mercoledì 15 ottobre 2014

Libero e selvaggio


Voltando l'ultima pagina della mia lettura mattutina sento crescermi l'amaro in bocca sempre più. Un amaro forte come un pugno allo stomaco, un senso di colpa indelebile sulla coscienza, la luce d'una disarmante verità. Un sapore raro per le mie qualità di lettore, che non hanno mai distinto libri, fumetti, riviste e quant'altro se non per la loro qualità. Un amore per la lettura ed il bel disegno che mi ha fatto navigare anche in acque piuttosto torbide dove ho assistito comodamente alloggiato nella mia cabina a mercenari truculenti, cannibali di neonati e molto altro molto peggio. Eppure la nuova creatura di Gianfranco Manfredi per la Sergio Bonelli Editore, Adam Wild, mi ha smosso un qualcosa di indefinibile e terribilmente indigesto. Sarà che ho consumato la sua prima avventura dopo una sbornia culinaria e l'amaro era più figlio di un cinghiale indomito che d'altro, ma "Gli schiavi di Zanzibar" (questo il titolo dell'esordio) è riuscito dove altri hanno fallito.



La serie, presentata come un' ennesima collana avventurosa del rinomato editore, è stata accolta alla stregua di uno Zagor o Tex dalle grafiche più contemporanee. Mai giudizio è stato più lontano dalla realtà. E' vero, Adam Wild è un fumetto di pura avventura ed anche un po' retrò, ma solo nel ricercato gusto della sua forma. Adam è sì uno spericolato studioso amante dell'azione (dalle idee chiare e con pochi dubbi), combattente determinato delle varie ingiustizie che incontra sul proprio cammino, ma non ha nulla a che spartire con modelli ideali come Lo spirito con la scure o il ranger del Texas. Scordatevi le fumose sparatorie alla Tex, o i lanci alla scure arrotondata di Zagor, qui siamo su tutt'altra pista. Stiamo percorrendo un sentiero pericoloso in cui potremmo perdere ogni certezza, dove non c'è bianco e nero, ma solo una serie di grigi imperscrutabili. In Wild si combatte quel che non va senza mezzi termini, non vi sono remore a sporcarsi le mani, anche con gesti poco nobili se necessario, specie se il nemico è crudele ed efferato e se questi servono cause più grandi e concrete di quelle terribili azioni.


Non c'è nessun eroe puro ed immacolato, ma solo uno spiazzante e realistico uomo di fine '800. Un individuo da priorità inamovibili che persegue con calcolo ed insolenza verso tutto e tutti quel che ritiene giusto. Non ama compromessi e non sembra solo spinto da un classico desiderio di giustizia, ma da sentimenti molto più umani e terreni, come la rabbia, l'odio, il rancore e il disprezzo. Non sembra conoscere il perdono.

Ecco la differenza con altri suoi più vecchi colleghi.
Adam è un difensore dei deboli e degli oppressi, ma non si fascia la testa con i principi, non ha problemi ad utilizzare anche metodi piuttosto simili a quelli dei suoi nemici, non teme di rischiare di diventare come loro, non ha interesse a rappresentare un modello di alcun genere o di dare il buon esempio, ma guarda solo ai risultati delle proprie azioni. Non pare solo giustificare i mezzi dei suoi fini, ma ci dice chiaramente che sono più che giusti quando ci si confronta con uomini così crudeli (come sono i suoi avversari); anzi, sono gli unici possibili nel mondo profondamente realistico in cui si muove. 
Una caratteristica che rende pregevole la forma del fumetto, dai disegni alla trama (sarebbe il caso di seguire la collana solo per questo; come è già successo con altre opere di Manfredi sembra d'aver sottomano un piccolo libro di storia) dove tutto è plausibile, anche le invenzioni più audaci e coinvolgenti, ma che non lascia alternative ad un diverso protagonista, ad un modello di qualità inossidabili, o ad un eroe da un obbiettivo e fermo senso di giustizia. Non c'è spazio per un Adam diverso, anche perché questa è la realtà, ottocentesca, ma pur sempre la realtà. A Wild, nonostante tutto, non si spegne mai il sorriso. Gode dei frutti della vita come pochi, assaporando ogni esperienza che la vita gli mette a disposizione nel modo più profondo e completo. Lo chiamano pazzo e non a torto. Tra curiosità ed impulsività è del tutto imprevedibile sia ad amici, che a nemici, con risultati inaspettati. Questo lato goliardico ed istrionico, però, in fin dei conti, aiuta poco a spazzare via quei demoni che paiono aleggiare sulla sua testa. Anzi, questa sua volontà di cogliere strenuamente ogni attimo fuggente, di viver la vita perché "del domani non v'è certezza", appare più come un modo per allontanare, infantilmente, le cose brutte delle vita, una droga per dimenticare i propri incubi o un placebo per calmare i propri fantasmi. Il positivismo con cui affronta ogni sfida ci ricorda, così, più una maschera che una reale indole genuina, anche se in realtà potrebbe essere un po' di entrambe. Si scolpisce quindi, una figura molto più complessa ed oscura di quel che potevamo prevedere. 
Questa è una serie che porta la fiaccola dell'avventura bonelliana nell'era contemporanea,esattamente come l'era contemporanea richiede: con luci meno limpide e rassicuranti, agli antipodi dell'eroe senza macchia e senza paura di alcune favole, molto più vicino al tanto apprezzato anti-eroismo di cui ormai trabocca ogni media. 



