giovedì 5 maggio 2016

Batman V Superman

“La più grande sfida tra gladiatori nella storia del mondo” è ormai alle nostre porte. Un'attesa snervante ed eccessiva ha tenuto i fan di Superman e Batman, i padri fondatori del genere supereroistico, sul filo del rasoio per mesi e mesi facendo presagire tutto e niente. Le splendide immagini e spot pubblicitari che di tanto in tanto la produzione Warner rilasciava per chi ne seguiva l'evoluzione con fedeltà reverenziale, come un contentino, lo zuccherino opportuno per il cavallo ben domato, alzavano ogni genere di polverone, di critiche come di entusiasmi e fino all'ultimo hanno lasciato col fiato sospeso gli amanti di queste icone del fumetto mondiale.



Il mega incontro su ring hollywoodiano è stato diretto e concepito da quel Zack Snyder del famigerato 300, del discusso Watchmen e del fin troppo criticato Man of Steel, da dove, con una rielaborazione più attuale e contemporanea del mito di Superman la Dc Comics ha voluto (finalmente!) dare una risposta concreta e decisa allo strapotere cinematografico Marvel, l'unica vera concorrente di sempre della casa editrice che ha inventato i supereroi.

                                            

Fino ad ora la pietra di paragone per supereroi al cinema oscillava tra gli appariscenti kolossal di Iron Man e soci e lo stile quasi autoriale della trilogia del Cavaliere Oscuro di Cristopher Nolan, lasciando a Batman v Superman: Dawn of Justice una pesante eredità.
                               
Zack Snyder , però, non è Christopher Nolan, e si vede!

Lo stile barocco e diretto del regista ci immerge totalmente nell'universo Dc Comics senza alcuna possibilità di fuga.

In sala si abbassano le luci e veniamo letteralmente proiettati, scaraventati nel fantastico, ma non meno attuale, mondo di Superman e Batman. Un mondo di alieni, vigilanti, creature mitologiche, immortali, geni miliardari e chi più ne ha più ne metta.

Fotogramma dopo fotogramma si è rapiti da quel famigerato “sense of wonder” da sempre citato come caratteristica primaria di questo tipico intrattenimento americano nella sua versione più epica e mastodontica. La meraviglia regna prima di ogni cosa: ogni minuto che scorre davanti ai nostri occhi ribalta ogni precedente certezza, massacrando la noia in un crescendo di suspence da manuale. In una parola: sorprendente!



L'entusiasmo è la vera poltrona di uno spettatore ignaro della misura e del livello di uno spettacolo insolitamente spettacolare. Tutto è grande ed esagerato, tutto è americano, ma niente è sciocco o lasciato al caso, al massimo un po' dato per scontato, ma in fondo, quando si nasce non è proprio così? Non veniamo forse, spiazzati dall'ordine delle cose che ci appaiono dinanzi, con cui interagiamo con gioia e curiosità, cercando di scoprire e capire un mondo che fino allora non conoscevamo e che, appunto, talvolta ci spiazza e ci rimane oscuro e criptico?

Non è di un film sui supereroi che si parla o di un film tratto da un fumetto, ma di un comicbook riflesso sul grande schermo. Un fumetto di carne ed ossa tangibile come mai prima d'ora, pur evitando di gran lunga il ridicolo dell'effetto cartoon.

Il sapore visionario e mistico della poetica di Snyder, può risultare pesante e non piacere, ovviamente, ma contribuisce ad esaltare il simbolismo che icone, come i protagonisti della pellicola, hanno acquistato in oltre settant'anni di carriera trans mediatica.



