lunedì 21 giugno 2021

Manara e le donnine tossiche


Milo Manara è uno dei fumettisti più famosi, apprezzati e riveriti della nona arte italiana, raccontato da qualche tempo in un libro in cui il maestro si apre a 360 gradi per la delizia dei suoi tanti ammiratori. Più di un professionista del settore, infatti, si è gettato a capofitto nel celebrare questo evento ed è difficile negare quanto possa essere interessante un volume di tal fattura, almeno per iniziare a capire come intraprendere la fascinosa e difficile carriera nel mondo dei fumetti. Come si suol dire, trucchi e segreti del mestiere.


Stacco. Interno giorno. Mi alzo, faccio la mia solita colazione/pranzo che mi tocca almeno due volte a settimana (non vi ammorbo sul perché), accendo la TV e nel sempre utile programma di mamma Rai, Buongiorno Regione, sento Milo Manara affermare che i suoi più grandi sostenitori sono donne, che i pensieri più aulici verso la sua arte provengono dalle donne, che, insomma, le donne amano quel che fa Milo Manara e tutto perché, si sa, le donne sono più intelligenti!


Ecco, non so se avete presente come abbia fatto fortuna Manara: è un disegnatore eccelso, sì, un fumettista grandioso, però non è conosciuto proprio per avventurose epopee western o space opere fantascientifiche metanarrative, ma per la sua instancabile riproposta stereotipata ed immancabilmente erotica del corpo femminile. Certo, difficilmente i suoi estimatori ridurrebbero a così poca cosa la sua opera e, personalmente, non lo biasimo troppo per aver insistito sull'unico elemento che veramente gli permetteva compensi dignitosi per un qualsiasi lavoro artistico, ma i gusti sono una cosa e la realtà un'altra. La realtà è che il lavoro di Manara da decenni è una rappresentazione sfacciata del sessismo più spregevole e tossico.


La cosa comica, di cui mi sono fermamente convinto nel tempo, è che il buon Milo, come molti suoi coetanei (facciamo un range dai 40 anni in su?) è, appunto, buono e dubito che sia minimamente conscio del bieco maschilismo che manifesta. Purtroppo, però, la sola volontà non basta e, come diceva il Batman nolaniano magistralmente interpretato da Christian Bale: "Non è tanto chi sono, ma quello che faccio, che mi qualifica." Per analogia, quel che fa Manara, ormai da una vita, non è poi così innocente come lui e i suoi fan (molti dei quali altrettanto validi fumettisti) amano credere. E non sono le persone come me ad essere eccessivamente bigotte, che criticano il grande vate solo perché non sopportano di vedere qualche nudo di cui si scandalizzano come dei baciapile qualunque… Questa è una tesi ben sorpassata, sarebbe andata bene negli anni '70, al contrario: è proprio perché noi sappiamo benissimo cosa sia il nudo e l'eros, che non possiamo ingoiare nel 2021 il rospo di una rappresentazione parziale, che ricalca assiduamente una costrizione violenta verso le donne da parte del maschio prevaricatore e violentatore. Il nudo di Manara è ben fatto, ma non porta avanti alcuna filosofia artistica degna di essere chiamata tale, specie nel nostro presente… È, al massimo, solo una grandissima prova di virtuosismo estetico. Non può essere considerata perché trascura tutte le bellissime rappresentanze della nostra società: dove sono nell’eros di Manara le grasse, le brutte, le secche, le zoppe, etc…? Qualcuno potrebbe obiettare che Manara non sia un artista di realismo come Caravaggio o Courbet, ma di idealismi. Questo, però, non fa che confermare la mia analisi: se l'ideale inseguito dall'autore è una bambola gonfiabile anoressica con le labbra inchiodate a forma di porta-fallo, beh, come idealismo lascia alquanto a desiderare e riconduce inevitabilmente adsogno miseramente fallocratico. Manara non lo fa apposta, già detto, ma è bene ripeterlo per chi non vuol vedere lo cose come stanno, è figlio di un'epoca estinta i cui dinosauri son sopravvissuti fin troppo sino a noi. Si può (anzi si dovrebbe) evitare di odiarlo come esponente involontario del sessismo tossico passato, non possiamo giustificare però altrettanto la sua arte, non guardando il contesto. E il contesto, come per ogni altra cosa di pubblico dominio, è una contemporaneità in cui se editi una "donnina alla Manara" o, per esempio, se disegni un fumetto in cui il protagonista dubita della violenza subita da una donna che la denuncia (hai capito Gipi?) contribuisci enormemente a diffondere un modello ben poco edificante. Non può esistere un'arte, di qualsiasi tipo sia, slegata dall'attualità, che sia in relazione passiva con essa, essendone un suo frutto e quindi rimanendone influenzata, sia attiva, cercando di condizionare la realtà per cambiarla e farsi ascoltare.


