dei loro componenti è rimasta  palesemente a volto ignudo, in un' icona ben definita, che non è quasi mai cambiata. La classe e la tradizione, in loro, è forte ed è difficile pensare ad una divisa troppo diversa per quanto questa possa non piacerci; ma ancor di più, allora, capirete questa piccola pulce che mi è entrata in testa. Quindi, la prossima volta, quando vi capiterà di soffermarvi sulla reale efficacia del costume di un Superman,  non siate troppo frettolosi nel giudicarla, perché forse impedirci di riconoscere l'uomo che vi si nasconde sotto non è esattamente il suo obbiettivo.  Forse, e dico forse, il fine è quello di spronarci a non provare vergogna quando siamo nel giusto, a non nasconderci quando combattiamo per i nostri diritti, a non aver timore di rivelare le nostre opinioni, per quanto tutto il mondo attorno sembri fare il contrario e ci remi contro.