Adam Wild è un fumetto per chi ama l'avventura, ma non è un fumetto per chi ama gli eroi.
È un fumetto per chi non conosce l'avventura, ma ama più moderni e discutibili personaggi.
Un'avventura vera e propria per il lettore, che viene sorpreso di vignetta in vignetta dall'inaspettato uso di canoni fortemente attuali in un contesto solo apparentemente demode.
È chiaro che, oltre le intenzioni, gli eroi un po' più sbrigativi, dall'adolescenziale intolleranza civile, sono nel DNA dell'autore. Niente di male, per carità, ma questo Adam Wild, dopo Magico Vento e la saga di Ugo Pastore, è forse il personaggio più oscuro e problematico che poteva uscire dalla sua penna.
Sensazioni, più che certezze, ma queste ombre tra le closure dell'albo, permeano il tutto di un' atmosfera occulta, acre e pungente. Una sottile nebbia in pieno contrasto con la soleggiata speranza, ad esempio, di uno Zagor. 

Ormai è chiaro, osservando le figure più popolari tra fumetti, libri e film, e l'idea che sembra essere confermata, seppur in modo involontario, da Gianfranco Manfredi e da tutta la Bonell, che gli eroi di oggi non devono più essere modelli a cui aspirare, ma uomini con (tanti) difetti come noi. E se sono anti- eroi è pure meglio. 
In fondo ce lo hanno insegnato i nostri avi molto tempo fa: col "sangue" si fanno gli affari migliori e forse non c'è più davvero spazio per nuovi "buoni".

domenica 12 ottobre 2014

Di variant in variant




In una radiosa mattina di sole come tante, la mia quotidiana visita ad Internetland viene allietata dalla magnificenza espressiva del talento puro incarnato (o incar-tato?) in una nuova copertina targata Sergio Bonelli Editore.
Non una copertina come le altre, ma la copertina di una nuovissima serie che guarda, per l'appunto, sia al futuro che al passato, una copertina però di un numero già uscito in precedenza, uscito per forza di logica con un' altra copertina, sennò sarebbe uscito scoperto e avrebbe preso freddo o lo avrebbero denunciato alla buoncostume; insomma una copertina di un albo alternativa a quella ufficiale, una variant, quindi, come le chiamano in America.
E come variant è disponibile solo alla fiera di Lucca Comics & Games & Movies (& Altro & Bla, bla.. ) in tiratura limitata, accompagnata, tanto per intrattenersi durante il viaggio, dalla variant di Dylan Dog, per la precisione del primo numero ufficiale della Rivoluzione di Dylan by Recchioni (ma questa è un' altra storia).


Ed ora io dovrei urlare di gioia, ringraziando gli astri, come fa mezzo popolo di nerd (che sì, ormai sei un nerd anche se non sai programmare un gameboy, ma semplicemente non ti dispiace rilassarti leggendo le avventure di Super Pippo), per quest'occasione unica di impreziosire la mia collezione con queste due varianti obbiettivamente eccezionali di due albi presumibilmente straordinari. Dovrei, appunto, al condizionale.