La speranza e il senso del dovere di Superman, l'inadeguatezza e la ricerca di un ruolo nelle vesti di Clark Kent, l'intraprendenza e la modernità di donne come Lois Lane e Wonder Woman, la ricerca sfrenata della giustizia e il dolore di Batman/Bruce Wayne, il valore dell'educazione e il principio di famiglia (che spesso supera i vetusti legami di sangue), nonché la continua indagine sull'etica, la morale e l'onestà nella società umana, cardini di una letteratura popolare unica nella sua categoria. Un susseguo di azioni uguale ed inverse, abilmente narrate in una struttura temporale di scatole cinesi e matrioske utilissima ad alleggerire l'immane durata del prodotto, dipingono i due protagonisti come gemelli separati alla nascita, facce della stessa medaglia che non si riconoscono e per questo, cadono.

Superfici speculari l'uno dell'altro, certo, ma non così diverse, nelle loro ragioni e nei loro errori, riflettono le insicurezze e le frustrazioni di tutta la società occidentale contemporanea, assieme alla rabbia e alla paura che ne derivano, ai numerosi interrogativi sul potere e la legge, i diritti e i doveri, senza escludere un carattere metaforico ancora più ancestrale ed atavico che parla direttamente alla cultura popolare comune ad ogni terrestre al di là della sua religione, la sua politica e la sua morale.


                              

VMiller

Vado al cinema. Un grande cinema di una catena di cinema. Varco la soglia con l'intento di prendermi le mie meritate due ore d'evasione con la mia dolce metà dopo una settimana di lavoro operaio. Raccolgo con disinvoltura una mini copia omaggio di una popolare rivista di cinema: del “gratis”, in fondo, non si butta via niente. Tra una quindicina di giorni uscirà il secondo tassello della risposta Dc Comics allo strapotere videoludico di casa Marvel, BatmanVSuperman: Dawn of Justice e non a caso in copertina campeggiano i due maggiori eroi americani in un confronto solenne.

                               

Il periodico del caso, Best Movie, come per ogni altro grande evento degno dei Fratelli Lumières, dedica alla pellicola girata dal Zack Snyder di “300” molte pagine, con interviste e approfondimenti , non solo al film, ma anche alle ultime novità Dc in riferimento a questo incontro- scontro di eroi che, per la prima volta, sbarcherà nelle sale.

                                                     

La prima tra le tante è il secondo sequel di quella graphic novel, ormai miliare, che è “Il ritorno del cavaliere oscuro” di Frank Miller, che riprende la sua creatura coadiuvato dal bravo collega Brian Azzarello (One Hundred Bullets, Batman, Wonder Woman, Hellblazer) dal deciso titolo di The dark knight III- The master race (Il cavaliere oscuro III- La razza suprema). Ed è qui che trovo qualcosa che mette a dura prova la mia logica vulcaniana.

                                                    

Tra battute, rivelazioni e commenti su quest'ultimo lavoro ho trovato affermazioni che mi hanno stranito e confuso, considerando la lunga esperienza che la coppia di autori ha in questo campo.

“Il Batman hollywoodiano è un uomo ricco, per cui ha molti giocattoli con cui si ritrova a combattere il crimine. - critica Miller per sottolineare la grande differenza con la loro interpretazione del personaggio che così descrive: “E’ motivato dal suo desiderio di portare giustizia nel mondo. Così usa le risorse di cui dispone per diventare il perfetto flagello del crimine. Dunque è uno molto motivato a fare la cosa giusta, l'altro è un bambino con una marea di giocattoli luccicanti.”

Eppure da che mondo è mondo Batman è sempre stato un “ bambino con una marea di giocattoli luccicanti”, anche nel suo “Cavaliere Oscuro”, per quanto più scarno, ma questo non ha mai sminuito la sua determinazione , né l’ha cancellata, poiché, ad osservar bene, è propria questa che lo porta a riempirsi di quei gadget che il buon Frank appare tanto disprezzare e che hanno contribuito non poco ad accrescere la sua popolarità e che sono essenziali per la sua “lotta al crimine con ogni mezzo necessario”. Batman non è un alieno, un semidio, non ha un potente artefatto mistico o extraterrestre e non gli sono stati conferiti legami con misteriose forze fisiche del pianeta, è solo un uomo e come potrebbe, diversamente, adempiere alla sua sacra missione nel migliore dei modi? Se si vuol esser obbiettivi la componente alla McGyver ha sempre accompagnato il mito dell'uomo-pipistrello, che questa sia stata rappresentata del suo solo ingegno in situazioni che rasentano la sopravvivenza, o frutto della sinergia tra questo e la fortuna di aver i giusti mezzi economici per portare a termine ogni sua idea. Una strada non è migliore dell'altra perché entrambe sono Batman e Batman è sin dal suo esordio entrambe le strade.

