lunedì 24 agosto 2015

Amici d'infanzia

Sin da quando ho memoria sono sempre stato rapidamente catturato dalle storie, le fiabe, i racconti, sotto ogni forma in cui fossero scritti, illustrati o cantati. Le parole mi incantavano e le immagini mi rapivano senza mai smettere di farlo. Prima di esser invaso dalle costruzioni dei rapporti sociali già mi attiravano i frutti della fantasia su due o più dimensioni, i figli del reame fantastico davanti ai quali non potevo rimanere indifferente: lo stupore che mi donavano era immenso e per la mia acerba materia grigia uno stimolo infinito, di cui potevo godere appieno senza le restrizioni di una coscienza dominata da vari preconcetti. I mostri mitologici e gli animali parlanti mi seducevano come poco altro, le riproduzioni della realtà in forme e colori tanto piatte quanto vive mi sorprendevano, i draghi e i mutanti, i robot e i cyborg, i morti che ritornavano e i baccelli dal sesto pianeta erano già entrati a far parte di me in una frenetica ricerca dei sensi verso quel che più era astratto, irreale e diverso. Elementi così estranei al mondo,non certo meno bello o emozionante, che avevo imparato a conoscere mi attraevano a tal punto da non poterne fare a meno. E come avrei potuto resistere? Una palestra intellettuale così efficiente e variegata dove mai avrei potuto ritrovarla? Pensare, assistere, conoscere quegli esseri animati su uno schermo alle quattro del pomeriggio, le peripezie dei tanti personaggi che affollavano riviste e giornali sparsi per casa, o ascoltare le ben più reali e drammatiche avventure dei miei nonni al crepuscolo di una giornata afosa e sopratutto ripensare, sognare e inventare altrettanti mondi e creature dopo ogni esperienza fu una ginnastica unica e irripetibile per ogni mio neurone. Il famigerato sense of wonder (senso di meraviglia/stupore) che gli anglofoni solitamente apostrofano riferendosi alle storie dei loro supereroi, fu l'esca per il mio giovine intelletto, ma fu solo grazie ai contenuti nascosti tra un'esplosione e un raggio laser che non mi stancai facilmente di quel mondo così lontano nelle forme, quanto vicino nelle sue viscere.

Passo dopo passo crescevo circondato da molti libri e tanti Topolino, le parodie Disney alla Domenica (dopo un'abbondante colazione e una doverosa funzione religiosa), i telefilm di Zorro, i giochi di Solletico, i cartoni dopo pranzo e nell'arco di tutta al giornata e molto altro di questo genere che divennero ben presto un'amabile routine.


Quando incontrai Zagor mi conquistò non solo per le esotiche e fantasiose avventure, ma sopratutto per i suoi incrollabili ideali. Ci sono storie che si possono apprezzare per la loro originalità, per la dinamica dello svolgimento o per l'innovazione, se presente, indipendentemente dalle politiche e filosofie espresse dai loro personaggi, ma raramente una vicenda ti si lega al cuore con lacci di sangue e muscoli, filamenti di nervi e pelle, stretta come un' edera rampicante, se non ci s'immedesima almeno un pochino in uno o più dei suoi protagonisti. Uno dei modi più facili ed immediati per farlo è sicuramente ritrovare tra queste pedine una morale o un' etica (o l' assenza di queste ) che ci ricordi la nostra. Non mi stupisco, quindi, che dopo molto tempo, il bonelliano Spirito con la Scure ancora rimanga saldo nel mio personale olimpo degli eroi e so perché, quando mi ci avvicinai, quella mattina di festa, incuriosito da quella copertina in cui era intento ad affrontare un fantasioso uomo uccello pellerossa che gli si scagliava contro in picchiata, come la più feroce delle aquile, ne fui così colpito.
Sapevo poco e nulla di quel guerriero dalla casacca rossa, ma in un riquadro poco più grande di una consueta fotografia di allora si potevano percepire tutte le caratteristiche del suo mito: l'estremo miscelare dei più svariati generi in nome di una passione per la fantasia nel senso più ampio del termine, l'unico ingrediente che rende ogni avventura degna di esser letta, assieme ad un incrollabile spettro di principi che mai si vendono per nessuna ragione. Il coraggio ed un onestà ragionevole ed indubbia al servizio di un sistema solo apparentemente eluso erano lì, sotto gli occhi di tutti, rappresentati da quel simbolo che ricordava le moderne mitologie delle strips americane con i loro Phantom, Tarzan e Batman.
Se ora impazzisco dietro calzamaglie e mantelli è colpa di un grande imprenditore italiano spinto da certe suggestioni d'oltreoceano a creare il nostro “supereroe” più longevo (ma non unico, badate bene!), nel tentativo di regalare ai giovani dei sessanta un amico un po' più fresco del solito Tex.
La scintilla scoccata con la versione edulcorata degli anni ottanta di quattro letali tartarughe antropomorfe maestre nell'arte dei ninja, più originali e stravaganti (ma anche molto meno raffinate, a guardare l'opera originaria) del solito giustiziere, è stata ampiamente ravvivata e mantenuta grazie a letture nostrane, esplodendo in un vero e proprio incendio di sensazioni che mai, per fortuna, ha dato riposo alla mia mente.
Il viaggio, iniziato con buona grazia del caso, non è stato affatto lineare, anzi, è mutato come i venti con cui si scontrano spesso i veri uomini di mare. La bussola è cambiata ad ogni “porto” della mia esistenza e se, al momento di salpare, salutavo dal ponte dei simpatici mostri verdi con un intelletto pari a Leonardo Da Vinci seduti in banchina, ora, nonostante la fine spero sia ancora molto distante, scorgo all'orizzonte un profilo sempre più gustoso di una terra che non conosco ma chiaramente ben diversa dai luoghi fino ad ora visitati.