Non so se chi leggerà queste righe ha idea di cosa sia una variant, o, se volete, come preferirei venissero chiamate, copertine alternative. Evito di raccontare le origini più o meno comprovate dela prima variant e vado subito al sodo: invenzione tutta statunitense pensata per un mercato capitalista che basa ogni sua produzione innanzi tutto sul profitto, su come vendere più albi, prima che di venderne di qualità, è l'idea principe per il mercato della commercializzazione dei propri personaggi più multimediale di tutti che seduce il lato più collezionistico ed effimero di ogni lettore di fumetti, al fine unico di sottrargli più liquidi possibili con la medesima ed invariata sostanza di un prodotto che si è solo rifatto il trucco. Per sua natura, quindi, le variant tendono ad affascinare, inducono necessità inesistenti per qualsiasi tipo di lettore di fumetti, tutto al fine di capitalizzare il più possibile da un unico piccolo sforzo economico. Una naturale rappresentazione della filosofia statunitense che ben si sposa coi loro eroi e sogni di carta vari. Ciò nonostante una variant non è un sempre un brutto oggetto, anzi tutto si basa sulla particolarità e la qualità dei vari e talentuosi disegnatori chiamati per la loro creazione. Col tempo sono diventate anche un ottimo mezzo pubblicitario per nuove serie o nuove saghe di collane già conosciute, catturando così l'attenzione dell'opinione pubblica. Nessuno toglie, ahimè, che acquistare due fumetti con due copertine diverse, ma identici per contenuto sia sostanzialmente inutile. In fondo quel che a un lettore interessa è la storia e non credo sia conveniente spendere il doppio per poter avere in mano una copia di un numero che già possiedo con la sola differenza della sua pelle. In più dobbiamo tener conto che, solitamente, una variant fa lievitare i prezzi dei suoi albi e si può solo immaginare che valore spropositato possano raggiungere nel mercato dei collezionisti. Si può essere tenuti a credere che sia giusto, ma oltre alla diversa copertina rimangono pur sempre oggetti dalla medesima foliazione e qualità dei cosiddetti regolari ( a parte rari casi) e non ho mai visto motivo per cui qualcuno debba spendere più di quel che un editore chiederebbe per quel formato in condizioni più comuni. Se acquisto un volumetto
di 100 pagine a 3,20 €, chi me lo fa fare di acquistarne anche un altro con la stessa storia ad un prezzo maggiorato? Solo per poter possedere una copertina più bella? Sinceramente non credo che questo sia conveniente ai consumatori di fumetti. Certo, se c'è chi se lo può permettere faccia pure, ma si dovrebbe sempre pensare anche alle conseguenze delle proprie azioni e se si ncentiva un' idea le si dà forza ed in questo caso si alimenta una tipologia di mercato che punta sull'esclusività più che sulla popolarità del fumetto. Quello delle variant è tutto un gioco alla speculazione la cui vittima è il lettore e mi fa riflettere non poco quest'ultima novità della Bonelli delle due variant per Lucca. Non è nelle mie intenzioni puntare il dito, cosa piuttosto antipatica, su chi ha sostituito Sergio Bonelli alla guida di quel grande carrozzone che è la casa di via Buonarroti, ma non posso esimermi dall'evidenziare una scelta piuttosto anomala per quel che è sempre stata la politica bonelliana. Forse sono in errore, magari non ho abbastanza conoscenze per poter giudicare, ma non mi è mai parso che nelle intenzioni della Sergio Bonelli ci fossero idee così tanto americane e così poco idonee all'idea di fumetto popolar-avventuroso che ha sempre contraddistinto la casa editrice. Non trovo che delle variant per pochi, per quei pochi non solo che andranno a Lucca, ma che saranno disposti a sborsare per albi, magari che già hanno, com'è il caso del primo numero di Adam Wild (visto che alla sua uscita nessuno sapeva che avrebbe avuto una variant, a differenza di Dylan Dog), sia un'idea utile ad un editore resosi famoso proprio per l'accessibilità dei suoi albi, sotto ogni punto di vista, alla grande massa.

Un' operazione del genere, sicuramente porterà nuovi lettori, ma ha senso portare nuovi lettori se se ne perdono di vecchi demolendo caratteristiche tipiche ed uniche del proprio lavoro? Trovo anche poco adatto il formato Bonelli alle variant. Negli Stati Uniti i fumetti vengono spesso pubblicati in esili spillatini, numerati solo in fronte e diversi di numero in numero, per poi essere solo dopo rilegati in volumi più o meno eleganti. Le loro variant non sempre sono così esclusive, sono ormai entrate di prepotenza nella loro logica di far fumetti e spesso chi si reca in fumetteria od edicola può scegliere quale albo del numero della sua serie preferita acquistare, quale copertina preferisce avere già all'uscita del numero regolare. Così arricchirà con l'illustrazione che più stimola il suo immaginario una collezione già in partenza molto più dinamica come stile grafico delle nostre. Questo non per una nostrana arretratezza, ma semmai per una concezione diversa e non inferiore di collezione personale. In america, i singoli albi, seppur impreziositi da mirabolanti copertine ed altro, sono originariamente considerati come prodotti usa e getta, per esser di facile diffusione e trasporto, per esser letti in pausa pranzo, a ricreazione o in metro senza troppi problemi. Anche se il tempo ha cambiato molte cose e i collezionisti impazziscono dietro ai singoli albi è sempre più frequente che questi spillatini siano poi rivenduti dai lettori per acquistare i volumi in cui sono ristampate le storie migliori di una collana. I volumetti Bonelli, invece, nascono già come eleganti volumi da libreria in miniatura, la cui veste è pensata per ottenere continuità formale e sostanziale dentro e fuori le sue pagine. Una volta riposti su uno scaffale non vi è discontinuità visiva e ogni serie ha un suo stile preciso e ragionato sia per grafiche che, appunto, per copertine. Tutto questo senza perdere le caratteristiche popolari dei formati d'oltreoceano. Quindi se qualcuno volesse fare il pignolo, dovrebbe per forza acquistare entrambi gli albi , quello regolare per avere una continuità completa nella collezione di una seria e la famigerata variant per avere la variant.

