sabato 25 aprile 2015

L'insospettabile ordinarietà della violenza.

Due cani. Un'auto. Un padrone. Una manovra in retromarcia. Un parcheggio deserto. Guinzagli troppo lunghi. La sensazione improvvisa di avere un bersaglio a quattro zampe nello specchietto retrovisore di quell'arma mobile che ti ritrovi sotto il sedere. L'indifferenza di chi se ne doveva curare. Una frenata per evitare l'irrimediabile. Un' osservazione cauta e legittima figlia dello spavento di "quel che poteva accadere". Uno sguardo storto, colmo d'odio e di arroganza. Una risposta visiva e gestuale, immobile e rigida, quanto dura ed irruenta.
E chi stringe fra le mani un manubrio in simil-pelle non può che sentirsi come se avesse disturbato un Dio, un re intoccabile, risvegliato una crudele ed antica divinità. Il commento verbale dell'adirata entità al seguito dei suoi Cerbero non è da meno. Ed ecco che una gentile osservazione negli interessi di tutta una comunità viene avvertita come un attacco personale ed ingiustificabile, come se si fosse arrecato un oltraggio da lavare con il sangue all'onore stesso della persona; come se le logica legge non esistesse, non valesse più niente, come se il ruolo dei tutori dell'ordine fosse da mettere alla berlina, un superfluo fregio nell'amministrazione della società privo di qualunque valore; come se ognuno fosse padrone incontrastato degli spazi pubblici, muovendosi come nel bagno di casa propria, invece che considerarli di tutti e non solo suoi. Spazi pubblici, appunto, cioè della comunità intera; spazi dove, cioè, è bene tener conto delle esigenze del nostro prossimo prima che delle proprie. E così viene avvertito come violato, con quell'arroganza denunciata nelle modeste parole dell'altro, un bene non proprio, si tenta di spaventare, accompagnando i gesti con vistose urla colme di rabbia, cercando d'instillare paura, sorprendendo chi ha avuto la sola colpa di muovere un'educata osservazione nella tutela, non solo della propria sfera privata, ma anche per l'incolumità di quegli esseri non umani che si è messo, incoscientemente, in una condizione di probabile pericolo. Si agisce offendendo, pesantemente, come se la ragione ce lo permettesse, come se la si avesse questa ragione, minacciando, chiaramente, puntando dita e scoperchiando fauci, ringhiando come forse si sarebbe voluto che facessero quei cani e come, sopra ogni cosa, si fosse gli unici ad agitarci, ad esser mossi dall'odio, dalla vendetta di fronte ad un vero colpo alla nostra dignità, ai nostri diritti personali e non con una banale combinazione di parole più che prevedibile, ma con una furiosa violenza verbale e d'intenti.
E tu, quando il tuo unico peccato è stato di far valere un piccolo diritto in modo sereno e diplomatico nell'orticello di casa tua, non puoi non sentire l'istinto che ti spinge ad assalire, a sferrare, ad uccidere, non puoi ignorare la voglia di prevaricazione che la prepotenza subita ti ha lasciato.
È impossibile far finta di niente, rincasare sereni, se si è umani: non possiamo che sentirci oltraggiati, impotenti e vittime. Siamo terrorizzati, per le minacce nel pensare che un individuo si permetta questo e perché ci siamo resi conto di non aver alcuna tutela dinanzi a persone così. Persone che non rispettano alcuna legge, nessun compromesso di convivenza, prepotenti di quartiere piccoli abbastanza da non coinvolgere i tutori dell'ordine, se non quando è ormai troppo tardi, e grandi abbastanza da rovinarti la vita. Cani sciolti che non puoi controllare, pronti a far qualsiasi e letale pazzia.
Non sono come te, tu che non hai urlato quando potevi perché non è educato, che hai cercato di rimanere calmo quando volevi ucciderlo, perché non è giusto; tu che, infine, hai cercato di spiegarti in modo calmo anche se ti tremava la voce dal nervoso, perché in fondo non conviene andar contro quella che è la legge. La razionalità ti salva, provocare chi non comprende ed è pronto a far quel che non si dovrebbe per proteggere la sua sfera privata. Ti salva, ma non ti aiuta. Non aiuta a stare più calmo, a non sentirsi feriti da un'ingiustizia che mai si risolverà. Per te, per la fiducia nelle tue capacità, per la tua integrità di uomo e per tutto quello in cui credi ed in cui sei cresciuto. Non si può non salire le scale di casa non sognando un salvatore, che con classe, ripaghi con la stessa moneta chi, effettivamente, ti ha fatto violenza senza che tu potessi far molto. Non si può non immaginare la soddisfazione se un messia alieno riparasse alla prepotenza subita con straordinari poteri cosmici. Non si può non sentire il bisogno di un crociato incappucciato che piombi su chi ti ha mancato di rispetto e lo avvolga tra le ombre del suo mantello per fargli assaggiare la sua stessa medicina. O di un angelo custode che in un batter d'occhio avesse posto fine alla diatriba lasciando in mutande quell'avventore così nevrotico. Di un luminoso agente dell'ordine che scenda dal firmamento al momento giusto a risanare una giustizia mancata. Di un prode leader che difenda le giuste regole di un intera comunità tramite il tuo personale caso. Ed ancora, potrei dire, di un nobile capitano che ponga il suo scudo tra te e i pericoli alla tua libertà personale, di un diavolo guardiano che colpisca di notte chi sbaglia di giorno, un amichevole protettore di quartiere, di un verde mostro che faccia per te quel che non puoi fare, di un imprenditore in armatura che vigili su quel rispetto che non dovrebbe mai venir meno.
Questa è la risposta a chi domanda quale sia il gusto nel seguire le avventure di “raddrizza torti” in spandex e calzamaglia. Si può davvero resistere al loro fascino, per quanto sbagliato, di fronte non ai problemi mondiali, ma a queste frustranti reati quotidiani ed impunibili? È veramente più umano far finta di essere superiori e distanti da questo sentimento, od accettare questa debolezza della specie tentando di migliorarci seguendo buoni modelli di cittadinanza, quali i vari Clark Kent, Bruce Wayne, Barry Allen o Arthur Curry, mentre appaghiamo la nostra naturale propensione al far west tramite i loro alter ego mascherati nell'attesa che un Hal Jordan riesca a far il suo lavoro, grazie anche al coraggio di una denuncia?

Ecco perché i fumetti di supereroi sono i miei preferiti: perché, nonostante tutto quel che se ne può dire, sono i più incisivi sulla nostra vita ordinaria, sono quelli che più si occupano di lenire la naturale frustrazione del moderno uomo comune. Fanno divertire, fanno pensare e aiutano come uno psicologo, se usati a dovere. Possono indicare la strada se si sa leggere tra le loro righe in una continua discussione della società occidentale contemporanea. Non tutti si può essere della medesima opinione, ma è in momenti come questi, quando palpo in prima persona quanta miseria vile e cattiva si nasconda negli angoli più reconditi dell'uomo comune, che comprendo quanto umana e logica sia l'esistenza di un tale genere e, perché no, delle infinite religioni di questa terra. E non mi vergogno di confessare quanto bisogno ne abbia, né, sovra ogni cosa, di sperare che un Superman mi venga a salvare.