Mi
vien da sorridere a leggere un Firestorm così preoccupato di
moderare il suo linguaggio di fronte a Superman nel numero 20 post
reboot della Justice League. Uno di quei sorrisi con cui tipicamente
si benedice l' ingeunità infantile, che in fondo , ma nemmeno poi
tanto, ci dona serenità come poche altre cose e sopratutto ci dà la
speranza che ci possa sempre essere un futuro migliore. E forse
questo Firestorm è davvero ingenuo, forse non dovrebbe curarsi così
tanto della cifra del suo linguaggio, ma ciò mi diverte molto,
perché dietro a quest' ansia da prestazione, alla paura di sfigurare
di fronte al supereroe e al super-gruppo più popolare e decantato del
suo mondo si nasconde una piccola grande verità: la grandezza di
Superman non è mai stata una questione di abilità, ma da sempre
anche di tempra morale. Una questione di classe, si potrebbe dire.
Superman, infatti, non combatte semplicemente il crimine fisicamente,
ma più di ogni altro eroe, s'impegna costantemente per essere un
esempio vivente di giustizia e di onestà. Così, a suo modo, può
contrastare i propri avversari anche su un altro fronte, ben piu
realistico e difficile di quello fisico, quello dell' educazione,
intervenendo alla radice stessa del problema. Trasformandosi in un
modello morale il suo agire è una vera e propria lezione di vita:
Superman non salva solo le persone materialmente, ma sopratutto
spiritualmente o filosoficamente dai pericoli dell'ignoranza,
pericolosi come e piu dai vari Luthor e Zod. Ogni sua parola, ogni
suo gesto, sono importanti tanto quanto la sua forza, la sua vista a
raggi X, la sua capacità di volare. E ancor più attenzione egli
pone in quel che dice e in come lo dice, in quel che fa e in come lo
fa. Ci ricorda, così, che la presenza di ogni persona riflette la
sua politica, lancia dei messaggi, che comportano una responsabilità
indelegabile; per cui è sempre bene non fare mai niente alla
leggera. Superman non tollera né i fuorilegge, ma nemmeno alcun tipo
di volgarità, maleducazione o mancanza di rispetto, in quanto
principi cardini della mentalità criminale. Il superuomo a stelle e
strisce non è un bigotto dalla visione ristretta, ma un guerriero
completo che, se da un lato prende a pugni rapinatori e maniaci
omicidi che non fanno tanti discorsi, dall'altro intraprende una
guerra di principio contro ogni genere di diseguaglianza. Per questo
le scelte apparentemente moraliste dell'Uomo d'Acciaio, nascondono
una motivazione ben più profonda, forte e condivisibile con una
ragion d'essere piuttosto fondata: una politica che fa del rispetto
la prima regola e che non può permettersi di esser leggera nei
confronti di azioni violente, siano esse fisiche o verbali.
Pensando a questo mi sono immaginato cosa avrebbe fatto un Superman accorso in aiuto della rivista francese Charlie Hebdo, presa d'assalto dai due terroristi islamici, considerando che il buon Clark è un giornalista prima di essere un eroe in costume e di libertà di stampa ne sa sicuramente qualcosa.
Pensando a questo mi sono immaginato cosa avrebbe fatto un Superman accorso in aiuto della rivista francese Charlie Hebdo, presa d'assalto dai due terroristi islamici, considerando che il buon Clark è un giornalista prima di essere un eroe in costume e di libertà di stampa ne sa sicuramente qualcosa.
Ed ho visto l'azzurro eroe americano portare via in volo quattro persone che ormai non ci sono più, quattro disegnatori, quattro fumettisti in particolare, lontano dal luogo della strage con sguardo severo come a dire:
"Ragazzi vi ho salvato perché non meritate di morire per così poco e salvare vite è la mia vocazione, ma per Rao, potevate avere un briciolo di cervello in più ed evitare un po' di offese gratuite, no?"