Non ho mai apprezzato troppo, come si sarà ben capito fin'ora, il concetto stesso delle variant, quindi non vedo di buon'occhio delle variant pensate per pochi eletti. Anche se non si volesse concepire
produzioni di matrice popolari e cosiddette "per tutti", sarebbero più rivoluzionari ed efficaci nel raccogliere del nuovo pubblico prodotti che vadano a premiare chi davvero segue con "fedeltà" una casa editrice e non semplicemente chi può permetterselo. Immaginiamo magari illustrazioni collezionabili al posto delle variant (simili a quelle allegate al Tex Nuova Ristampa, perché no?) o variant disponibili per tutti, albi concepiti per chi fa ordinare una determinata quantità in edicola, fumetteria o dal sito di una casa editrice ed altro ancora. Sono solo esempi, alcuni forse impossibili, di quel che potrebbe essere una alternativa possibile alle attuali soluzioni che le varie case editrici trovano per far fronte alle loro necessità commerciali. È vero anche che è più facile percorrere strade già battute, ma la Sergio Bonelli non ha certo costruito il suo prestigio accodandosi al gregge degli editori, bensì rimanendo fortemente fedele ai propri principi,anche in quei momenti in cui questi apparivano più come una palla al piede che come un caratteristico vantaggio.

Semplicemente queste variant mi fanno scattare un campanello in testa, istintivamente mi appaiono come elementi insoliti per un dire che negli anni ha sempre girato al largo da certe manovre commerciali e credo che chiunque dovrebbe, almeno, convenire su questo punto,:sul fatto che, per come la si voglia pensare, è sicuramente una stranezza un po' fuori dal carattere Bonelli. Non saranno queste copertine né la rovina del fumetto italiano, né della Bonelli, anzi, solitamente aperture verso nuove forme dovrebbe essere considerate piuttosto positive, ma dalle mie parti si ama dire che è "meglio aver paura che buscarne" e non potevo evitare di esprimere la mia preoccupazione per una probabile nuova politica Bonelli, inquanto, come detto sopra, molto distante dall'idea popolare della casa editrice. Probabilmente, anzi sicuramente, non sarà così, non ci sarà nessuna nuova via e il mio sarà stato un timore inutile, ma ciò che questi albi speciali per Lucca mi comunicano è questo: una strada molto diversa da quella che ha reso così importante, prima che grande, la Sergio Bonelli Editore per il nostro fumetto.

Ci saranno eserciti d'invasati conservatori che saranno d'accordo con le mie parole, come plotoni di detrattori eccitati dalle novità, che già da tempo, stanno caratterizzando la casa editrice milanese in modo leggermente diverso e ci saranno tanti addetti ai lavori che mi assicureranno che era lo stesso Sergio (Bonelli, ovviamente) ad aver messo la sua firma su quelle scelte, ma in parte nessuno mi toglie dalla testa che la sua morte abbia come liberato dei cani in gabbia fin troppo repressi da un padrone amorevole, ma severo, editorialmente parlando. Spero solo di sbagliarmi, anche perché so bene che Sergio Bonelli non aveva mai avuto idee pedagogiche da affidare ai suoi fumetti, ma so anche quanto avesse bene in testa che tipo di fumetti dovessero essere, per motivi ben precisi e non per soli capricci di gusto, ma lo spero vivamente perché diversamente l'esistenza di questo editore nel nostro panorama non avrebbe più alcun senso e noi avremmo perso lo spirito del fumetto italiano, oltre che per una buona fetta di storia nazionale.