Capite perché, sicuramente sbagliando, non lo escludo, ma mi sia sentito un po' colpito nel vivo, come se questo grande autore dalla sua poltrona dorata di vignette e balloon ci voglia convincere che una storia, come quella raccontata da Nolan, Burton o perfino Schumacker non sia la Verità religiosa dell'uomo pipistrello di cui, al contrario, lui è il portatore esclusivo. Un ossimoro, in primis, poiché il crociato di Gotham è la figura anti-fede e pro-scienza per eccellenza nel panthenon Dc. Questo atteggiamento è, infatti, tutto quello che Batman, grazie anche allo stesso Miller, combatte tra le pagine e dalle pagine delle sue avventure: il fanatismo, l'ignoranza e l'arroganza. Fanatismo perché, come sarà ancor più chiaro nelle frasi che riporterò a breve, il signor Miller sembra porsi come l'unico detentore del significato del pipistrello (quando ce ne sono a migliaia racchiusi in quest' unico ancestrale e semplice concetto); ignoranza perché non sembra (e sottolineo sembra) in grado di giudicare con obbiettività le versioni del personaggio che si allontanino troppo dal suo gusto personale e arroganza nel voler prevaricare su questi stessi lavori ed amori di colleghi e lettori giudicandoli con sufficienza e approssimazione.

Non pago, poi, ha da vomitare rancore, come c'era da aspettarsi, anche per l’Uomo d’Acciaio:

“Voglio vedere il Superman partorito nel corso di notti insonni dalla vivida immaginazione di due ragazzi a Cleveland, Ohio, alla fine degli anni '30. Quando Hitler non aveva ancora invaso la Polonia- e di fatto nessuno lo aveva mai sentito nominare -, il nostro paese attraversava la Depressione che poi ha colpito tutto il mondo e Superman sembrava una risposta a quel momento – e fino a qui sembrerebbe che abbia ben chiaro l'idea di Superman- Non voglio vedere questo tizio con la tuta ricoperta di squame, che balbetta in aria invece di volare ed è invulnerabile a qualsiasi minaccia al mondo”

Ed ecco qui l'ennesima sentenza milleriana: parlando di squame, è facile capire il riferimento alla texture (nonostante di forme squamose non ce ne sia nemmeno l'ombra) del costume del fin troppo criticato Man of Steel con Henry Cavill, e questo non può che farmi aumentare rabbia ed amarezza. Ci ricorda il sogno di un raddrizzatorti sopra ogni parte che porti speranza e salvezza in un mondo pieno di sofferenza di due autentici sognatori, amanti della fantascienza e della fantasia, per poi denigrare con assurde motivazioni quali un costume, ovviamente di una fattura più accettabile per i canoni contemporanei e un ambiguo “stare per aria a balbettare” (ma in quale scena de L'uomo d'acciaio sarebbe successo tutto questo, caro Miller?) invece di volare (ma stare in aria e volare non sono la stessa cosa?), il superuomo che rappresenta esattamente questi elementi nel prequel dell'imminente Dawn of Justice.