Ho camminato per le strade di un' oscura città sorvegliata da un altrettanto oscuro cavaliere e nella sua lucente gemella protetta da un benevolo uomo volante.
Ho incontrato un ragazzo ragno appollaiato in un vicolo del Queens e stretto la mano ad una bandiera vivente che si ergeva a difesa di un sogno mai cominciato.
Ho riso di gusto con un azzurro lupo di campagna ed un incompetente pera malandrina di città.
Ho cavalcato per una frontiera americana rude e dura, inasprita dai suoi esoterici segreti e indagato l'incubo con un impossibile detective nei dintorni di un villaggio di pazzi Galli e tanto altro ancora, a dir poco incredibile.
Esperienze tra le più più disparate, le tappe di questa mia traversata, in apparenza immiscibili se non opposte, invero unite dal collante più forte che ci possa essere: quel forte senso di appartenenza che si può provare solo dinanzi a un nostro simile, quella compassione, tipico seme dell'amicizia, che sorge immediata davanti alla rappresentazione di quel che è in sintonia con le nostre sensibilità.
Come avrebbe mai potuto conquistarmi quel vecchio albo di Zagor se non avesse contenuto almeno una parte di quell'educazione con cui ero stato cresciuto? Come, mi chiedo, altri personaggi avrebbero attirato la mia attenzione così tanto se non esprimesservessero espresso, volenti o nolenti, i miei stessi principi? La risposta credo sia elementare. Per questo quando faccio la conoscenza di qualcuno che ammette di preferire un Joker ad un Batman, sebbene non sia certo un reato, mi viene da pormi almeno qualche domanda, nessuna delle quali carina o rassicurante. I cattivi sono belli, si sa, specie alcuni rispetto ad altri e servono, sin dall'alba dei racconti a far risaltare la figura dell'eroe, ma per quanto quanto possano affascinare non ci dovrebbe esser alcuna ragione per stimarli più dei protagonisti.
Invece ci sono sempre più persone, o così pare, che preferiscono personaggi scorretti e violenti, se non totalmente votati al male, anche quando pescano tra le schiere dei cosiddetti eroi.
In adolescenza, non nascondo di aver avuto una grande infatuazione per il Joker, storica nemesi di Batman, ma, maturando, la mia preferenza verso il pipistrello di Gotham si è decisamente consolidata, tanto per fare un esempio.
Non c'è niente di nuovo sotto il sole, probabilmente, se non una storia vecchia come il mondo, ma vi chiederei di fare un gioco, se ne avete voglia : scrivete su un foglietto i vostri personaggi preferiti e di fianco il perché lo sono, poi, nel rigo sotto, il loro modus operandi, chiamiamolo così, e di fianco, nuovamente quel che pensate di queste azioni e confrontatele infine con le motivazioni della vostra preferenza.
Prendetela come una piccola seduta psicanalitica fai da te, semplice, economica e diretta.
Chissà che non abbiate qualche, amara, sorpresa.