mercoledì 13 giugno 2018

Hot Spot

Giorgia. Cosa vi fa venire in mente questo nome? L’ossuta cantante, immagino,se siete me o uno dei tanti Gino Solitomino del suolo italico, ma ad appassionati di fumetti e videogiochi, forse s’illuminerà il cranio con queste sette lettere : c o s p la y . Giorgia Cosplay, infatti, è il non molto geniale nome d’arte di una geniale figliola che ha fatto del travestimento a tema nerd una vera e propria professione. Il fenomeno cosplayer, individui a cui piace vestirsi come i propri beniamini, non solo del mondo delle nuvolette, ma ormai anche di narrativa, televisione, videogiochi, cinema ed altro, non è più un mistero ed in un paese di disoccupati come il nostro, essere capaci di farsi pagare per questo è veramente, stupendamente geniale.
Fino a un po’ di tempo fa non avevo idea di chi fosse tale Giorgia Cosplay ed ammetto che aver scoperto che si mantiene da vivere mascherandosi come quando mi portavano alle feste di carnevale delle elementari mi ha colpito molto, più del dovuto probabilmente ed innanzitutto, devo confessare, mi hanno colpito le sue tette. Sì, perché, guarda caso, molti dei suoi travestimenti che vidi la prima volta non erano poi così coperti. Nulla di male, ovviamente, ma converrete che far leva sugli impulsi reconditi ed incontrollati di gran parte del popolo dei fanboy, per lo più formato da adolescenti od ex, sessualmente repressi e frustrati, con scatti che, casualmente, mettono in primo piano le grazie di questa signorina non è il massimo. Non mi sorprende quindi che sia diventata così popolare da aver anche uno spazio sulla rivista Best Movie accanto a nomi altisonanti come Recchioni e Zero Calcare.


 Esser belli non è mica una colpa, tanto meno una vergogna, ma è possibile che si debba rincorrere sempre il solito canone estetico o sfruttare le solite pose di matrice pornografica affinché una donna abbia successo? Questo ho pensato quando mi è capitato di vedere l’ennesima sua foto con un albo di Rat-Man tra le bocce. Un’ immagine in cui pubblicizzava un Team-Up tra lei e il simpatico ratto in calzamaglia di Leo Ortolani. 

Non so quale sia stata l’origine segreta di questa collaborazione, ma ho avvertito una punta di delusione da un fumettista del suo calibro. Possiamo avere molte opinioni diverse riguardo la sua opera e può piacerci o meno,ma vi sono elementi di obiettiva qualità ed interesse che ne hanno decretato l’ormai conclamato successo. Sarà che negli ultimi tempi, impegnando la sua arte in favore della scienza (con albi quali Comics & Science o C’è spazio per tutti), contro la fake news più gettonate, mi ha un po’ abituato male, ma mi sono sentito proprio scottato.

                                

Non so se Ortolani abbia avuto potere decisionale su questa collaborazione, che certamente porterà ancora più introiti e “followers” ad entrambe le parti, ma talvolta mi piacerebbe che qualche personaggio noto si assumesse qualche rischio personale per lanciare un messaggio forte e chiaro, per provare a lasciare un mondo migliore ai nostri figli e nipoti, non diversamente da come fecero i nostri padri e nonni partigiani. Credo però, in tutta sincerità che il punto sia questo: non ci rendiamo conto della pericolosità potenziale che un esempio simile può disseminare nella collettività. 

A tutti piace vedere una bella ragazza ignuda, quindi verrò bollato facilmente come un esagerato bigotto. La differenza però, tra l’icona mercificatoria della donna figa accanto alle auto per poterle vendere meglio (già, vendere, ma quale tra le due?) ed una cosplayer che ti promuove una storia a fumetti ficcandosela tra due bocce sferiche, non mi sembra poi molta.


Il maschilismo insito in noi rimane sempre il nemico più arduo da abbattere, a quanto pare, a tal punto che anche uno come il creatore di Ratman scende in campo per la scienza avulso di una reale coscienza verso i piccoli grandi ostacoli ai diritti femminili. A casa mia si direbbe che poggio e buca fa pari: se da una parte contribuisce ad una sana informazione popolare dall’altra conferma l’idea di donna che più di ogni altra cosa andrebbe mutata.


Alla fine, poi c'è di peggio, figurarsi, ma non credo sia una giustificazione valida. L’ambiente del fumetto e compagnia bella è pur sempre una porzione di società e ognuno è sempre responsabile dei concetti che contribuisce a far passare. Convincersi del contrario è solo un’ autoindulgenza un po’ troppo comoda, utile solo ad accontentare la nostra pigrizia, unico ostacolo a quella crescita personale che dovrebbe essere priorità. Non si dovrebbe pensare solo al nostro ego, ma anche alla felicità altrui, a trovare una sintesi tra le due. C'è chi direbbe che un artista non dovrebbe mai vendersi maledicendo il corrotto sistema,chi invece sosterrebbe che è un lavoro come un altro e accettando qualsiasi commissione anche di dubbia eticità. Io credo nella terza via, nella frase che spesso pronunciano i miei amati membri della Lega della Giustizia: “c'è sempre un altro modo” o almeno dobbiamo tentare di trovarlo. L’arte è un mestiere, che va pagato come qualsiasi altro, ma non è un mestiere qualunque, è una bussola, una rosa dei venti, che può far dirigere l’umanità verso terra o acque profonde, come la politica, la religione o la suddetta scienza. Non credo perciò che pubblicizzare una storia a fumetti di un autore così seguito con il suo albo in mezzo alle puppe sia una cosa di così gran classe. D’altra parte, scemo io a credere che un autore che faceva autoironia sul suo desiderio di avere il seno dell’ Arcuri potesse comprendere cosa sia veramente il maschilismo o rendersi conto di esserne affetto, come il suo collega Federico Memola.


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