E sembrerà indelicato, pro- terroristi, da santa inquisizione, ma ora che tutti si infarciscono la bocca con il Je Suis Charlie, ben pochi si sono resi conto che i terroristi avevano già vinto prima di sparare, perché nella corsa alla solidarietà non ci si è fermati a capire cosa significasse esattamente essere Charlie. Se è per stare accanto ai famigliari delle vittime allora sì, sono Charlie anche io, ma uno dei primi titoli che ho visto condividere sui social network in sostegno alla rivista decretava eroi mondiali questi fumettisti ingiustamente assassinati, come eroi colpevoli di essersi battuti per la libertà di stampa e di espressione anche se sono sempre stati rinchiusi in uno studio, non hanno mai attraversato zone di guerra e l'unico conflitto che avevano visto era quello politico. Sinceramente non ci sono stato nemmeno per un minuto. Lungi da me giustificare un atto terroristico o sminuire il valore delle vittime di un'azione simile, ma non per questo dobbiamo (volutamente) dimenticarci degli errori di chi non c'è più solo perché vittima. Si parla spesso di come in Italia la giustizia abbia due pesi e due misure, a quanto pare è un qualcosa radicato nel DNA di ogni italico figlio. Pensate che si possano considerare eroi questi fumettisti la cui satira, non sempre per fortuna, si basava sulla volgarità più infantile e populista? Vi faceva ridere? Per carità, chi sono io per giudicare, ma il fatto che mi piaccia Bruno Vespa non dovrebbe farmi esser meno obbiettivo e ammettere con facilità che non è che sia proprio il migliore tra i giornalisti. Nella foga, comprensibile ed umana, di condannare i sedicenti terroristi islamici si è perso di vista più d'un punto cardine. Se l'eroismo di oggi sta in un' illustrazione con presente in calce la scritta "Corano merda", o una raffigurazione della santa trinità cristiana che si diverte in un trenino omosessuale che farebbe invidia al peggio del porno amatoriale e non, allora siamo tutti Charlie. Siamo Charlie quando si bestemmia; quando si lanciano epiteti razzisti al bambino della squadra avversaria a quella di nostro figlio (sì è successo davvero); siamo Charlie quando si palpano sederi come fossero nostre proprietà; siamo Charlie quando si punta sempre il dito contro altri e mai su noi stessi; siamo Charlie quando ci si crogiola nell'arroganza dell'aver ragione; siamo Charlie quando si maschera la mancanza di rispetto con la presunta libertà dell'arte.
Scusate, ma non mi sento Charlie.
Buona parte del mondo ha confuso ormai da tempo la libertà di parola e d'espressione, di fare arte "satanica" (nel senso di Satana colui che si è allontanato dalla luce, cioè dai comandamenti base della civiltà, che non si possono mettere in discussione) con l'idea di fare quel che ci pare e piace. Purtroppo, per quanto possa sembrare bello, giusto e rivoluzionario, questo non porterà altro che ad ulteriori conflitti. La libertà senza limiti non è libertà, ma prigionia del vizio. L'unica libertà possibile è quella che si auto limita, che traccia i propri confini baciando le frontiere delle libertà altrui, che crea compromessi per far convivere ogni filosofia (e ricordo che le religioni fanno anch'esse parte di questa materia) e non mette alla prova l'umana imperfezione dell'altro per puro divertimento.
Non dimentichiamoci di chi è rimasto vittima di azioni imperdonabili, ma non ne facciamo neanche eroi se non lo sono. Se vogliamo veramente costruire un mondo migliore dobbiamo avere sempre il coraggio di fare mea culpa prima che di mirare e far fuoco sull'altro. Gli unici colpevoli dell'attentato a Charlie Hebdo a Parigi sono quei terroristi che hanno usato la propria religione per giustificare atti immondi e inqualificabili, questo è ovvio, non sono qui a ribadire il contrario ( non l'ho fatto neanche per un rigo). Quando però, solo perché ci sentiamo colpiti da vicino, per la prima volta, nella nostra isola felice chiamata "fumetto", chiamata occidente o quello che preferite, si svende l'obbiettività e si fa passare per giustificabile qualcosa che non lo è, sebbene in misura minore all'omicidio, non stiamo rendendo un gran servizio alla nostra causa, a meno che, certo, non si pensi che nel futuro del mondo non ci debba esser rispetto per credo ben poco razionali e che la libertà d'espressione possa coincidere con la libertà d'offesa.
