giovedì 24 settembre 2015

Fuori porta

Avevo un po' di tempo a mia disposizione, libero dal lavoro e da riunioni famigliari ed ho pensato bene di farmi qualche giratina presso un paio di micro fiere del fumetto qui vicino a me, in terra di Toscana, tanto per distrarmi e scaricare lo stress del solito tran-tran.
Prato Comics + Play e Massa Comics & Games, come si può facilmente intuire, rispettivamente una nel centro di Prato a due passi da Firenze e una nel bel parco della Comasca a Marina di Massa, si presentano per quel che sono: due realtà locali, piccole, ma volenterose di crescere e affiancare dignitosamente le sorelle maggiori sparse in tutto lo stivale. Il saggio, però, ce lo ricorda, tra il dire e il fare c'è di mezzo molto, ma molto mare.



Una volta arrivato alle porte di queste sagre della fantasia, la soddisfazione di aver investito i miei risparmi in un biglietto, per una volta, ad un prezzo veramente misero (cinque euro per prato e soli tre per Massa) è stata letteralmente decapitata dal constatare che oltre i cosplayer, i giochi da tavolo di ruolo e di carte, action figueres, videogiochi, film e anime, statuette e gadget di ogni tipo ciò che più mi premeva era praticamente assente! Il fumetto, che ha aperto la strada a tutto questo mondo di divertentissimi quanto inutili oggetti, fantasticherie per un eterno carnevale, giochi sempre più elaborati e fantasiosi, si è evidentemente perso per strada. Certo , nessuno sano di mente sarebbe andato in pellegrinaggio ad eventi così piccoli sperando di ritrovarsi in un’ altra Lucca Comics solo un po' più economica, ma se sono riusciti a dare uno spazio più che decente ad ogni altra componente di quel che è ormai considerata la comunità nerd (e anche su questa definizione ci sarebbe molto da dire), nasce spontaneo domandarsi come mai in entrambe le occasioni di albi e volumi ne abbia visto a malapena l'ombra. A onor del vero Prato i è dimostrata migliore di Massa, con quasi quattro banchini di fumetti usati o semplicemente vintage e un discreto parco autori che poteva quasi far invidia alle fiere mercato più storiche; ma la sensazione d'insieme che ho avuto non è stata delle migliori. L'appassionato di fumetti medio, sembrerebbe, leggere sempre meno e sempre più concentrarsi nel videoludico e in tutti quei giocattoli e giocattolini che, mi spiace dirlo per i suoi collezionisti, per forza di cose, non potranno mai veicolare la stessa cultura. In più, ho notato che, esistono alcuni individui, piuttosto sconosciuti, che sono così convinti di aver talento da mettersi in bella mostra senza alcuna vergogna, su un banchino definendosi “maestro” e disegnando peggio del sedicente “allievo” al suo fianco; o, in altro caso, vantarsi di “non aver mai studiato in un liceo artistico”. Ora, se nel primo caso, per ovvi motivi logistici, non potete che fidarvi della mia parola (e non fatelo, verificate!) nel secondo vorrei chiedervi quanto secondo voi sia normale ostentare ignoranza, di qualsiasi genere essa sia. La mia educazione non mi permette di considerare il “non aver studiato” come un qualcosa di positivo, nemmeno lontanamente.



Ho cercato di pensare al perché le diete di queste organizzazioni siano così carenti di quel che ho sempre pensato dovesse essere il loro alimento primario e mi son detto che, probabilmente, non è facile trovare “fumettivendoli” disposti a spendere troppo per presenziare in luoghi così minuscoli; o forse che queste piccole realtà non abbiano abbastanza fondi e si devono arrangiare come possono, alla bell'e meglio.
Ma in fondo Prato è riuscita a coordianre tre mostre di alto livello in stile Lucca spalmate in un periodo più esteso rispetto ai suoi due giorni di vita in altrettanti luoghi della città. Invece so per certo che gli organizzatori di Massa, per loro stessa ammissione, hanno selezionato i vari stand (e vi assicuro che erano davvero pochi) per evitare che litigassero fra loro e non scontentare nessuno, trasformando una potenziale fiera in un gruppo sparuto di banchi, sinceramente anche di dubbio gusto.
I veri meriti di questi due eventi sono l'aver chiamato nomi interessanti come i fumettisti Pierz e Marco Santucci (a Prato, per dirne due su tanti) e un grande doppiatore come Andrea Ward (Massa) in una politica generale che punta sempre di più su questi grandi e concentrati momenti rispetto a una sostanza diffusa. Una politica che rispecchia i tempi che corrono in cui la totale contaminazione dei media dell'intrattenimento porta molti benefici economici, ma temo, ben pochi di altro genere. Non sono qui a predicare l'annientamento nazista di tutto quel che non è fumetto, ma certo non mi dispiacerebbe vedere una comunità nerd un po' diversa, che magari insieme a qualche videogioco sfogli anche qualche pagina (di carta, non digitale) in più, perché, sicuramente sbaglierò, ma non vedo molta differenza tra un nugolo sincronizzato di strilloni incollati ad uno schermo d'un videogioco e quattro grezzoni da bar davanti al derby della domenica. D'altra parte il problema ce l'ho io, mica voi: avete ragione, se la maggior parte dei partecipanti a queste fiere ha risposto più che positivamente, allora lasciatemi stare, non voglio appartenere a niente di tutto ciò, non chiamatemi nerd, al massimo fumettaro e continuate pure a divertirvi in questo potpourri denso di mediocrità. Quello che riempie il web di fumettisti che non raccontano nulla se non il loro inconscio e ostentato sessismo; disegnatori dal tratto incerto come quello d'un bambino, ma sicuro nel ritrarre ogni genere di volgarità; illustratori affermati che non trovano nulla di male nel dipingere la donna come una perenne bambola gonfiabile nascondendo (nemmeno troppo bene) i loro desideri da adolescenti repressi dietro la scusa di dover pur campare; di autrice femminili che contribuiscono a perpetrare questa idea di donna pur considerandosi valenti femministe solo perché il guinzaglio è brutto solo se non lo scelgo io; miei e più illustri colleghi senza un minimo accenno di buon senso, per non parlare delle competenze, ma che si fanno forti del loro grande seguito per non mettersi mai in discussione e sostenere tesi palesemente infondate; personaggi che ricercano fama e celebrità tramite video di dubbio contenuto come futuri concorrenti di reality show.

In una frase, come diceva un grande artista del passato, ancora una volta, “il sonno della ragione genera mostri”.