La questione si aggrava quando, da quella stessa bocca, escono parole di grande valore come le seguenti :

“Superman è un concetto meraviglioso. E' un'idea unica e perfetta. Può esser lanciato contro soffitti e pareti, giù per le scale, ma non puoi spezzarlo! Lo stesso vale per Batman. Sono aperto. Sono aperto ad ogni tipo d'interpretazione. La versione di Brian (Azzarello) è buona, la mia versione è buona... anche Adam West andava bene! Se vogliamo trovare un elemento di contrasto tra i due. Fondamentalmente Superman è un bambino che è stato adottato. Un bambino che ha acquisito dei genitori. E fondamentalmente Batman è un personaggio che li ha persi.- Quindi se guardi i momenti chiave delle loro vite ti accorgi che uno è caratterizzato da speranza e amore, e l'altro, beh, dall'orrore. -Per questo è ancora in giro. Vogliamo ancora che qualcuno dia una lezione ai bulli. E per questo ameremo sempre Batman. E credo che Batman sia connesso a noi a un livello ancor più primitivo di quanto non lo sia Superman.”

                                     

Quindi, Frank, fammi capire, sei aperto a qualsiasi interpretazione, addirittura puoi accettare Adam West (beh, a chi non piace, d'altronde?), ma L'uomo d'Acciaio non va bene, il Batman cinematografico nemmeno e per quale motivo, di grazia? Solo perché lo hai deciso tu o grande Dio dei comics? No grazie, ma io non ci sto, come non ci sto ogni qual volta che mi trovo davanti a dubbi intellettuali dei fumetti virali, virtuali o reali che criticano senza conoscere, o senza aprire gli occhi, che non accettano di continuare a crescere credendo già di sapere e dimenticando la base eterna della conoscenza, il rispetto e l'umiltà: la differenza che corre tra Clark Kent e Lex Luthor.

In fondo non è una cosa importante, ma come può un uomo che ha così ben tratteggiato in più di un’ occasione questi eroi, che riesce a riassumere così bene la loro essenza in poche frasi, negare l'evidente bellezza di altre opere ? Come può esser così cieco e non riuscire a superare degli evidenti limiti culturali senza rendersi conto che così facendo va contro ogni valore racchiuso sia in Superman che in Batman? L'ennesimo paradosso è che pellicole come Man of Steel e BatmanVSuperman devono molto alla firma che ha lasciato in questi fumetti, ma nonostante tutto, non lo colpiscono, per motivi che non riesco affatto a carpire. Perché non riesco a capire la mente contorta di questo grande autore e non voglio far facili accuse d'invidia e selinità, ma certamente una cosa mi è chiara: chi come lui detiene un potere , per quanto minimo, un’ influenza su un pubblico (per quanto piccolo) e, chiaramente, un certo livello culturale, è doppiamente colpevole nel seminare germi d'ignoranza così acuta, peccando di cotanta superficialità ed egoismo, permettendo che il gusto personale offuschi un parere sicuramente più tecnico ed obbiettivo di cui sarebbe certamente capace, solo per appagare un sentimento infantile, non dissimile, guarda caso, da uno dei tanti che anima Batman, che impedisce a priori di accettare il cambiamento attorno a noi.

Tutta la mia delusione deriva dal continuo errore dell'animo umano nel riporre fiducia in nostri simili che condividono alcune nostre idee, come se questo bastasse a render d'oro ogni cosa che toccano, ad elevarli allo status di quegli idoli da cui la Bibbia ben c'insegnava a guardarci. Un errore mio, che, nonostante l'abbia evidenziato da tempo, non riesco a smettere di ripetere, chissà, forse perché umano è sperare in un salvatore, kryptoniano o meno, che porti in alto, dove noi non possiamo, le nostre idee e valori, o non riuscire ad accettare che l'autore di un prodotto che apprezzi non sia perfetto come l’opera che ha generato. Per questo, preferisco sempre più seguire quei pochi che giudico davvero meritevoli dalla mia attenzione, quegli autori, non eccelsi, forse, ma che sanno aver misura e più onestà di alcune superstar dell'ambiente e seguire il nome di un’icona dal giusto metro morale, come questi talvolta sbeffeggiati supereroi , che correr dietro al nome di sedicenti artisti e divi di un media che, a mio dire, ne ha sempre meno bisogno.