Superman non farà mai due pesi e due misure, non eviterà mai di salvare anche chi non se lo merita, come non giustificherà mai un azione che reputa sbagliata indipendentemente dalla sua natura.
Superman sa che il principio vale tanto quanto l'agire e che dietro alla più sconsiderata tra le azioni si deve sempre celare la forza del principio.
Per questo Superman difende tanto l'uno, tanto l'altro e non si creda di aver in mano una giustificazione per scelte che violano le libertà altrui: se iniziamo a pensarlo saremo già a metà strada col dito sull'innesco di una bomba, ma quando esploderà non saremo mai noi a deciderlo e l'esito potrebbe non piacerci.
Bell'articolo su entrambi gli aspetti che mostra: quello sulla vera satira, che graffia senza essere gratuitamente offensiva, e il discorso sull'essenza di Superman, che è perfetto, è quello che persino tanti scrittori di fumetti non hanno capito.
RispondiEliminaGrazie mille Daniele.
EliminaGrazie mille Daniele.
EliminaCaro Bolo, rispondo al tuo lunghissimo post che ho trovato rimbalzato su Facebook. Trovo le tue argomentazioni interessanti, ma completamente fuori luogo. Nel senso che tu ti metti a dirimere sulla qualità del lavoro degli ammazzati. Essendo quelli degli autori, possono senz'altro essere oggetti di critica, sia da vivi che da morti. Perchè no? Ma "io sono Charlie" per tutt'altri motivi e cioè perchè questi autori che magari detestavo SONO STATI AMMAZZATI PERCHE' NON HANNO VOLUTO SMETTERE DI DIRE QUEL CHE GLI ANDAVA DI DIRE. Non hanno smesso dopo minacce, insulti e neanche dopo il primo attentato. In questo frangente si parla di libertà di stampa, di libertà di satira. E' un principio che dovrebbe appartenerci nel profondo, e col ragionamento sul rispetto mi sembra c'entri davvero poco. Un giornale è una roba che si compra, non c'è nessuno che ti obbliga a frequentarlo. Nei cessi degli autogrill ci sono scritte che insultano qualsiasi cosa, e te le trovi senza possibilità di evitarle, perchè in quel momento ti scappa e devi farla (scusa la volgarità). No è come andare in edicola a comprare "Il vernacoliere", per dire. Trovo questo tuo "parlar d'altro" per un così lungo post alquanto inquietante, per la verità. Saluti e cordialità. Alessandro
RispondiEliminaCaro Bolo, rispondo al tuo lunghissimo post che ho trovato rimbalzato su Facebook. Trovo le tue argomentazioni interessanti, ma completamente fuori luogo. Nel senso che tu ti metti a dirimere sulla qualità del lavoro degli ammazzati. Essendo quelli degli autori, possono senz'altro essere oggetti di critica, sia da vivi che da morti. Perchè no? Ma "io sono Charlie" per tutt'altri motivi e cioè perchè questi autori che magari detestavo SONO STATI AMMAZZATI PERCHE' NON HANNO VOLUTO SMETTERE DI DIRE QUEL CHE GLI ANDAVA DI DIRE. Non hanno smesso dopo minacce, insulti e neanche dopo il primo attentato. In questo frangente si parla di libertà di stampa, di libertà di satira. E' un principio che dovrebbe appartenerci nel profondo, e col ragionamento sul rispetto mi sembra c'entri davvero poco. Un giornale è una roba che si compra, non c'è nessuno che ti obbliga a frequentarlo. Nei cessi degli autogrill ci sono scritte che insultano qualsiasi cosa, e te le trovi senza possibilità di evitarle, perchè in quel momento ti scappa e devi farla (scusa la volgarità). No è come andare in edicola a comprare "Il vernacoliere", per dire. Trovo questo tuo "parlar d'altro" per un così lungo post alquanto inquietante, per la verità. Saluti e cordialità. Alessandro
RispondiEliminaOvviamente dissento, come è facile capire dal mio articolo, ma come mai hai pubblicato due volte il tuo parere?
EliminaOvviamente dissento, come è facile capire dal mio articolo, ma come mai hai pubblicato due volte il tuo parere?
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