martedì 6 ottobre 2020

Oltre la barriera della super velocità

Nell'immaginario comune contemporaneo se c'è un paese che è diventato portabandiera della pena di morte è sicuramente l'Unione degli Stati Nordamericani. Un'immagine consolidata nel tempo, specie per noi al di qua dall'oceano, grazie a cinema, letteratura, storia e, non ultima, la propaganda politica. E se c'è un editore di fumetti statunitense che ha fama di andare molto poco controcorrente rispetto alla cultura dominante e alle varie volontà governative susseguitesi nel tempo, quella è la Dc Comics, casa di Superman e Batman. I suoi eroi, soprattutto tra gli anni cinquanta e sessanta, sono sempre stati grandi sostenitori della legalità, dei tutori dell'ordine e di ogni altro principio nato nel rispetto dello Stato e della Patria. Non a caso in un episodio della serie tv di Batman di quegli anni, conosciuta oggi come “camp” e famosa per il suo non ufficiale tono parodistico (anche se a vederla viene da chiedersi fino a che punto quella pantomima fosse così involontaria), ricorda che lui e il suo aiutante Robin “spalleggiano la legge”. Molte figure di spicco della casa editrice vengono ricordate, talvolta, come simboli di politiche e filosofie di destra, favorevoli al cosiddetto imperialismo americano e catalogate quindi quali esponenti Repubblicani degli Stati Uniti d'America. L'idea diffusa di questi eroi al fianco di una mentalità che trova in misure estreme un fondamento necessario al favorire un ordine pubblico sempre più immacolato, non può che lasciarci sorpresi nella scoperta di un Flash simbolicamente contrario alla succitata pena capitale.


In un albo speciale edito da RW Lion per le feste natalizie del 2014, viene pubblicata una storia dedicata al Velocista Scarlatto ripresa da Dc Special 11 del Febbraio 1978, che si apre proprio con l'esecuzione solenne e drammatica di uno dei maggiori nemici di Flash. Gorilla Grodd, un gigantesco gorilla umanoide e telepate, appartenente ad una intera civiltà nascosta di scimmie dotate di intelletto superiore, viene condannato a morte dai suoi stessi simili: su una sedia, legato per polsi e caviglie e con una fascia sulla testa che ricorda tanto la cuffietta della famigerata sedia elettrica. Una scena assai simile a quella con cui, ogni giorno, i cittadini americani convivono, debitamente traslata e adattata al mondo fantastico dell'eroe scarlatto, ma non per questo meno forte e realistica. Difficile è pensare che l' autore di questa avventura, Cary Bates spalleggiato da illustratori da manuale quali Irv Novick, Jose' JG Lopez, Kurt Schaffenberger, Alex Saviuk, Joe Giella e Murphy Anderson, non voglia dirci qualcosa in merito, mentre sfogliamo, pagina dopo pagina, l'ennesimo episodio di quella fantascienza incredibile e un pochino assurda che ha reso popolare il mondo di Flash. 


Il dubbio aumenta significativamente, quando, all'inizio della seconda metà del racconto, suddiviso in tre parti con protagonisti Flash diversi per ognuna di esse (il giovane aiutante del supereroe Kid Flash per i lettori adolescenti, il vecchio Flash degli anni'40 per omaggiare la vecchia guardia e il Flash odierno per gli appassionati contemporanei), Barry Allen, venendo a conoscenza della fine del suo rivale ammette di essere “scosso”, che in lui albergano “reazioni contrastanti” in merito alla fatale decisione di quella società di scimmie e che non dà un sicuro sostegno morale alla pratica, come il pensiero comune ci avrebbe indotto a pensare. Dilemmi che scopriamo essere appartenuti anche alla comunità di questi super primati in cui, come in quella degli uomini, vi erano individui favorevoli ed altri fortemente contrari al condannare il “malvagio” Grodd ( per onor di cronaca devo ricordare che questo personaggio è veramente uno dei più cattivi e potenti di tutto l'universo Dc). Tra i contrari c’è l'alleato di Flash Solovar, che ricorda ai suoi fratelli: “Non dobbiamo permettere alla paura di offuscare la ragione”. Una ragione sinonimo di cultura e buon senso che purtroppo in molte parti degli Stati Uniti fu ottenebrata e che del resto in alcuni casi lo è tutt'oggi.

Nonostante le buone parole, come sappiamo, la nemesi del nostro eroe viene messa a tacere, ma, se questo può consolare (ma può davvero farlo?), in nome di una democrazia ben raffigurata dal rispetto che porta il saggio Solovar ad un risultato di una votazione di cui, possiamo facilmente immaginare, non possa essere stato molto contento. Lo stesso Flash commenta questa decisione collettiva con un termine che difficilmente può lasciar spazio ad interpretazioni troppe favorevoli alla pena di morte: è stata, secondo lui, un po' troppo frettolosa. Infine viene insinuato che la condanna a morte del “cattivo” sia stata incentivata da Grodd stesso, la cui immagine di vittima ci appare improvvisamente sovrapporsi a quella di carnefice: la pena di morte non è altro che un’oscura idea partorita da una mente ancora più oscura e, quindi, implicitamente da scartare e condannare. Come evidenzia bene Barry parlando con Solovar, al momento della definitiva scomparsa di un individuo, non possiamo più sapere cosa avrebbe fatto in una determinata situazione, né il perché o il quando. Terminando il soggetto cancelliamo automaticamente ogni eventualità di comportamento, negativo, ma anche positivo ed è quest'ultimo dettaglio che pare proprio stare a cuore a Flash.

Ancora una volta il Velocista Scarlatto ci appare non solo come un campione della legalità (nella rappresentazione, ad esempio, della democratica votazione delle scimmie), caratteristica veramente tipica del personaggio di Barry Allen, ma soprattutto ci dà un piccolo spunto di riflessione, che se non può concretizzarsi con un messaggio completamente abolizionista, punta comunque il dito sull'annosa questione della pena di morte a soli due anni dal suo effettivo rispristino da parte della Corte Suprema Americana. Nel 1976, infatti, a seguito delle varie tensioni etniche e sociali che scuotevano il paese tra i bianchi benestanti, gli afroamericani e ogni genere d'immigrato, venne reintrodotta la pena capitale, cancellando così i passi in avanti compiuti a cominciare dalla fine della prima metà degli anni sessanta fino a quel momento, con un intero decennio nel quale la pena di morte era stata poco applicata, o del tutto sospesa.

Attualmente gli stati nordamericani che non applicano la pena di morte sono 19, più il distretto di Columbia e Porto Rico, contro i restanti 23, più otto che non eseguono condanne se non in casi eccezionali.

Pensando a questo contesto storico mi è difficile non etichettare l'albo come un piccolo e coraggioso atto di rivoluzione culturale, ma forse è tutto frutto di una cattiva interpretazione, della mia mentalità sognante che mi porta a vedere un 'isola che non c'è o, in questo caso, un eroe migliore di quel che non sia veramente.

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