Per tutto questo, quelle parole di Manara dette alla Rai non avranno celato alcuna malignità, non fatico a crederlo, ma mi sono suonate un po' così: "Io disegno schiave sessuali maschili, ma lo posso fare perché alcune donne (non poi così intelligenti, a quanto pare) lo approvano", che si può sintetizzare ulteriormente in " manco di rispetto alle donne perché me lo permettono". Ma, se pur permesso, non rimane comunque un qualcosa di visceralmente sbagliato e orrendo? O no? Non vi suona come una precaria giustificazione per qualcosa che non andrebbe mai legittimata? Una involontaria e triste confessione dei termini sessisti introiettati con cui Manara vede il mondo, una vista parziale e poco veritiera di una società ormai lanciata a rotta di collo verso, letteralmente, un altro pianeta. A saperla leggere, quell'intervista, è imbarazzante quanto la maldestra toppa con cui Zoro, sagace presentatore del baluardo televisivo della sinistra italiana, Propaganda Live, ha cercato di cucire dopo l'incidente con la giornalista Rula Jebreal che, chiamata in studio come esperta sul conflitto israelo-palestinese, ha deciso poi di declinare l'invito sostenendo che la trasmissione non rispettasse i parametri di una sua personale politica che prevede di non comparire in spettacoli in cui la percentuale di personalità femminili è sottostimata rispetto a quelle maschili. Se Jebreal abbia o no perso semplicemente un'occasione con una polemica esagerata può essere ancora oggetto di dibattito, forse… Ciò che è certo è che Zoro, al secolo Diego Bianchi, e tutta la redazione di Propaganda hanno fatto la figura di quei boomer maschilisti che non sanno di esserlo, né più né meno quanto il Maestro Manara. Una fauna di questa tipologia che tra social e bar sul territorio forma un esercito apparentemente invincibile ed immortale, ponte principe per il salto di cultura del virus più letale per la civiltà umana: no, non sto parlando del famigerato Corona Virus 19, ma dell’ignoranza più pura, concime magnifico per gli intolleranti di domani, ora chiamati fascisti, ora complottisti, ora leghisti, ma tutti figli della stessa radice. Una patologia il cui unico rimedio è l'istruzione, la scienza, il sapere, la cultura e l’educazione delle nuove generazioni o, se siamo fortunati , degli adulti più indecisi e con le capacità di ragionamento più efficaci. Una divulgazione della conoscenza, perciò, ininterrotta, che passa dalle scelte di ogni giorno e permetta di inoculare nella società un virus altrettanto forte e contrario all’ignoranza: la curiosità, che, per definizione, non ammette nessun pregiudizio. Insomma, una sorta di vaccino.


Perciò, se si elogia qualcuno come Milo Manara senza mezze misure, senza precisazioni, senza sottolinearne limiti e misure rischiamo di foraggiare il virus nocivo e di diminuire l’immunità intellettuale di gregge. In quel preciso istante si invia un messaggio sbagliatissimo, che lo si voglia o no e bisognerebbe pensarci su un pochino prima di farlo. Soprattutto, con tutte le alternative fumettofile che escono oggigiorno, forse, sarebbe ora da dare precedenza a titoli con un impatto sociale un po' più aggiornato. Non mi pare di chiedere troppo, solo una coscienza sociale. Ah, allora, sì, sto chiedendo troppo, scusate.




lunedì 14 giugno 2021

Un rombo di Tuono... e in un attimo silenzio c'è!

"È un buon giorno per morire!" 
Una frasona ad effetto buona solo per qualche epica narrativa, perché non è mai un buon giorno per morire. Non a 44 anni. Non quando la tua arte è ancora nel fiore dell'età, non così, senza un motivo, se non la sfiga nera. Non quando sei Tuono Pettinato e potevi ancora regalare al mondo molti sorrisi, riflessioni ed aiutarlo con la psicanalisi migliore del mondo: quella delle strisce a fumetti. Quando ho ricevuto la notizia, stamattina non volevo credere alle mie orecchie: un fumettista così giovane se n' era andato, per sempre, non un vecchio che ha vissuto tutta la sua vita per molte stagioni (sarebbe comunque triste, però, penso mi capirete), ne', ahimè, un ,"Salvini" qualsiasi. È stata una bomba atomica interiore di notevole livello e l'unica parola a cui pensavo è il silenzio assordante di Freccia Nera, Re degli Inumani, seguito solo dal suo sibilo più fievole di miriadi di megatoni: ecco come mi sentivo. Tuono non l'ho mai conosciuto, come fumettista nemmeno mi piaceva tanto, all'inizio, poi pian, pian ho capito che non era così male. In fondo era un maledetto pisano. Lo vidi di sfuggita al Salone del libro di Pisa, appunto, mi fece una bella impressione, più dei suoi fumetti all'epoca: mi parve simpatico, una pasta d' uomo e soprattutto, probabilmente, più umile e sensibile di altri suoi colleghi. Nonostante ciò darei mille e mille graphic novel a messer Satanasso per riavere anche una sola delle due vignette e non per essere ruffiano, ma il Sig. Pettinato aveva contribuito notevolmente a quel capolavoro di sintesi pionieristica tra didattica e fumetto chiamato Comics & Science e lo aveva fatto splendidamente. Su quel periodico made in CERN ha donato il meglio di sé, i migliori assi della sua manica d' artista sono tutti lì e sono meravigliosi e spassosissimi, almeno per i miei gusti, ovviamente. E poi darei tutta la mia collezione per riaverlo tra noi, perché se non è un mai buon giorno per morire, se non lo è in così giovane età, sicuramente nessun fumetto inanimato vale la vita di una persona e se quella persona è Tuono Pettinato, bèh , che ve lo dico a fare. 


Ciao Tuono, vedi se riesci a farti pettinare un po' lassù.