giovedì 29 ottobre 2015

Sergio Bonelli

Lunedì 26 settembre 2011 scompariva Segio Bonelli, una delle più grandi personalità nel mondo del fumetto italiano, se non il più grande. E’ stata una figura tra le maggiori in quel panorama, sia come autore che come editore, avendo coltivato in modo egregio l'eredità di quel Tex paterno che ogni italiano ben conosce e preso le redini di un'impresa che nelle sue mani è divenuta col tempo una fucina instancabile di storie e personaggi a tutto tondo, ben oltre l'iconica stella del ranger. Zagor, lo Spirito con la Scure e Mister No l'avventuriero anti-eroe vagabondo, veri riflessi della sua personalità… E ancora: Martin Mystere il Detective dell'Impossibile, Dylan Dog l'Indagatore dell'incubo, Ken Parker, Nick Raider, l'Agente Alfa Nathan Never, Napoleone, Magico Vento, Gea, Volto Nascosto, Julia l'indagatrice dell'animo e tanti altri, che sulla scia del suo estro hanno potuto riempire l'immaginario di lettori di ogni genere ed età.
I numerosi e sentiti omaggi del cosiddetto “popolo del web” a soli quattro anni dalla sua scomparsa e in particolare il brillante intervento di Davide La Rosa, autore oggi piuttosto popolare grazie a titoli comici come Suore Ninja o Il fagiano crononauta (che mescolano senza ritegno cultura ufficiale con quella laterale dei nerd e fumettofili di ogni grado e sorta) mi hanno ispirato nel fare la mia parte, sebbene in ritardo, sebbene non sia certo il primo.
Non sono solito accodarmi a manifestazioni di massa di questo tipo, perché, anche se non tutti, taluni lo fanno per mera ipocrisia, perché “si deve fare per non sfigurare in un circolo in cui c'importa essere importanti”. A me, invece, non pare rispettoso far diventare moda una giusta e doverosa commemorazione, ma l'evidente segno che ha lasciato Sergio in chiunque abbia mai letto almeno un albo Bonelli è così profondo da indurmi a fare un’eccezione. Io, però, a dispetto di altri appassionati di Tex e soci non ho mai avuto l'opportunità di conoscere Sergio e pensavo di non avere molto da scrivere in merito. Mi sbagliavo. Non ho mai incontrato tale signore in vita, già, ma ogni mese e più quante volte ho potuto ascoltare le sue parole? Quando sagge e piene di esperienza come un amabile nonno, quando sincere e reali come un vivace ragazzino, quando incoraggianti e piene di passione?
Non so chi era il Sergio uomo, ma ricordo molto bene il Sergio editore.
Un vero e proprio signore, raffinato e mai volgare, distante da pedanteria e pretenziosità, elegante ed equilibrato in ogni occasione, ma non per questo lontano dall'animo popolare del pubblico.
Una figura che non si nascondeva dietro troppi giri di parole e preferiva rapportarsi coi propri lettori tramite verità anche amare e, quando necessario, chiedere scusa.
Un vero appassionato di avventura, fumetti e conoscenza: era lui per primo, prima che editore, un genuino e vorace lettore. Un’anima che sapeva interpretare i tempi varando testate man mano sempre più distanti dai suoi gusti più personali, accogliendo nuove ed esterofile ispirazioni senza far mancare il giusto carattere italiano ad ogni nuova serie. Un vero ponte umano tra i vari autori della sua scuderia e la grande massa, tra autoriale e popolare, che promoveva e sottolineava incessantemente l'importanza e la funzionalità del tipico fumetto Bonelli di cui la famosa (e famigerata, per alcuni) “gabbia” è il simbolo più evidente.
Ogni sua introduzione ad inizio albo era un vero e proprio piacere letterale, di forma e contenuto, sempre zeppo di curiosità, storia e cultura, del fumetto e non, che non mancava di riempire con quei privati aneddoti essenziali per l'illusione di un qualcosa di molto intimo e meno freddo.
Un editore da una rigida politica sociale a cui non interessavano affatto i grandi altari delle librerie, alla quali preferiva le piccole e sparse teche delle edicole vicine all'uomo comune e non mero appannaggio di intellettuali e radical chic. Un pensiero, il suo, mai svenduto, che voleva un fumetto chiaro e semplice, per tutti, senza tradursi in niente di superficiale o gretto. Un vero prodotto democratico a cui si poteva avvicinare il grande manager d'azienda come l'operaio appena uscito dalla catena di montaggio, senza alcuna distinzione. Una volontà che ha portato il fumetto alla grande massa e la massa al fumetto, conservando continuamente standard qualitativi tecnici e di contenuto sempre invidiabili. Il fumetto di Sergio non si è mai abbassato ai livelli del popolino se non per una forma comprensibile a chiunque, indipendentemente dalla propria estrazione sociale, rappresentando in alcuni casi un modello di alfabetizzazione considerevole grazie a prodotti che abilmente hanno veicolato vera e propria cultura tramite quell'intrattenimento a basso costo che possiamo ammirare nella gloriosa serie degli Almanacchi (per questo non mi è di facile digestione il superficiale mutamento nei neonati magazine), i vari Texoni o tutte le molteplici iniziative benefiche a cui che la casa editrice ha collaborato nel corso della sua lunga gestione.
Sergio Bonelli era il vero Piero Angelo del fumetto italiano e forse la sua eredità merita di essere compresa e considerata più di quello che si possa pensare. Volente o meno ha indicato a tutti la via del vero fumetto popolare (e forse di quel che anzitutto dovrebbe essere ogni arte in genere), ma soprattutto come dovrebbe essere un signor editore, grazie ad un’umanità mai messa in disparte e sempre in comunione con le obbligate se non sofferte scelte commerciali.
Non ho mai conosciuto Sergio, come ho detto, ma ho conosciuto il suo lavoro e mentirei se non ammettessi l'influenza che ha avuto sul mio sincero amore per il fumetto. Probabilmente, senza il cosiddetto “buonismo Bonelli”, la sua “gabbia”, gli Almanacchi, i Maxi, il nostalgico bianco & nero, le immancabili spalle comiche eredi del buon Cico zagoriano, il lettering manuale ed ogni altra caratteristica tipica della “Fabbrica dei sogni di via Buonarroti, il mondo delle nuvolette parlanti avrebbe un lettore in meno. A costo di diventare smielato e banale non posso far altro che dire grazie a Sergio Bonelli e grazie per il suo lavoro, una, cento, mille e infinite volte.
E mai sarà abbastanza.