giovedì 22 gennaio 2015

Je suis

Mi vien da sorridere a leggere un Firestorm così preoccupato di moderare il suo linguaggio di fronte a Superman nel numero 20 post reboot della Justice League. Uno di quei sorrisi con cui tipicamente si benedice l' ingeunità infantile, che in fondo , ma nemmeno poi tanto, ci dona serenità come poche altre cose e sopratutto ci dà la speranza che ci possa sempre essere un futuro migliore. E forse questo Firestorm è davvero ingenuo, forse non dovrebbe curarsi così tanto della cifra del suo linguaggio, ma ciò mi diverte molto, perché dietro a quest' ansia da prestazione, alla paura di sfigurare di fronte al supereroe e al super-gruppo più popolare e decantato del suo mondo si nasconde una piccola grande verità: la grandezza di Superman non è mai stata una questione di abilità, ma da sempre anche di tempra morale. Una questione di classe, si potrebbe dire. Superman, infatti, non combatte semplicemente il crimine fisicamente, ma più di ogni altro eroe, s'impegna costantemente per essere un esempio vivente di giustizia e di onestà. Così, a suo modo, può contrastare i propri avversari anche su un altro fronte, ben piu realistico e difficile di quello fisico, quello dell' educazione, intervenendo alla radice stessa del problema. Trasformandosi in un modello morale il suo agire è una vera e propria lezione di vita: Superman non salva solo le persone materialmente, ma sopratutto spiritualmente o filosoficamente dai pericoli dell'ignoranza, pericolosi come e piu dai vari Luthor e Zod. Ogni sua parola, ogni suo gesto, sono importanti tanto quanto la sua forza, la sua vista a raggi X, la sua capacità di volare. E ancor più attenzione egli pone in quel che dice e in come lo dice, in quel che fa e in come lo fa. Ci ricorda, così, che la presenza di ogni persona riflette la sua politica, lancia dei messaggi, che comportano una responsabilità indelegabile; per cui è sempre bene non fare mai niente alla leggera. Superman non tollera né i fuorilegge, ma nemmeno alcun tipo di volgarità, maleducazione o mancanza di rispetto, in quanto principi cardini della mentalità criminale. Il superuomo a stelle e strisce non è un bigotto dalla visione ristretta, ma un guerriero completo che, se da un lato prende a pugni rapinatori e maniaci omicidi che non fanno tanti discorsi, dall'altro intraprende una guerra di principio contro ogni genere di diseguaglianza. Per questo le scelte apparentemente moraliste dell'Uomo d'Acciaio, nascondono una motivazione ben più profonda, forte e condivisibile con una ragion d'essere piuttosto fondata: una politica che fa del rispetto la prima regola e che non può permettersi di esser leggera nei confronti di azioni violente, siano esse fisiche o verbali.
Pensando a questo mi sono immaginato cosa avrebbe fatto un Superman accorso in aiuto della rivista francese Charlie Hebdo, presa d'assalto dai due terroristi islamici, considerando che il buon Clark è un giornalista prima di essere un eroe in costume e di libertà di stampa ne sa sicuramente qualcosa. 


Ed ho visto l'azzurro eroe americano portare via in volo quattro persone che ormai non ci sono più, quattro disegnatori, quattro fumettisti in particolare, lontano dal luogo della strage con sguardo severo come a dire:

"Ragazzi vi ho salvato perché non meritate di morire per così poco e salvare vite è la mia vocazione, ma per Rao, potevate avere un briciolo di cervello in più ed evitare un po' di offese gratuite, no?"

