venerdì 28 luglio 2017

All Hope Is Gone

Credo fermamente che non interagirò più con chicchessia su Facebook o qualsiasi altro cosiddetto social network, o almeno credo che dovrei farlo. Sfruttare la piattaforma per il solo scopo pubblicitario e di profitto, limitandomi a qualche striminzito vocabolo solo se interpellato. So che sarebbe buona norma per la mia salute psicosomatica seguire questo diktat, ma mi conosco troppo bene per sapere che non resisterò a lungo alla tentazione di rispondere per le rime alla prima “cagata pazzesca” che leggerò in qualche post o commento. 

Devo, però, costringermi realmente a questo nuovo codice comportamentale, innanzitutto, come accennato, se tengo veramente alla mia salute, fisica e psicologica.

Non posso accettare ancora di farmi rovinare una giornata solo per avere aperto un “profilo” e aver avuto ancora la speranza di poter condividere un’opinione, una passione, un’emozione con quacluno in termini civili e democratici. Non voglio fare il Kurt Cobain di turno e non ho nemmeno voglia di propagandare un cinismo fin troppo adottato dalla maggior parte della popolazione odierna, ma non posso che esse realista: su Facebook ed in rete, per lo più, non figura quasi alcun individuo con capacità di discussione democratica e scovare le poche eccezioni è veramente troppo faticoso.

Si potrebbe dire che sono io la causa di tutto, che sono troppo permaloso, esagerato, intransigente, ma dalla mia ho una certa esperienza, fatta di continue e disparate combinazioni lessicali, e nessuna di queste ha mai evitato incomprensioni caratterizzate da una forte tensione (per usare un eufemismo) verbali. Lo dico, ovvio, ognuno è libero di pensarla diversamente, ma se tra chi legge c’è chi spero, comprenderà bene la mia posizione.

Ormai, tra la decadenza dell’istituzione Scuola, quasi definitiva dopo la super batosta dei governi Berlusconi, la diffidenza in tutto ciò che è precostituito, al di là di ogni logica possibile o meno, l’esaltazione della violenza concettuale, cui le conseguenti forme fisiche e verbali sono solo veicoli di propagazione virale, ogni buon senso è andato letteralmente “a farsi fottere”.

Gli individui che popolano questa così “libera” rete hanno il solo interesse di suonarsela e cantarsela, di sedare insicurezze adolescenziali, confermare fedi per cui non esitano ad offendere e sollevare muri invece affrontare sereni confronti e diversità, nonostante invero dimostrino d’ignorare le motivazioni della loro militanza e calpestano con vigore ogni pensiero di dissenso. La cosa peggiore è che, il più delle volte, non ne sono neanche coscienti, ma agiscono semplicemente secondo una dinamica cerebrale figlia di un’educazione fatta di assenze più che di una vera mala educazione. E davanti a questo, cosa può un soggetto allevato a democrazia e conoscenza come me? Cosa può una persona cresciuta nel credo del sapere scientifico, della codifica del linguaggio, nel rispetto delle regole, nella politica come momento di confronto e crescita collettiva quando ha davanti a sé chi non ha la minima idea di cosa stia parlando? E ancora una volta, ancor peggio, forse, crede di saperlo e se ne riempie la bocca, ma, come si suol dire: non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. Ed è proprio così che mi sento, come circondato da sordi ed impotente dinanzi alla loro ignoranza. Una volta mi ero illuso di poter creare un ponte tra me e loro, ma più vado avanti e più mi pare incolmabile. Mi ero convinto che impegnarmi a discutere in termini così difficoltosi mi avrebbe aiutato ad esser più tollerante, a migliorare le mie qualità dialettiche e via dicendo: ero un idiota. Non sono solo i “fenomeni da tastiera”, gli “analfabeti funzionali che credono alle scie chimiche, ma anche e soprattutto i loro detrattori: non vi è una parte realmente migliore, ma un insieme di sette accomunate dal medesimo folle modalità di condotta che non conosce alcun senso di civiltà. Fidatevi di me, i quindici minuti di popolarità wharoliani non ci fanno bene: come per i miliardi, bisogna saperli gestire e non siamo poi così immuni dall’ebbrezza del potere che ci piace criticare a quel politico o all’altr,o come se fossimo migliori.

Le cose stanno così, forse cambieranno forse peggioreranno, ma non voglio più dover piangere, arrabbiarmi, angosciarmi come stasera per persone che non ti ascoltano, ma ti attaccano, che ti additano per quel che fanno loro, che impediscono qualunque argomentazione e non accettano dubbi e critiche se non le loro. Forse sono più ingenuo di quel che penso, forse, anzi, sicuramente, tutto questo non è appannaggio di quel web che ne ha solo concentrato il meglio, ma se esco per strada, se prendo un autobus o se entro in un grande magazzino non vedo i pensieri della gente, a meno che non mi interpellino.

Per questo, per il mio bene, devo ignorare questo mondo virtuale, ma nel frattempo, se c’è qualcuno che capisce quel che dico, non mi lasci solo, si faccia avanti, perché se non è la gente come me ad occuparsi delle nostre realtà non faremo una bella fine.

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