venerdì 19 giugno 2020

Che Joker di film!

Curioso come, talvolta, le cose capitino nella vita. Curioso, infatti, che sia riuscito a vedere l'osannato Joker con Joaquin Phoenix solo ora, in questi tempi di proteste targate #blacklivesmatter, di sommosse popolari in nome di George Floyd e tutti i neri e non vittime dell'orrendo abuso di potere delle forze dell'ordine.

Ma soprattutto di polemiche su statue abbattute e disclaimer su vecchi film razzisti. Curioso perché la pellicola DC Comics ne avrebbe dovuto avere almeno venti di disclaimer, se dobbiamo farci trasportare da questa logica. In assenza di essi il risultato è stato un equivoco tragico tra opera e pubblico, in questo, più che mai attuale, in modo terrificante. Joker è una carrellata Marvel di ogni stortura possibile ed immaginabile del sistema statunitense cucite tra loro soltanto da un insieme di performance stellari di un Phoenix all'ennesima potenza, perfino troppo. E ci sono tutte: dal problema risaputo della sanità, mentale e non, agli abusi, appunto, delle forze dell'ordine, alla stronzaggine diffusa dal sistema capitalistico, dal problema delle armi, alla ghettizzazione, dalla povertà, ai sogni di popolarità mediatica, etc... Purtroppo questo apprezzabile indice delle ingiustizie d'America affetto da un insostenibile bradipismo non porta assolutamente a niente, nemmeno sul campo emotivo.

Quando si tratta di film ispirati a fumetti nasce sempre una guerra civile tra chi è esaltato dal lavoro del regista di turno (me ad esempio 😁) e chi non accetta altre versioni che quella cartacea, nonostante l'ultima possa apparire sul grande schermo ormai ridicola e obsoleta. La verità è che ogni interpretazione è valida ed in quanto tale va accettata, indipendentemente dal proprio gusto, ma la migliore rielaborazione obbligata dal 16:9 di un determinato personaggio sarà sempre quella che, aldilà delle novità introdotte, riesca a mantenere il suo spirito originario. E scusate se non riesco a trovare qui il Principe Pagliaccio del Crimine che ho imparato ad amare e temere. Certo, è un' origin story, ma le ottime idee alla base del film, dal mitico Arham Asylum al movimento dei clown e come menzione speciale la rivisitazione della classica scena dove il futuro supereroe salva un passante da alcuni balordi di strada consacrando la sua vocazione, in chiave anti eroica (e riprendendo fiato credo di averle elencate già tutte🤣) viaggiano troppo dirette e sicure sul binario della patologia, rendendo il letale avversario dell'uomo pipistrello non più di un patetico idiota malato.

È vero, questo errore potremmo riscontrarlo anche nella tanto acclamata graphic novel di Alan Moore, The killing joke, primissima ispirazione del regista Todd Phillips, ma non può essere una giustificazione.  Mi piacerebbe dire sinceramente a lui e al suo amico sceneggiatore:ragazzi avevate buone intenzioni, anche alcune brillanti idee ed è evidente una certa passione per il character, ma, come in politica, la buona volontà non basta. Vorrei dirgli col cuore in mano, senza astio, più con affetto, che non è sufficiente riprendere più del necessario un attore da Oscar che si accascia in un vicolo per fare del cinema di alto livello o usare font antiquati, filtri vintage, usare al 90% scene di dialoghi, senza un briciolo di ritmo ed azione o inserire un vero capolavoro come Tempi Moderni di Chaplin per farne un altro. Mi piacerebbe davvero perché la sensazione che ho avuto non è quella di un figlio d' incompetenza tecnica, ma di quella cultura artistico-sociale parziale e viziata proprio da quegli ingraggi che si vuol mettere alla gogna. Quel che di solito è il fascino sinistro, horror, quasi esoterico, della nemesi di Batman, dell'incognita sulla sua integrità mentale è qui spostato scioccamente sulle vicende della storia stessa rendendo completamente futile ogni tenua e superficiale critica al solito sistema cattivo e malvagio. Questo Joker appare quasi un patchwork delle future nemesi del vigilante di Gotham: Il Pinguino, Due-Facce, Bane pure Mr. Feeze (o dovrei scrivere Sig. Frigo?), sono tutti in lui . Un' idea potenzialmente interessante, ma che lascia il sapore di un minestrone senza capo né coda, di una mancanza d'idee veramente pertinenti al buffone assassino, sminuendo non solo la sua figura, ma anche il lavoro dell'amato Joaquin che a tratti muta in una caricatura d'attore che sfiora il ridicolo. Nei panni di Arthur Fleck dice che la sua vita è una commedia, chissà se è anche quel che gli è venuto in mente dopo aver visto il film a montaggio ultimato.

Joker è un infantilismo cinematografico che pecca di superbia scimmiottando malamente Nolan e Snyder, veri maestri nel trasportare personaggi dalla carta alla celluloide, creando (inconsciamente?) così un falso film d'autore per le masse. Un prodotto ad hoc per chi ama uscire dai cinema soddisfatto, dandosi arie da critico, ventilando sedicenti buchi di sceneggiatura, senza sforzarsi minimamente per farsi il bagaglio culturale necessario ad esserlo, per chi crede di aver visto un capolavoro perché sa di aver visto scene come quelle di quei film impegnati di cui sente parlare, senza possedere gli strumenti per capire se il suddetto impegno vi sia realmente ed ama vantarsene nei fast food, felice di far parte di qualcosa di epocale, ma l'unico messaggio che coglie, come al solito, è quello delle apparenze. Apparenze che in questo caso si traducono nell'esaltazione dei Di Maio di tutto il mondo, del populismo e del grillismo odierno, senza se e senza ma. Infatti, se questa visione risulta, infine, inutile, noiosa e tronfia non si può dire lo stesso della sua esistenza, che con un geniale effetto di meta-cinema si rivela, un pó come il Far From Home di Spider-man, una parabola vivente sul qualunquismo odierno che appesta e devasta le culture delle nostre società.
Illustrazione de Il Fumettofago
Chi s'infiamma e si rivede eccitato in questo Joker è chi, come ci ricorda Wayne, non è in grado di costruire niente per sé e per la collettività se non una lamentela sterile e bizzosa contro le "diaboliche caste" dei "poteri forti", il mediocre e il burino, insomma, che prende coraggio solo in un gregge dalla violenza facile nascondendosi vigliaccamente dietro ad una maschera, magari di qualcun altro. Un' auto esaltazione della mediocrità e dell' ignoranza che rischia di essere piuttosto pericolosa data in pasto ad un popolino, come cantava Caparezza, col cervello piccino direttamente proporzionale alla sua arroganza. Una rivincita dei senza talento, delle chiacchiere da bar, fondamenta della cultura dell'odio sdoganata dai media e social dell'epoca dei Salvini e dei Trump in cui anche chi ha ragione, come i manifestanti contro il razzismo in U. S. A e U. K. può diventare facilmente il nemico, un ennesimo avatar della rabbia cieca e incontrollata. In fondo, sono loro il vero villain, altro che Joker, povera, penosa, vittima di un' America orribile, ma questo lo sapevamo già, non ci serviva certo questo semi plagio a Scorsese a ricordarcelo, bastava aspettare il 25 maggio 2020.