E sembrerà indelicato, pro- terroristi, da santa inquisizione, ma ora che tutti si infarciscono la bocca con il Je Suis Charlie, ben pochi si sono resi conto che i terroristi avevano già vinto prima di sparare, perché nella corsa alla solidarietà non ci si è fermati a capire cosa significasse esattamente essere Charlie. Se è per stare accanto ai famigliari delle vittime allora sì, sono Charlie anche io, ma uno dei primi titoli che ho visto condividere sui social network in sostegno alla rivista decretava eroi mondiali questi fumettisti ingiustamente assassinati, come eroi colpevoli di essersi battuti per la libertà di stampa e di espressione anche se sono sempre stati rinchiusi in uno studio, non hanno mai attraversato zone di guerra e l'unico conflitto che avevano visto era quello politico. Sinceramente non ci sono stato nemmeno per un minuto. Lungi da me giustificare un atto terroristico o sminuire il valore delle vittime di un'azione simile, ma non per questo dobbiamo (volutamente) dimenticarci degli errori di chi non c'è più solo perché vittima. Si parla spesso di come in Italia la giustizia abbia due pesi e due misure, a quanto pare è un qualcosa radicato nel DNA di ogni italico figlio. Pensate che si possano considerare eroi questi fumettisti la cui satira, non sempre per fortuna, si basava sulla volgarità più infantile e populista? Vi faceva ridere? Per carità, chi sono io per giudicare, ma il fatto che mi piaccia Bruno Vespa non dovrebbe farmi esser meno obbiettivo e ammettere con facilità che non è che sia proprio il migliore tra i giornalisti. Nella foga, comprensibile ed umana, di condannare i sedicenti terroristi islamici si è perso di vista più d'un punto cardine. Se l'eroismo di oggi sta in un' illustrazione con presente in calce la scritta "Corano merda", o una raffigurazione della santa trinità cristiana che si diverte in un trenino omosessuale che farebbe invidia al peggio del porno amatoriale e non, allora siamo tutti Charlie. Siamo Charlie quando si bestemmia; quando si lanciano epiteti razzisti al bambino della squadra avversaria a quella di nostro figlio (sì è successo davvero); siamo Charlie quando si palpano sederi come fossero nostre proprietà; siamo Charlie quando si punta sempre il dito contro altri e mai su noi stessi; siamo Charlie quando ci si crogiola nell'arroganza dell'aver ragione; siamo Charlie quando si maschera la mancanza di rispetto con la presunta libertà dell'arte.


Scusate, ma non mi sento Charlie.




Certo Charlie non è solo questo. La sua è una storia da primadonna nell'editoria francese ed in più di un'epoca la sua voce aveva avuto un senso ed una motivazione non trascurabile. Oggi, però, guardiamo coraggiosamente in faccia la realtà. La satira prende in giro, in modo arguto, sfacciato, pungente, ma dovrebbe farlo sempre con la classe tipica di chi ha cultura: senza di essa non esiste alcuna satira, ma solo lo sberleffo becero di chi ignora, non conosce, non vuole conoscere e se ne vanta. Per i duri di comprendonio non sto affermando che chi lavorasse e chi per fortuna ci lavora ancora, sia una massa di ignoranti, ma che lo è e lo è stato lo stile di alcune loro vignette. Non si può credere di star contrastando una religione vista come repressiva in nome della libertà, sfoggiando bestemmie illustrate in modo così esplicito, fornendo provocazioni ai terroristi stessi, sino all'esasperazione (mettendo di fatto in pericolo tu autore, ogni tuo conoscente e la tua stessa nazione), non si può insomma pretendere libertà offuscando quelle altrui. Certo quale libertà hanno dei terroristi? Beh, nessuna. Per quanto mi riguarda trovo la politica del non fare mai un passo indietro "perché abbiamo ragione noi in quanto artisti ganzi e dobbiamo far come ci pare, perché l'arte dev'esser libera anche se ti mandiamo poco carinamente a quel paese", comunque piuttosto arrogante, semplicemente incosciente in una realtà come la nostra. Il rispetto per un ordinario fedele, democratico, onesto e pacifico dove lo mettiamo? Ai tanti atei fan di Charlie non ne importerà mai niente se vengon pubblicate certe vignette, ma è giusto portare la satira ad un livello tale da finire per offender il credo del tuo prossimo? Sempre per rimanere in tema: una famosa rockstar delle religioni disse "Ama il prossimo come te stesso" e "Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te". Ecco, io vorrei domandare ai tanti che stanno dalla parte di Charlie se si sono mai messi dalla parte di chi crede, perché se condanniamo uno o più omicidi non è obbligo che si debba santificare chi ci ha lasciato la pelle, dimenticandoci così cos'ha fatto in vita, come fanno i migliori ipocriti. Qui non si parla di mafiosi o politici corrotti, ma ridimensionare un po' la figura di alcuni tra questi autori, vivi o morti, non potrebbe che far bene all'opinione pubblica, specie a quella di settore. Tanto, visto che sono vittime, facciamo finta o, ancor peggio, ne siam proprio convinti, che abbiano avuto ragione loro, o che non abbiano mai fatto il minimo errore. Quante volte abbiamo parteggiato con tanta simpatia per lo sfigato di turno che nei film americani si prende la rivincita sul prepotente bullo della scuola? Charlie non era un po' forse come quei bulli e, dalla sua posizione privilegiata e ben protetta, come su d'una rocca d'avorio alta e scintillante (quale è la Francia e buona parte del mondo occidentale), non aveva remora alcuna a sputar sentenze, anche tra le più infime, non tanto sulle istituzioni islamiche, ma sull'Islam stesso, come se non fosse ben conscio della grande difficoltà di dialogo che c'è tra il loro mondo ed il nostro? L'ho già detto, è per riflettere, ma non è un po' così? Non è un po' che una certa parte di mondo da sempre messa alla berlina da questo grande bullo che è l'Occidente ha deciso di mettersi una grande maschera da Uomo Ragno per prendersi quelle rivincite che non riesce ad avere su un piano civile? Che poi, il tutto, avviene sempre grazie alle NOSTRE armi, eh!
Buona parte del mondo ha confuso ormai da tempo la libertà di parola e d'espressione, di fare arte "satanica" (nel senso di Satana colui che si è allontanato dalla luce, cioè dai comandamenti base della civiltà, che non si possono mettere in discussione) con l'idea di fare quel che ci pare e piace. Purtroppo, per quanto possa sembrare bello, giusto e rivoluzionario, questo non porterà altro che ad ulteriori conflitti. La libertà senza limiti non è libertà, ma prigionia del vizio. L'unica libertà possibile è quella che si auto limita, che traccia i propri confini baciando le frontiere delle libertà altrui, che crea compromessi per far convivere ogni filosofia (e ricordo che le religioni fanno anch'esse parte di questa materia) e non mette alla prova l'umana imperfezione dell'altro per puro divertimento.
Non dimentichiamoci di chi è rimasto vittima di azioni imperdonabili, ma non ne facciamo neanche eroi se non lo sono. Se vogliamo veramente costruire un mondo migliore dobbiamo avere sempre il coraggio di fare mea culpa prima che di mirare e far fuoco sull'altro. Gli unici colpevoli dell'attentato a Charlie Hebdo a Parigi sono quei terroristi che hanno usato la propria religione per giustificare atti immondi e inqualificabili, questo è ovvio, non sono qui a ribadire il contrario ( non l'ho fatto neanche per un rigo). Quando però, solo perché ci sentiamo colpiti da vicino, per la prima volta, nella nostra isola felice chiamata "fumetto", chiamata occidente o quello che preferite, si svende l'obbiettività e si fa passare per giustificabile qualcosa che non lo è, sebbene in misura minore all'omicidio, non stiamo rendendo un gran servizio alla nostra causa, a meno che, certo, non si pensi che nel futuro del mondo non ci debba esser rispetto per credo ben poco razionali e che la libertà d'espressione possa coincidere con la libertà d'offesa.
Superman non farà mai due pesi e due misure, non eviterà mai di salvare anche chi non se lo merita, come non giustificherà mai un azione che reputa sbagliata indipendentemente dalla sua natura.
Superman sa che il principio vale tanto quanto l'agire e che dietro alla più sconsiderata tra le azioni si deve sempre celare la forza del principio.
Per questo Superman difende tanto l'uno, tanto l'altro e non si creda di aver in mano una giustificazione per scelte che violano le libertà altrui: se iniziamo a pensarlo saremo già a metà strada col dito sull'innesco di una bomba, ma quando esploderà non saremo mai noi a deciderlo e l'esito potrebbe non piacerci.